Italia

Banco farmaceutico, oltre mezzo milione di persone senza cure. Nel 2018 richiesto quasi 1 milione di medicine

Nel 2018, non si sono potuti permettere le cure mediche e i farmaci di cui avevano bisogno 539mila poveri. Si tratta mediamente del 10,7% dei poveri assoluti italiani. La richiesta di farmaci (993mila nel 2018) è aumentata del 22% nel quinquennio 2013-2018. Servono soprattutto medicine per il sistema nervoso (32%), l’apparato muscolo-scheletrico (16%), il tratto alimentare e metabolico (13,4%), l’apparato respiratorio (8,7%) e le patologie dermatologiche (6,3%). Anche quest’anno, inoltre, più 13 milioni di persone hanno limitato le spese per visite e accertamenti. È quanto emerge dal Rapporto 2018 «Donare per curare: Povertà sanitaria e donazione farmaci,» promosso dalla Fondazione Banco farmaceutico onlus e Bfresearch, realizzato dall’Osservatorio donazione farmaci (Odf – organo scientifico Banco farmaceutico) e presentato questa mattina a Roma, presso la sede dell’Aifa.

A causa di spese più urgenti (perché non rinviabili), le famiglie povere destinano alla salute solo il 2,54% della propria spesa totale, contro il 4,49% delle famiglie non povere. In particolare, possono spendere solo 117 euro l’anno (con un aggravio di 11 euro in più rispetto all’anno precedente), mentre il resto delle persone può spendere 703 euro l’anno per curarsi (+8 euro rispetto all’anno precedente). Secondo il Rapporto, per le famiglie indigenti la quota principale della spesa sanitaria è destinata ai medicinali: 12,30 euro mensili, pari al 54% del totale. Il resto delle famiglie destina ai farmaci solo il 40% della spesa sanitaria, perché investe maggiormente in prevenzione.

Le persone indigenti spendono per i servizi odontoiatrici una media di 2,35 euro mensili, contro 24,83 euro del resto della popolazione. Dall’indagine emerge che la cattiva condizione del cavo orale è diventata «un indicatore dello stato di povertà economica e culturale». Oggi, si legge nel Rapporto, 5,66 milioni di famiglie e 13,7 milioni di individui risparmiano sulle cure, configurandosi come un vero e proprio comportamento di massa. Nel triennio 2014-16 la percentuale di italiani, tra le famiglie non povere, che ha limitato il numero di visite e accertamenti è passato dal 24 al 20%. La quota, invece, è aumentata tra le famiglie povere, passando dal 43,4% al 44,6%. Eppure, secondo la ricerca, i dati ufficiali indicano una progressiva divaricazione tra la spesa pubblica (in riduzione) e quella privata (in aumento). In particolare, la quota di spesa per assistenza farmaceutica non sostenuta dal Servizio sanitario nazionale e a carico totale delle famiglie sfiora il record storico, passando al 40,6% rispetto al 37,3% dell’anno precedente.

«Dal più recente bilancio demografico diffuso dall’Istat, nel 2017 i morti, in Italia, sono stati 649mila, 34mila in più rispetto al 2016. Nel 2015, i morti sono stati 50mila in più rispetto al 2014. Nell’ultimo secolo, solo nel corso della seconda guerra mondiale (1941-1944) e nel 1929 si registrano picchi analoghi. Il richiamo al 1929 evoca un legame tra malessere economico e debolezza del sistema socio-sanitario che, pur con tutte le varianti e le riletture indotte dai tempi moderni, può aiutarci a capire l’altalena della mortalità su cui rischia di adagiarsi la popolazione italiana». A sostenerlo è Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’Università Milano Bicocca e membro del comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio donazione farmaci (Odf) che ha realizzato il Rapporto 2018.

«Per l’Agenzia italiana del farmaco, il cui obiettivo primario è la tutela della salute attraverso i medicinali, è fondamentale realizzare sinergie tra le Istituzioni, gli enti no profit e l’intera filiera del farmaco con l’obiettivo di eliminare quelle barriere socio-economiche, culturali e geografiche che possono ostacolare l’accesso alle terapie. Il bisogno terapeutico è uguale per tutti i cittadini e non può conoscere limitazioni». Lo afferma il direttore generale dell’Aifa, Luca Li Bassi, commentando il Rapporto 2018. Facendo gli onori di casa, il direttore generale spiega che «le analisi messe a disposizione da Banco farmaceutico attraverso l’Osservatorio sulla povertà sanitaria rappresentano un importante contributo di conoscenza sia per analizzare la situazione socio-economica del nostro Paese e le sue ricadute sulla salute pubblica, sia per individuare strategie di politica sanitaria che tengano conto della correlazione esistente tra povertà e stato di salute dei cittadini».

Per le aziende farmaceutiche, la donazione di medicinali non dovrebbe più essere un’eccezione, ma «parte del proprio modello di sviluppo imprenditoriale» destinato al bene di tutti. Non ha dubbi Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco farmaceutico onlus. «Sono davvero troppe le persone che non hanno un reddito sufficiente a permettersi il minimo indispensabile per sopravvivere – afferma -. I dati pubblicati quest’anno nel Rapporto dimostrano che il fenomeno si è sostanzialmente consolidato nel tempo e che, prevedibilmente, non è destinato a diminuire sensibilmente nei prossimi anni». Daniotti si dice peraltro convinto «che il nostro Paese è caratterizzato da una cultura del dono che si esprime in maniera particolarmente visibile durante la Giornata di raccolta del farmaco, quando centinaia di migliaia di cittadini donano un medicinale per chi è più sfortunato». Per questo, conclude, la strada per cambiare le cose è che «quella cultura si diffonda sempre più anche tra le istituzioni e le aziende farmaceutiche e che quest’ultime inizino a contemplare la donazione non più come un’eccezione, ma come parte del proprio modello di sviluppo imprenditoriale destinato al bene di tutta la comunità».