Italia

Banche popolari: Biggeri (Banca Etica), riforma «non a favore dei cittadini»

«La riforma della governance della grandi banche popolari varata dal Governo sembra decisamente favorire un mercato libero, ma non per tutti, in cui le forme cooperative sono ulteriormente svantaggiate. Questa riforma limita la libertà di scelta dei risparmiatori e non è a favore dei cittadini, né delle imprese visto che, numeri alla mano, non sono certo le banche popolari che hanno causato l’attuale crisi finanziaria e neanche la stretta creditizia, anzi le banche cooperative e popolari hanno svolto in questi anni un’importante funzione anticiclica».

È quanto afferma oggi il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri, a proposito della riforma delle banche popolari. «Sorprende davvero che nel nostro Paese il Governo decida di intervenire – con urgenza e tramite un decreto legge – sul voto capitario delle banche cooperative». Anche se è «vero che alcune banche popolari quotate non hanno brillato negli anni per gestione cooperativa, solidaristica e mutualistica», «non c’è bisogno di abolire il voto capitario, ma di renderlo effettivo ed efficiente». Per Biggeri, «la presenza di istituti di credito mutualistici e cooperativi, anche di grandi dimensioni, rappresenta una ricchezza e una possibilità di scelta in più per il nostro sistema economico, per le imprese e i cittadini».

«Ognuno è libero di scegliere se diventare socio di una banca cooperativa o invece azionista di una spa. Fa parte della libertà di scelta del risparmiatore valutare se investire in una banca governata con il voto capitario, che privilegia i legami territoriali e l’essenza cooperativa; alcuni ritengono interessante investire in una banca cooperativa che, essendo difficilmente ‘scalabile’, offre più garanzia di altre rispetto al mantenimento delle modalità mutualistiche di fare impresa», sostiene Biggeri. Le banche mutualistiche e cooperative «hanno incontrato il favore del mercato e dei risparmiatori, perché hanno dimostrato di non essere peggiori delle banche costituite in società per azioni, ma semmai migliori». Perciò, «è incomprensibile la scelta di attaccarle o di obbligarle a trasformarsi in spa non appena grazie al loro successo raggiungono dimensioni rilevanti». Infine, conclude Biggeri, le ingenti somme di denaro raccolte dagli istituti finanziari oggetto del decreto del Governo sono «appetibili per i fondi di private equity esteri che potranno entrare facilmente nelle strutture delle prossime spa. Sarebbe interessante che il Governo spiegasse come intende mettere al riparo le banche popolari oggetto del provvedimento dalla possibile speculazione di fondi di private equity».