Italia

Caritas, mons. Pasini insegna in un volume la «grammatica della carità»

L’evento, organizzato da Caritas italiana in occasione degli 80 anni di mons. Pasini, è «un ringraziamento da parte nostra e di tutte le Caritas diocesane – ha detto mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana – per come e quanto si è profuso nell’attuare il mandato consegnato all’organismo Caritas dai vescovi italiani». Lo stesso mons. Pasini – che ha lavorato in Caritas un totale di 24 anni – ha ricordato che il lavoro di quegli anni mirava a «far nascere la Caritas in tutte le diocesi e parrocchie italiane, per promuovere la giustizia e aiutare i poveri a diventare autosufficienti».

Per mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il libro serve per «ricordare, ripensare, programmare il futuro», a 40 anni dalla fondazione della Caritas. Sul ruolo delle Caritas Michel Roy, segretario generale di Caritas internationalis, ha ricordato che essa non deve «affrontare solo le emergenze ma anche interpellare chi ha la possibilità di cambiare le cose. Dobbiamo far fronte alla crisi con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, materiali e spirituali». «La Caritas è un organismo pastorale della Chiesa ed ha una funzione pedagogica – ha concluso mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum -, non un ufficio autonomo. L’esperienza italiana è utile anche oltre confine».

A margine dell’incontro, mons. Pasini, presidente della Fondazione E.Zancan,  ha chiesto alle forze «un fisco più equo; la revisione delle aliquote Imu, che sono state fissate sotto la pressione di una grande emergenza; servizi assistenziali anziché sussidi». Oggi, ha precisato al Sir, «il 10% delle famiglie italiane detiene il 50% delle ricchezze. Mentre il 50% della popolazione ha solo il 10% delle ricchezze». «Se vogliamo costruire una società solidale – ha detto – dobbiamo dare un’attenzione privilegiata ai poveri, altrimenti sarà sempre disuguale, con pochi ricchi e una massa enorme di poveri. Giustizia vuol dire fare parti uguali tra uguali. Questo vuol dire riprendere in mano la legge fiscale, rivedere le modalità con cui si assistono le persone, ossia non spendere i soldi per i trasferimenti monetari ma per creare buoni servizi».