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CASO ENGLARO: MPV: LA PAROLA AL PARLAMENTO;  MONS. COZZOLI: UNA SENTENZA DI MORTE MORALMENTE INACCETTABILE

“Nascondersi dietro schemi formali non serve a mascherare la realtà”. Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, commenta così la sentenza della Cassazione che ha dichiarato inammissibile per “difetto di legittimazione” il ricorso della Procura di Milano sulla vicenda di Eluana Englaro, autorizzando così la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della giovane donna in stato vegetativo persistente da quasi 17 anni. “E’ una sentenza che ha come presupposto ed effetto quello di discriminare tra vite umane più o meno degne di vivere”, prosegue Casini, secondo il quale “questa decisione mette in pericolo le altre migliaia di Eluane accudite amorosamente dai congiunti, le migliaia di vite di persone gravemente handicappate che dipendono dalla capacità di accoglienza da parte dell’intera società. In definitiva mette in pericolo tutti noi quanto diventiamo marginali ed inutili”. Per il Movimento della Vita, “al fondo della decisione dei giudici vi è una cattiva interpretazione del diritto alla salute il cui contrario è la morte”. “llo stato attuale, per Casini, “è ancora possibile un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che però non ha effetto sospensivo”. Di qui la necessità di “impegnarsi subito con grave vigore per l’approvazione di una legge la quale, restituendo verità all’articolo 32 della Costituzione, impedisca che si verifichino ancora altri drammatici abbandoni di persone in stato di grave disabilità come Eluana”.“Una sentenza di morte moralmente inaccettabile”: così mons. Mauro Cozzoli, docente di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, commenta al SIR il responso definitivo delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione.  “Eluana è viva – afferma il teologo – e ne viene decretata la morte per legge. Con questa sentenza Eluana è condannata ad eutanasia passiva per sospensione non di trattamenti terapeutici, ma di cibo e acqua”. Per mons. Cozzoli “oggi è un giorno triste per la giurisprudenza del nostro Paese; dei giudici hanno introdotto per legge l’eutanasia. Si è introdotto nella legislazione italiana il principio che una vita non vale in sé e per sé, per il suo esserci punto e basta, ma vale per il suo modo di essere”. “Ci si è posti – conclude – su un piano inclinato che incoraggerà altre scelte di morte, il che è assai preoccupante”. “E’ un caso in cui la lettera uccide lo spirito”. Così Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, commenta al SIR il responso della Corte di Cassazione sul caso Englaro. “Un’interpretazione formalistica del diritto – spiega il giurista – porta ad uccidere, a negare un principio fondamentale del nostro ordinamento, e cioè la centralità della persona umana ed il diritto alla vita in ogni stato, in ogni condizione. Quando formalisticamente ci si attiene a certe norme procedurali, si arriva all’assurdo di legittimare la morte, che è un principio ripudiato dalla nostra Costituzione”. In sintesi, quella della Corte di Cassazione è stata per Dalla Torre “un’applicazione pedissequa e formalistica del diritto, che va contro i principio fondanti della nostra Costituzione”. Della nostra carta costituzionale è stato inoltre “stravolto” un altro principio: quello sancito dall’art. 30 della Costituzione, in cui si stabilisce che “in caso di incapacità” è lo Stato che deve sostituirsi ai genitori: “C’è una responsabilità dello Stato – commenta Dalla Torre – di intervenire a tutela dei genitori, e a questo potere lo Stato non ha ottemperato”.Sir