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Braccianti morti in Puglia: Caritas, «quanto vale la vita di un uomo, di un lavoratore, di un migrante?»

«Continua la strage di morti lungo le strade della nostra Regione. Morti dopo una giornata di lavoro sotto il sole cocente di questa estate. Morti per poter sopravvivere alla povertà, alle ingiustizie, allo sfruttamento dei propri Paesi di origine. Morti per poter sostenere chi è rimasto a casa e attende le rimesse dei migranti per continuare a vivere e a sperare in mondo di giustizia e di pace. Morti perché qualche volta la stanchezza, la strada da percorrere, i mezzi utilizzati non sempre garantiscono il rientro a casa. Morti, non sia così, perché si gioca sulla pelle degli uomini non riconoscendone la dignità e guardando solo al profitto, al proprio tornaconto personale».

Così la Caritas della Puglia commenta la tragedia che ieri ha colpito dodici migranti, uccisi in un incidente stradale nel foggiano. «Quanto vale la vita di uomo? Quanto vale la vita di un lavoratore? quanto vale la vita di un migrante?», chiede la Caritas pugliese in una nota nella quale «esorta a non spostare l’attenzione dalle vittime e dalle condizioni lavorative di migranti e cittadini italiani».

 «In questi giorni emerge ancora di più il disagio in cui vivono queste persone, che non è solo disagio di permanenza e vivibilità di queste persone ma più strutturale». Mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano in provincia di Foggia, commenta al Sir la tragedia avvenuta nel  foggiano. È il secondo incidente mortale che vede coinvolti braccianti agricoli extracomunitari in soli due giorni e sempre sulle strade del Gargano. «Guardiamo i cosiddetti ‘ghetti’ che esistono nella nostra diocesi – continua mons. Renna – da quello di Rignano a quello di ‘Tre Titoli’. Qui vivono certamente in condizioni precarie, ma non bisogna dimenticare anche tutto il contesto come ad esempio la viabilità».

Mons. Renna pone l’attenzione anche sulle condizioni di trasporto e sicurezza dei migranti che sono costretti spesso a muoversi su furgoncini sgangherati «non sempre sicuri, che spesso devono aggiustare con le loro mani, schiacciati come sardine e ancor di più su strade accidentate anch’esse poco sicure che devono affrontare con la stanchezza di una giornata sottopagata». Non basta allora solo versare lacrime ma «è necessario cambiare tutto da un punto di vista strutturale. È evidente che viviamo in un tempo nel quale serve più attenzione e cura verso le situazioni di disagio. Certamente si sta facendo tanto. Le Caritas e le associazioni fanno davvero un lavoro immenso, ma c’è un vuoto della politica che dirige le proprie attenzioni verso altri problemi. Allora quanto accaduto sabato e oggi interroga la coscienza dei credenti ma anche la coscienza civica del popolo affinché ci sia un cambiamento vero e completo».