Italia

Collegamento sociale, operazione preziosa

di Mauro Banchini

Quanto sia difficile l’operazione, ma anche quanto sia preziosa, lo ha dimostrato l’assemblea di sabato scorso, 15 settembre. Grande sintonia sulle questioni fondamentali (non solo la preghiera, e ci mancherebbe altro!) partendo da una bella riflessione dello storico Adriano Roccucci sulla memoria dei martiri cristiani del XX secolo e proseguendo con le avvolgenti puntualizzazioni del vescovo Gastone Simoni (nella foto) su quella che è la sua creatura: un collegamento etico-culturale fra cristiani di tutta Italia impegnati in politica, nelle istituzioni, nel sociale; un collegamento capace di riconoscere e valorizzare le diverse appartenenze puntando su una comune, e ben più elevata, Appartenenza.

Ma quando si tratta di fare un passo avanti imboccando il sentiero degli statuti e della concretezza, non mancano problemi: l’operazione rischia di partire in salita con il freno tirato mentre sarebbe benissimo possibile, almeno quel freno, abbassarlo per fare un po’ meno di inutile fatica.

È successo proprio questo, sabato scorso, e quel «freno» ha molto a che fare con la capacità di volare più alto rispetto al gusto di mettere qualche piccola «bandierina» su un’operazione che già avrebbe dalla sua parte una «bandiera» assai più nobile e certo meno sfilacciata di altre. A essere ottimisti, è comunque un tributo da pagare alla vita di un organismo democratico.

L’assemblea (circa 150 persone arrivate da tutta Italia) si è svolta nel salone fiorentino degli «Scolopi»; avrebbe dovuto approvare lo statuto dell’associazione «Collegamento Sociale Cristiano» ed eleggere organi statutari comunque provvisori. Ma si è subito incagliata sugli scogli dei cavilli.

L’unica decisione certa (non è comunque poco) sta nella volontà di proseguire il cammino e di affidarsi, in questa fase costituente, alla saggezza di mons. Simoni. Decisione comprensibile ma, come ha notato lo stesso Simoni, accettabile solo in via temporanea: visto che si lavora per un’associazione di laici, non è il massimo che il presidente sia, addirittura, un vescovo.

Ma lo scoglio su cui ci si è imbattuti riguarda l’articolazione operativa del Csc: qualcuno ne ha chiesto subito dimensioni regionali o, addirittura, subregionali mentre per altri questo è un passo prematuro essendo sufficiente, per garantire la rappresentatività di un’Italia comunque «lunga», un allargamento del Direttivo capace di comprendere esponenti dei diversi territori regionali che si sono presentati a Firenze.

Sono infatti intervenuti rappresentanti di molte regioni: dal Piemonte al Friuli, dall’Emilia alla Basilicata. Lingue diverse, esperienze varie, appartenenze partitiche plurali anche se, intuitivamente, quasi tutte provenienti dal grande ceppo di un nobile partito che non c’è più né potrà più tornare allo stesso modo, anche se non mancano tentativi di piccola imitazione.

Il cammino è dunque accidentato, ma non si parte da zero: grande il lavoro svolto, in questi anni, anche con la semina di «Supplemento d’Anima» la preziosa piccola rivista toscana e con il faticoso lavoro di mons. Gastone Simoni il cui libro («Liberi ma non dispersi») è giunto alla terza edizione. La bozza di statuto per l’associazione nazionale Csc (onlus dal punto di vista civilistico, associazione privata di fedeli dal punto di vista del diritto canonico) è pronta e ha solo bisogno di qualche integrazione anche sulla base del ricco confronto sviluppato sabato scorso.

Ma c’è soprattutto un aspetto a rendere fiduciosi sulle possibilità che la scommessa venga vinta: la comune adesione sul valore e sulla utilità di questo strumento fra cattolici italiani in una fase di enormi e rapide trasformazioni sul piano politico-istituzionale. È il bipolarismo all’italiana – come ha notato il direttore di Toscana Oggi Alberto Migone chiamato a coordinare i lavori più operativi – è questo strano bipolarismo che non convince e che, soprattutto, non può essere considerato alla stregua di un dogma. E sono sempre maggiori le fasce di popolo cattolico che non si ritrovano né da una parte né dall’altra in una fase, oltretutto, in cui la politica dimostra di essere molto malata e incapace di intercettare il forte disagio dei cittadini.

La risposta – questa la sintesi della giornata fiorentina – non può fornirla un radicale rifiuto della politica, ma va cercata proprio in una politica capace di ritrovare le vere e serie ragioni della sua azione. In tutto questo percorso, e in un contesto nel quale è comunque obbligatorio confrontarsi con altre culture politiche e altre impostazioni ideali, c’è o no uno spazio comune per cattolici consapevoli del valore della loro dottrina sociale?

Il Csc, nel solco di altre esperienze analoghe, tenta di dare una possibile e praticabile risposta a questa non facile domanda. Tenta di riempire uno spazio vuoto. Non vuole correre avventure improprie (certo sbaglia chi vuole vederci una qualche pre-struttura partitica) perché consapevole di quanto urgente e primaria sia l’emergenza sul fronte culturale.

Che sia terreno in discesa, nessuno lo pensava. Che quel terreno possa risultare pianeggiante lo sperano in molti. Che l’inizio sia tutto in salita è una certezza e, forse, pure una risorsa.

LE FRASI

«Davanti al crescente disinteresse verso la politica c’è l’obbligo di reagire, nella consapevolezza che la presenza dei cristiani è un aspetto irrinunciabile. Dobbiamo farlo non con alchimie politiche ma seminando idee, tornando ai fondamenti, cercando di rinnovare la politica». Così Alberto Migone secondo cui «il crescente disagio di tanti cattolici davanti al bipolarismo all’italiana» giustifica e motiva «occasioni di collegamento anche per battere il rischio dell’insignificanza in una fase nella quale a battaglia politica fondamentale si combatte sul piano delle idee». «Con il CSC non vogliamo fare lobby» e intendiamo «proporre senza imporre».«Attenti a non far diventare ideologico il riferimento al cristianesimo». Il monito è venuto da padre Annibale Divizia, responsabile degli Scolopi fiorentini e padrone di casa in un’assemblea che si svolgeva in via Cavour 94 a Firenze. «Il nostro – ha proseguito – è un messaggio di apertura indistinta. Abitiamo un mondo variegato e pieno di macerie e qui siamo chiamati a portare la speranza sapendo che sotto le macerie c’è il bulbo del fiore nuovo».«Fra i cristiani ci sono più liturgie, più teologie e certo anche più presenze politiche. Ma questo – ha detto il vescovo Gastone Simoni – non deve limitarci nella nostra identità e nella volontà di dialogo. Fondamentale, poi, deve essere lo spirito di comune fraternità. Possiamo anche dividerci sulle soluzioni pratiche, ma nessuno deve impadronirsi della nostra coscienza di cristiani». «Come CSC non vogliamo essere funzionali a nessuno. Siamo – ha aggiunto mons. Simoni – assolutamente pre-partitici. La pluralità è un valore per tutti, ma tutti devono anche poter avere la possibilità di trovare, in politica, una casa giusta. Non va bene ridurre la pluralità a dualità e non va bene il dogmatismo del bipolarismo».