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Concordia, il decennale del naufragio: gli abitanti del Giglio furono i primi ad aiutare

Per quasi due anni e mezzo, ossia tutto il tempo trascorso dalla sera del 13 gennaio 2012 al 22 luglio 2014 – quando partì alla volta di Genova per la demolizione – il relitto della Costa Concordia adagiato davanti al porto dell’Isola del Giglio è stato quasi un’attrazione turistica. È triste dirlo e ancor più scriverlo ma i primi «turisti del disastro» arrivarono addirittura pochi giorni dopo il naufragio avvenuto alle 21.45 di una sera che nessun gigliese scorderà mai. «Gli isolani, e i gigliesi in modo particolare, sono schivi, non amano esternare i propri sentimenti. Ma il dolore rivive in ciascuno di noi ogni volta che parliamo di quella notte», spiega a distanza di dieci anni il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli. Anche allora guidava la comunità. Gli occhi, gli sguardi pieni di paura, di quell’angoscia che assale chi non riesce a capire cosa sia successo, dove sia finito. Queste le prime immagini che gli abitanti dell’isola si trovarono davanti quando arrivarono al porto i primi naufraghi delle 4229 persone, passeggeri e membri dell’equipaggio, che erano a bordo della nave. Arrivavano a bordo di tante piccole barche dei pescatori dell’isola e dei primi mezzi di soccorso delle forze dell’ordine. «È un dolore che è rimasto dentro – dice ancora Ortelli -, che non si cancellerà mai». Il primo allarme gli arrivò da una telefonata che parlava genericamente di una nave in avaria davanti al porto. Erano già passate le 22.40. Circa un’ora prima una manovra «azzardata» del comandante Francesco Schettino aveva portato quel gigante a schiantarsi contro uno degli scogli che affiorano a Le Scole, poco lontano dal porto. Non una fatalità, come riconosciuto dal tribunale di Grosseto che ha condannato il capitano Schettino a 16 anni di reclusione. Ma un errore, causato dalla così detta manovra dell’«inchino» per salutare l’isola, che costò la vita a 32 persone, tra passeggeri ed equipaggio, 110 feriti, e danni psicologici in quasi tutti gli altri. L’isola che in inverno quasi sempre sembra «dormire», pronta a risvegliarsi in primavera e soprattutto in estate, quella sera di gennaio improvvisamente si animò. A Giglio porto arrivarono per aiutare una massa di sconosciuti, la maggioranza stranieri, tutti gli abitanti dell’isola. Molti tornarono subito a casa a prendere coperte e qualsiasi altra cosa potesse aiutare quelle persone. Tutti aprirono loro le porte come fece don Lorenzo Pasquotti, il parroco dell’isola, con quelle della chiesa dove entrarono quasi in 500. «Sono sempre stato convinto che la Protezione civile nasce dal basso e i miei concittadini quella sera lo dimostrarono», prosegue ancora Ortelli. Lui ricorda quella nave che lentamente si inclinava: sembrava destinata a sparire piano piano e invece per qualche fatalità si fermò piegata, si appoggio sul fondale a pochi metri da uno scalino al di là del quale il mare è profondo oltre 70 metri consentendo di non trasformare tutto in una tragedia ancora più grande nei numeri.Poi arrivarono i primi soccorsi ma solo dopo mezzanotte si capì a Roma e nelle capitanerie di porto più vicine che quell’«avaria» segnalata da Schettino, condannato anche per aver abbandonato la nave con migliaia di persone ancora a bordo, era qualcosa di più grave. Pochi giorni dopo i naufraghi partirono. Rimasero solo i familiari di quelle vittime che non subito vennero recuperate (Russel Rebello, di cui parliamo in queste pagine, venne trovato solo tre anni più tardi a Genova durante le operazioni di smantellamento). Il Giglio era un accampamento di operai e ditte specializzate che evitarono danni ambientali permanenti. E tanti, tantissimi giornalisti e troupe televisive da tutto il mondo. «I giornalisti sono stati importanti – conclude Ortelli -. Anche grazie a loro abbiamo ottenuto risultati, abbiamo spostato il relitto in due anni e mezzo, recuperato e restaurato il fondale». A distanza di 10 anni, la sera del 13 gennaio il Giglio, dove arriveranno molti dei naufraghi e tanti familiari delle vittime, ricorderà ancora una volta quella serata. Non sarà diverso dagli altri anni: ci saranno la messa, le corone di fiori, le sirene delle barche che suoneranno alle 21.45 e la benedizione della lapide con i nomi delle vittime. Ma ci saranno soprattutto gli abitanti del Giglio con le loro storie ben scolpite nella memoria.

Domenico Mugnaini