Italia

Cattolici, verso una «Federazione di centro» attorno a Mario Monti

Come se la passa l’arcipelago cattolico nel mare agitato della politica italiana? Come se la cava in quell’oceano dove non si scorge mai un approdo sicuro, dove a sinistra si promette bonaccia e si attende di tirar su le reti piene di voti, a destra soffiano venti di burrasca e si teme l’affondamento da un momento all’altro, al centro è tutto un affollarsi di barche e barchette? A queste domande difficilissime cercheremo di rispondere, fuor di metafora, provando a distinguere accuratamente i fatti dalle opinioni. Così che almeno qualcosa risulti assolutamente realistico, in un quadro politico destinato di ora in ora a scossoni del tutto imprevedibili.

Innanzitutto una nota di metodo. La scomparsa del partito unico dei cattolici e l’avvento del bipolarismo hanno sancito, di fatto, la possibilità dei credenti di votare per qualunque formazione politica. Pertanto qui non discuteremo dei probabili flussi di voto, quanto di alcuni elementi distintivi dell’azione «politica» di associazioni, movimenti, organizzazioni di quel mondo articolato che va dal sociale all’ecclesiale. Quel mondo che in quest’ultimo anno, in particolare dalla caduta del Governo Berlusconi, ha ripreso protagonismo «politico». Complice, in particolare, il governo tecnico guidato da un cattolico di rito ambrosiano come Mario Monti.

Partiamo proprio da Monti. Non c’è organizzazione cattolica che critichi apertamente il suo operato e l’ispirazione di fondo. Su di lui c’è una convergenza di giudizi positivi che ne premiano alcuni tratti della personalità: serietà, sobrietà e rispetto per la verità. Elementi che lo hanno posto immediatamente in sintonia con il mondo cattolico, ma anche con quella parte (maggioritaria) del Paese che preferisce essere curata da un medico competente anche se severo. Un medico costretto a diagnosi impietose e a cure dolorosissime. Ebbene, dal vasto e articolato gruppo di Todi sino ad associazioni e movimenti ecclesiali, ma anche nelle stanze felpate del Vaticano come in quelle della Conferenza episcopale, il giudizio sull’operato di Mario Monti registra inclinazioni sostanzialmente positive. La sua ricetta di rigore ed equità, appare utile per tirare fuori il Paese dalle secche del debito pubblico e della decrescita ormai decennale. Questa apertura di credito ha trovato una plastica rappresentazione in due momenti recenti della vita pubblica italiana con i cattolici protagonisti: Todi2 e la convention «Verso la Terza Repubblica». A Todi sette grandi organizzazioni (Cisl, Mcl, Acli, Confartigianato, Coldiretti, Confcooperative e Compagnia delle Opere) hanno proposto al Paese di aggiungere all’Agenda Monti l’Agenda dei cattolici. Ovvero, un forte innesto valoriale (vita, famiglia, libertà di educazione), e la giusta miscela di economia sociale di mercato e Welfare sussidiario. Il tutto da sostenere nel Paese e nelle urne.

Poche settimane dopo, nella convention romana promossa da un laico come Luca Cordero di Montezemolo e da tre cattolici doc (il ministro Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio; il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni; il presidente delle Acli, Andrea Olivero) ha mosso i primi passi un nuovo soggetto politico, formato da laici e cattolici, a sostegno di Mario Monti e di un suo governo dopo le elezioni. Questo endorsement ha smosso il campo e ha ulteriormente infoltito il centro politico.Altro fatto certo è la scelta dell’unico partito italiano che nello statuto conserva le radici cristiane, ovvero l’Udc, di sostenere un Monti bis. Come è noto, l’Udc sino ad ora ha custodito in dote buona parte del voto dichiaratamente «cattolico», soprattutto dopo la cacciata dal centrodestra ad opera di Berlusconi e in omaggio ad An e alla Lega.

Ed ancora: nei prossimi giorni, realisticamente entro la prima decade di dicembre,  le altre forze di Todi che non hanno già fatto un endorsement elettorale potrebbero esprimersi. In questo raggruppamento non mancano le perplessità sulla coabitazione con Montezemolo, un liberal liberista portatore di valori molto diversi. Tutto questo potrebbe anche sostanziarsi, politicamente, nella nascita di un terzo soggetto di questo centro, con una più accentuata dimensione valoriale e un riferimento esplicito al Partito popolare europeo. Una compagine capace anche di forza attrattiva verso quei frammenti cattolici del centrodestra, soprattutto del Pdl, sempre più a disagio nella babele post berlusconiana.

Sempre nel campo delle ipotesi, non dunque dei fatti provati, si fa strada la possibilità che nasca una federazione di centro con tre protagonisti: «Verso la Terza Repubblica», l’Udc, quelli di Todi. Un centro in grado di competere alla maniera della vecchia Dc, con tante anime in grado di dialogare con mondi diversi. Un centro unito e solidale nella continuità del Montismo, che non è una categoria dello spirito, quanto un metodo di governo che dovrà sempre più garantire rigore, crescita ed equità, oltre che uno strumento per restare da protagonisti in Europa.

I voti dei cattolici che andranno a sinistra e a destra? Saranno molti e certamente, come nel caso delle primarie del centrosinistra, peseranno nella scelta del candidato premier. Potrebbero addirittura rivelarsi decisivi nella scelta fra Renzi e Bersani, a seconda che prevalgano i movimenti cattolici di base popolare o le vecchie appartenenze al circolo dei cattolici democratici. Anche nel centrodestra i voti cattolici continueranno a contare, non solo per la presenza di parlamentari dalla precisa identità cristiana, ma anche per il peso che avranno, nei programmi, le questioni cosiddette non negoziabili. In un caso e nell’altro, purtroppo, la storia recente dei due schieramenti ha sempre destinato ai cattolici un posto subalterno. E questo offre motivo di riflessione a tutti. Proprio per queste ragioni la federazione di centro, qualora dovesse nascere, potrebbe segnare il tramonto dell’irrilevanza politica dei cattolici. Tutto questo accadrà? Molto dipenderà dal coraggio e dalla generosità di tutti i leader del cattolicesimo italiano, oltre che dalla legge elettorale che si fa attendere. E soprattutto dalla disponibilità di Mario Monti a prestarsi alla costruzione del vero soggetto moderato di un bipolarismo mite.