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CHIESA E ICI: MONS. BETORI, «SEMPLIFICAZIONI DI UNA POVERTÀ ABNORME»

“Semplificazioni di una povertà abnorme”: con queste parole mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha commentato recenti interventi in sede europea tesi a presentare una Chiesa italiana che evade la tassa Ici. Sulla questione lo stesso segretario della Cei si era pronunciato più volte in precedenza, dimostrando la trasparenza dell’operato della Chiesa cattolica. La dichiarazione è stata rilasciata questa mattina ad alcuni giornalisti dopo la conferenza stampa per la presentazione dell’Agorà dei Giovani tenutasi nella sala Marconi di Radiovaticana.

“E’ un ulteriore tentativo di mettere in evidenza presunti motivi di stacco della gente nei confronti della Chiesa accentuando potenziali motivi di conflitto – ha detto il Segretario della Cei –. Sulla storia dell’Ici vengono dette una serie di falsità e mi meraviglio di come possano trovare spazio sui giornali dopo tutte le delucidazioni date”. “Il problema non riguarda la Chiesa cattolica – ha ribadito mons. Betori – ma gli enti non profit e non la Chiesa cattolica ma tutte le Chiese e tutte le confessioni religiose in quanto assimilate agli enti non profit. E’ falso dire che è un problema della Chiesa cattolica nei confronti dell’Ici. E’ un problema degli enti non profit nei confronti dell’Ici”. Per mons. Betori “sarebbe sbagliato gravare con tasse come l’Ici, gli enti non profit che svolgono attività sociali a favore della comunità”. La Chiesa, ha spiegato, “paga l’Ici per tutti i locali che vengono usati a fini commerciali, mentre è esente quando svolge attività non profit anche se vengono svolte con modalità che entro una certa sfera coinvolgono aspetti fiscali”. E’ il caso della mensa della Caritas che, ha detto Betori, “offre pasti gratuiti ai poveri e per farlo ha una convenzione con un Comune che la sostiene. Il contributo che riceve dal Comune non rende ‘profit’ l’attività della mensa. Il Comune non può far pagare la tassa Ici per il locale così come la mensa Caritas non può essere accusata di concorrenza sleale al ristorante”. “Il problema sta qui: non voler capire che ci sono delle modalità che assumono rilevanza fiscale per attività che non procurano reddito e non costituiscono un motivo per il Comune di tassare con l’Ici un’attività che esso stesso promuove”. Mons. Betori si è detto anche favorevole ad una “vigilanza” da parte dei Comuni “per verificare se ci sono attività che non abbiano queste caratteristiche. Le attività che non sono non profit è dovere – ha sottolineato – del Comune tassarle. Sarebbe, infatti, grave che per queste imprecisioni dovesse pagare chi, invece, ha attività non profit socialmente rilevanti come la Caritas. So di comuni che fanno pagare l’Ici a comunità di recupero di tossicodipendenti. Una cosa abnorme. Accade anche l’inverso che attività di carattere alberghiero non viene fatta passare per tale mentre andrebbe contestualmente specificata e colpita. Questa attività – ha concluso – si sta già facendo di concerto con il ministero dell’Economia che ha attivato un tavolo di confronto proficuo con tutti gli enti interessati. Sono cose complesse che stanno ricevendo delle semplificazioni falsificanti. Le interpretazioni apparse sui giornali sono di una povertà ed incapacità veramente abissali, abnormi”.

Sir

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