Italia

Berlusconi, un «contratto» con i ragazzi

di Andrea Bernardini

Alla fine della campagna elettorale un contratto Silvio Berlusconi l’ha firmato. Non in pompa magna, come avvenne nel 2001 quando si fece immortalare seduto alla scrivania negli studi di Porta a Porta, ma in forma assolutamente riservata. E non con tutti gli italiani, ma solo con i ragazzi. Sette punti, nei quali il Cavaliere si impegna a promuovere e sostenere leggi a favore della famiglia e dei più giovani.

Se ne è fatto portavoce Cino Tortorella, ambiasciatore dell’Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn) per la difesa dei diritti dei bambini.

«In questa campagna elettorale – spiega a Toscana Oggi Mario Sberna, 48 anni, tre figli naturali, uno adottato ed uno in affidamento, con la moglie presidente nazionale dell’Anfn (5.500 famiglie associate, per un totale di quasi 40mila persone) – di tutto si è sentito parlare, tranne che di bambini. Tutti i sondaggi dimostrano che per la grande maggioranza dei grandi, per distrazione, per ignoranza, per stanchezza, i problemi che riguardano i bambini (come la scuola, l’educazione, la salute, il tempo libero e la televisione) non sono una priorità. Perciò abbiamo riunito alcuni dei nostri figli: ne è scaturito il Contratto che il premier (e prima di lui il leader centrista Pierferdinando Casini, ndr) ha firmato».

Cosa si chiede al neopremier con quel contratto?

«Si chiede che, nel Paese con il più basso indice di natalità al mondo, ci si impegni a promuovere leggi per aiutare i genitori meno abbienti a mettere al mondo figli; di potenziare l’offerta e la qualità dell’insegnamento; di far inserire nei piani urbanistici – in particolare nelle periferie – spazi adeguati per l’incontro dei bambini nel tempo libero. Inoltre, nel Paese al primo posto in Europa per obesità infantile, dovuta alla poca attività fisica e alla scorretta alimentazione, si chiede che siano reintrodotte nelle scuole primarie e secondarie visite mediche obbligatorie e periodiche per permettere ai genitori di affrontare per tempo questo problema con il giusto aiuto scientifico. Infine, chiediamo una tv più a misura di ragazzi: nel nostro Paese le leggi che tutelano i bambini ci sono, ma – nonostante gli avvertimenti che da anni arrivano da psicologi ed educatori sui pericoli che possono venire da certe trasmissioni televisive – non vengono rispettate. Questo tema, tra l’altro, coinvolge Berlusconi direttamente».

L’Associazione nazionale famiglie numerose, ma diremmo un po’ tutte le associazioni familiari, tornano alla carica con la proposta del quoziente familiare. Di che si tratta?

«Ne parliamo anche nel Contratto coi ragazzi italiani. Si tratta di introdurre un sistema fiscale che, a parità di reddito percepito, tenga conto del numero dei componenti il nucleo familiare. Il sistema del quoziente familiare è in vita nella laica Francia sin dal 1945 e funziona bene. Anche in Germania c’è qualcosa di simile (lo splitting limitato ai coniugi): si abbatte il reddito su cui si pagano le tasse in funzione del numero dei componenti della famiglia. Ad esempio, si sommano i redditi dei due coniugi e poi si dividono per dei coefficienti: per cui in una coppia (sia che la moglie lavori sia che non lavori) l’imponibile viene diviso per 1,65 cui si aggiunge 0,50 per ogni figlio a carico; e a ciascuna quota si applica lo scaglione relativo determinando l’imposta di ciascun componente. Nel sistema attuale italiano, invece, ciascun coniuge paga per proprio conto: è evidente che nel caso ci sia un solo reddito il fisco morde di più, si pagano infatti meno tasse su due redditi da 50mila euro che su uno solo da 100mila».

Al quoziente familiare, però, si fanno delle obiezioni: i singles sarebbero penalizzati, e non sarebbe incoraggiato il lavoro delle donne…

«La prima obiezione è vera, la seconda falsa: sia in Germania che in Francia, il tasso di attività femminile è molto più alto che in Italia, dunque il quoziente familiare non c’entra nulla con l’occupazione femminile. Ma l’Anfn ha anche una terza proposta da fare…».

Sentiamo…

«Prendiamo la soglia di povertà relativa stabilita dall’Istat ogni anno (oggi pari a circa 5.500 euro/persona) sulla quale non si paghino imposte: un single non pagherà, sul suo reddito, imposte per i primi 5.500 euro, una famiglia di sei componenti non le pagherà per i primi 33mila. Questa è giustizia sociale».

1200 euro all’anno di detrazione per le famiglie: un benefit stabilito lo scorso anno e che ha interessato fino ad oggi i genitori con quattro o più figli; per il futuro potranno usufruirne anche coppie con un numero inferiore di figli?

«Ce lo auguriamo».

La caduta del governo Prodi ha stoppato, nel rush finale, l’avvio di una «carta famiglia nazionale», grazie alla quale i nuclei extralarge avrebbero potuto godere di particolari agevolazioni tariffarie. Contate che anche con il nuovo governo la carta possa riprendere il suo iter?

«Tra le nostre proposte, quella della Carta Famiglia nazionale è l’intervento meno oneroso per lo stato e più congeniale alle famiglie. C’eravamo ormai riusciti, contiamo di convincere facilmente anche il nuovo esecutivo, che sulla famiglia ha giocato buona parte delle sue carte elettorali».