Italia

Banche popolari: su «Avvenire» appello al Governo di 14 associazioni cattoliche

Firmano l’appello Matteo Truffelli (Azione Cattolica), Giorgio Vittadini (Fondazione Sussidiarietà), Gianni Bottalico (Acli), Gianfranco Cattai (Focsiv), Antonio Salvio (Cvx), Carlo Costalli (Mcl), don Adriano Vincenzi (Fondazione Toniolo), Sonia Mondin (Masci), Salvatore Martinez (Rns), Rita Pilotti e Marco Fornasiero (Fuci), Gennaro Iorio (Focolari), Maria Pia Campanile Savatteri (Cif), Vincenzo Conso (Icra), Giovanni Paolo Ramonda (Comunità Papa Giovanni XXIII). «Il nostro tesoro finanziario è la biodiversità – si legge nell’appello – che si alimenta di un fitto tessuto di fondazioni, banche cooperative e popolari e banche Spa, ognuna delle quali con una specifica vocazione e un vantaggio comparato nel servire meglio una parte del nostro mondo produttivo fatto di grandi, medie, piccole imprese e artigianato».

Nell’appello al Governo si afferma che a livello internazionale «le banche di credito cooperativo sono un intermediario chiave nel sistema bancario con 3.700 banche, 56 milioni di membri e 215 milioni di clienti in tutto il mondo. Le banche a voto capitario rappresentano il 60% degli sportelli in Francia, quasi il 50 in Germania e Canada, il 40 in Olanda e Austria (e circa il 39 in Italia). Secondo uno studio della Bundesbank nel 2008 vi erano oltre 1.200 istituti e 13.600 sportelli regolati da principi mutualistici e di interesse sociale, con un bilancio aggregato di 1.000 miliardi di euro, al servizio di 30 milioni di clienti. Desjardins – spiegano i firmatari – in Canada ha un attivo di 223 miliardi di dollari canadesi, 44.900 addetti e 5,6 milioni di soci. Il gruppo eroga un milione al giorno in borse di studio e donazioni. Bloomberg ha definito nel 2014 Desjardins la prima banca più solida dell’America del Nord e la seconda del mondo (Wcm, 2014)». «Per tali motivi – proseguono – il grave rischio che identifichiamo nell’approccio del governo è quello di muovere verso un modello dove la diversità delle specie viene sostituita dalla presenza di pochi grandissimi attori, che potrebbero avere quartieri generali e interessi lontani da quello del finanziamento delle piccole, medie e grandi imprese del nostro Paese».

Le associazioni propongono alcuni interventi specifici: separare anche in Italia le banche commerciali da quelle d’affari, come si è fatto in Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa; lavorare a un testo unico bancario europeo che riconosca la presenza sia di banche a voto capitario sia di Spa; eliminare la soglia dimensionale che obbliga le banche popolari a diventare Spa; sollecitare un’autoriforma del sistema delle banche cooperative eliminando le influenze della politica al loro interno; alle popolari di grandi dimensioni offrire la doppia opzione di diventare spa e rimanere a voto capitario; costruire una «bad bank» per superare il peso dei crediti deteriorati. «Siamo sicuri di voler buttare a mare tutta questa ricchezza?», chiedono i presidenti di associazioni e movimenti, notando che «il rischio del decreto Popolari è che è esso impedisca che in Italia possa evolvere e crescere qualcosa di così bello».