Italia

Bracciante sudanese morto: Caritas, aumentare controlli su lavoro nero

«È l’ennesima tragedia dello sfruttamento, la nostra preoccupazione è molto alta. Non è giustificabile mandare le persone a lavorare con temperature così alte. Tutti coloro che hanno competenze sui controlli nel contrasto al lavoro nero dovrebbero attrezzarsi al meglio in questa stagione». È la forte richiesta che arriva da Caritas italiana, tramite il responsabile dell’ufficio immigrazione Oliviero Forti, che commenta al Sir la morte, ieri pomeriggio, di Mohamed, il 47enne sudanese stroncato da un malore mentre lavorava come bracciante irregolare con 42 gradi di temperatura in un campo di pomodori fra Nardò e Avetrana. Già tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati della Procura di Lecce. Mohamed era un rifugiato con protezione internazionale e il permesso per stare in Italia fino al 2019, una moglie e una figlia in Sicilia. Caritas italiana ha attivato in quella zona, con operatori della Caritas diocesana, il progetto «Presidio» a fianco dei lavoratori stagionali ed è stata subito informata del decesso. «Mohamed era arrivato a Nardò solo domenica – riferisce Forti -. È morto intorno alle 16.30 e pare che anche i soccorsi siano arrivati in ritardo».

«Con temperature così alte diventa tutto molto più difficile e pericoloso – commenta Forti -. Sembra che i datori di lavoro non abbiano tanti scrupoli. Noi abbiamo tentato per tanto tempo di prendere anche le loro parti perché è un sistema economico in cui tutti vengono sfruttati. Ma non è giustificabile mandare le persone a lavorare con un clima di questo tipo». Normalmente nell’agricoltura sono previste pause nelle ore più calde, «ma in queste zone – spiega Forti – per ottimizzare tempi e costi si lavora a ritmi forsennati tutto il giorno e in condizioni pesanti».

Caritas italiana chiede che «quando la stagione della raccolta è nel pieno del suo sviluppo aumentino anche i controlli nei campi. Invece, in una realtà così importante come Nardò, non vediamo sufficienti controlli su persone che hanno i documenti in regola ma nessun contratto e nessuna tutela». Il progetto «Presidio», presente in dieci diocesi italiane e finanziato dall’otto per mille con un milione di euro, ha intercettato finora 2000 lavoratori ma si stima che siano almeno 10mila gli immigrati occupati nell’agricoltura in questa stagione. «Bisogna fare in modo che vengano rispettare le norme sulla sicurezza sul lavoro – conclude -, totalmente assente quando non ci sono i contratti. Qui siamo nell’illegalità pura».