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Crocifisso a scuola, le ragioni di una presenza

di Alberto CampoleoniCon l’ordinanza n. 389 dello scorso 15 dicembre, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 159 e 190 del decreto legislativo n. 297/1994 (testo unico in materia di istruzione), sollevata, in riferimento al principio di laicità dello Stato (e comunque agli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione), dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto. Pertanto, dichiarando l’inammissibilità della questione sollevata in riferimento ai regolamenti che prescrivono l’obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule, i giudici della Consulta non sono entrati nel merito della vicenda – vale a dire se l’esposizione del simbolo della cristianità contrasti o meno con il principio di laicità dello Stato – ma hanno stabilito che la Corte non poteva essere investita del caso in quanto trattasi di regolamenti e non di leggi.

Peraltro, il superiore organo amministrativo, il consiglio di Stato, in passato si è già espresso riguardo alla questione dell’affissione del crocifisso nelle scuole giudicandola non illegittima. Infatti, con il parere n. 63 del 1988, il consiglio di Stato ha dichiarato tra l’altro che, anche riguardo alle disposizioni contenute nella Costituzione, non è previsto alcun divieto all’esposizione del crocifisso che rappresenta un simbolo facente parte “del patrimonio storico”. “Né pare – ha continuato – che la presenza dell’immagine del crocifisso nelle aule scolastiche possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa e, in definitiva, le norme concernenti l’esposizione del crocifisso nelle scuole devono essere ritenute ‘tuttora legittimamente operanti'”.

I SIMBOLI CRISTIANI E LA SCUOLA. C’è da augurarsi che il pronunciamento della Consulta sul crocifisso nelle aule scolastiche non apra una nuova stagione di litigi, che non fanno bene a nessuno. Piuttosto dovrebbe diventare l’occasione per una riflessione serena sulla questione dei simboli cristiani nella scuola. A questo proposito non possiamo toglierci da un contesto più generale che vede la questione dei simboli religiosi e delle appartenenze fortemente dibattuta. Prima di questa nuova puntata sul crocifisso (tema ricorrente), ad esempio, c’è stata in questi giorni la diatriba sul presepe a scuola. Cosa raccogliere? Anzitutto il fatto che non va cercata nella legge o in un regolamento l’unica motivazione per l’eventuale presenza di simboli religiosi – come il crocifisso – negli ambienti pubblici.

Ben altre ragioni possono sostenerla: il richiamo a tradizioni condivise, che hanno segnato la storia e la cultura del popolo italiano (non solo, naturalmente) più di altre, a valori che, pur provenendo da una specifica tradizione religiosa sono entrati a far parte del patrimonio complessivo del nostro popolo. Si tratta, insomma, di un richiamo non tanto alla religiosità, ma al suo radicamento nella nostra storia e alla sua capacità di “fecondarla”. E la laicità delle istituzioni non è messa in discussione da un crocifisso o da un presepe, di fronte ai quali nessuno chiede di inginocchiarsi o di dire una preghiera. Insomma, non è l’appartenenza religiosa ad essere interpellata.

RISORSA NON OSTACOLO ALL’INTEGRAZIONE. Nella scuola, in particolare, luogo di elaborazione culturale della storia e delle tradizioni di un popolo, la presenza dei simboli non deve dare fastidio. Piuttosto può essere considerata una risorsa in vista di quel compito che la scuola persegue di integrazione, promozione di conoscenze, maturazione delle persone. Un compito che non può fare a meno di considerare anche le diverse appartenenze religiose e culturali. Non facendo finta che non ci siano, ma favorendo la comprensione, il rispetto e il dialogo. La scuola è un versante esposto, direi la linea di frontiera della società di domani. Qui si devono e si possono affrontare i passaggi delicati di una società che va trasformandosi e le questioni, come quella delle “diversità”, che sempre più la animeranno. Il crocifisso, il presepe o quant’altro, dunque non marcano i confini di un recinto, ma indicano radici e significati, aprono alla comprensione di un intero mondo. E hanno ragioni per esserci perché in quel mondo siamo inseriti.

CONSERVARE IL SIGNIFICATO AUTENTICO. Attenzione, però, che crocifisso – e presepe – devono restare quello che sono. Considerarne la valenza culturale, accostarsi ad essi “laicamente”, al di là delle appartenenze di fede, non significa mistificare il significato autentico dei simboli. Il crocifisso è sempre l’icona di Gesù Cristo, il salvatore degli uomini e del mondo per i cristiani. E sono i cristiani che lo innalzano. Non è genericamente l’uomo sofferente, ma anche da questa icona viene nella storia, il rispetto e l’attenzione alla sofferenza dell’innocente. Così come il presepe ricorda la nascita del Salvatore dei cristiani, la buona notizia per tutti gli uomini. Non è una scena bucolica e genericamente armoniosa, di pace e di festa.

Ma da questa buona notizia viene il senso della pace e della festa. Solo la presentazione e la comprensione di quello che sono realmente i simboli religiosi permette di collocarli in una autentica prospettiva culturale e li fa diventare occasione di dialogo e confronto, anche con altri universi culturali (e/o religiosi). Questo è da auspicare nella scuola.

Il Natale negato