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Dat, il ddl approvato alla Camera

Parole chiave: parlamento (97), dat (18), eutanasia (131), fine vita (45)

Nell'ottobre 2008 il Senato ha avviato l'esame, concluso, in prima lettura, il 26 marzo 2010, di un disegno di legge – conosciuto come «Ddl Calabrò» dal nome del relatore, il senatore del Pdl Raffaele Calabrò – che unificava varie proposte di legge sul consenso medico informato e sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Il quadro normativo di riferimento è l'articolo 32 della Costituzione – «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana» – e la Convenzione di Oviedo «per la protezione dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina», approvata dal Consiglio d'Europa nel 1997 e ratificata in Italia dalla legge n. 145 del 28 marzo 2001.
Il provvedimento  è stato esaminato, in sede referente, dalla XII Commissione affari sociali della Camera che ne ha concluso l'esame, con il mandato al relatore – il deputato del Pdl Domenico Di Virgilio –, il 1° marzo scorso. L'Assemblea ha svolto la discussione generale sul provvedimento il 7 e il 9 marzo scorso, e il 27 aprile ha respinto le questioni pregiudiziali di costituzionalità. 
L'approvazione alla Camera
L'approvazione (con 278 «sì», 205 «no» e 7 astenuti) del disegno di legge da parte della Camera è avvenuta nella serata di martedì 12 luglio 2011. Il nuovo testo delle «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento» è composto adesso di 8 articoli. Eccoli in dettaglio.

Art.1. Tutela della vita umana e divieto dell'eutanasia. Il primo articolo «riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado d'intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge». L'articolo vieta esplicitamente «ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute nonché all'alleviamento della sofferenza».

Art.2. Consenso informato. Il secondo articolo dispone che «salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito e attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole».

Art.3. Le modalità delle Dat. La disposizione definisce i limiti e le modalità delle Dichiarazioni anticipate di trattamento, nelle quali il dichiarante «esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l'attivazione di trattamenti terapeutici purché in conformità a quanto prescritto dalla presente legge». Il paziente può dichiarare esplicitamente quali trattamenti ricevere, ma non escludere quelli a cui non desidera essere sottoposto. In ogni caso il testo ribadisce che alimentazione e idratazione «devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di Dichiarazione anticipata di trattamento». L'applicazione delle Dat si ha solo per chi è «nell'incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale e, pertanto, non può assumere decisioni che lo riguardano».

Art.4. Durata delle Dat. Le Dat hanno valore per 5 anni e sono rinnovabili.

Art.5. Assistenza agli stati vegetativi. Il quinto articolo prevede che entro 2 mesi dal varo della legge vengano istituite dal Ministero della salute «linee guida cui le Regioni si conformano» per «assicurare l'assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare per i soggetti in stato vegetativo».

Art.6. La figura del fiduciario. Questa disposizione delinea la figura del fiduciario nominato dal dichiarante, «l'unico soggetto legalmente autorizzato a interagire con il medico». Se un paziente non dovesse nominare un fiduciario (che può essere sostituito in qualsiasi momento e, se nominato, è l'unico legalmente autorizzato a interagire con il medico sulla Dat), i suoi compiti saranno adempiuti dai familiari nell'ordine previsto dal Codice Civile.

Art.7. Ruolo del medico. Il settimo articolo prevede che «gli orientamenti espressi dal soggetto nella sua Dichiarazione anticipata di trattamento sono presi in considerazione dal medico curante che, sentito il fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno». È stato invece soppresso il comma riguardante l'intervento del «collegio dei medici», inizialmente previsto per dirimere eventuali controversie tra medico e fiduciario.

Art.8. Registro nazionale. L'ultimo articolo istituisce il registro delle Dat «nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico. Il titolare del trattamento dei dati contenuti nell'archivio è il Ministero della salute».

Dat, il ddl approvato alla Camera
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Mario Pulimanti 24/05/2013 16:45
Eutanasia: non so
Eutanasia: non so.

Oggi, che il politicamente corretto regna in maniera assoluta, è politicamente corretto pronunciarsi a favore dell’eutanasia.
E così i sostenitori dell’eutanasia credono di difendere la dignità umana chiedendo ai medici di praticare l’eutanasia sui pazienti per i quali non esiste alcuna possibilità di guarigione.
La Chiesa Cattolica è contraria: Papa Benedetto XVI ha detto che " l'eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell'uomo", mentre Papa Francesco l’ha definita “un grave delitto contro la vita”.
Personalmente, credo si tratti di un problema bioetico di notevole complessità, poco adatto ai ferrei e irrinunciabili convincimenti e che dia adito, invece, sempre secondo la mia modesta opinione, a dubbi personali, ripensamenti e perplessità.
Da un lato, la nostra educazione moderna, laica e illuminista, sensibile in sommo grado ai diritti umani, ci porta a pensare che siamo legittimi proprietari della nostra vita, liberi di condurla come ci piace e perciò anche di interromperla quando l'esistenza ci appare troppo dolorosa o priva di significato. Come abbiamo il diritto di vivere riteniamo di avere anche il diritto di morire.
Dall'altro, la nostra anima cristiana, cattolica, romantica, che sopravvive persino in quest'epoca di sbadata secolarizzazione, magari in forma larvata e inconscia, ma vigorosa, ci avverte che la sfera del razionale non spiega tutto e che la vita umana possiede un valore incommensurabile e una sacralità, che nessun dolore e nessuna disabilità autorizzano a scalfire.
Conciliare e armonizzare questi due poli dialettici all'interno della nostra coscienza non è compito facile.
Spesso la sintesi e l'equilibrio raggiunti sono provvisori e soggetti a ripensamenti.
In ogni caso ritengo che sostenere il diritto inappellabile all'eutanasia come ad altre pratiche, non equivalga affatto ad affermare un principio di libertà e di civiltà ma risponda piuttosto a una visione della società che fa della fuga dalle responsabilità, individuali e collettive, una propria costante.
Ciò non significa però che anche quelle posizioni meritino rispetto e debbano avere pieno diritto di cittadinanza nell'ambito di un dibattito su un tema complesso e delicato come quello del fine vita.
Infatti il dolore e la morte sono temi con cui l'uomo contemporaneo non ama intrattenersi e preferisce rimuovere ed esorcizzare, stordendosi nell'attivismo e nel divertimento.
In altre parole, rifiutando sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia, sono diffidente verso un'eutanasia affidata alla discrezione di un comitato di medici e infermieri, ai calcoli economici degli amministratori, agli interessi egoistici dei familiari.
Certo, tutti abbiamo un diritto di morire bene, serenamente, evitando cioè sofferenze inutili.
Perciò abbiamo il diritto di essere curati e assistiti con tutti i mezzi ordinari disponibili (per esempio il ricambio metabolico, l’alimentazione e l’idratazione, la terapia del dolore, ecc.) senza ricorrere a cure pericolose o troppo onerose e con l’esclusione di ogni accanimento terapeutico.
Però c’è anche da considerare che il diritto di morire con dignità non coincide con il diritto all’eutanasia, la quale è invece un comportamento essenzialmente individualistico. Forse anche di ribellione.
Solo un ultimo particolare: ho letto che i rimedi al dolore ci sono, e la necessità di chiedere la morte per sfuggire a un dolore insostenibile esiste solo nei quesiti delle inchieste che vogliono far passare tutti come sostenitori dell’eutanasia.
Non a caso i più convinti sostenitori dell’eutanasia non hanno mai parlato di medicina palliativa e invece continuano a fare i loro sondaggi sull’eutanasia domandando se si preferisce morire piuttosto che soffrire dolori insopportabili.
E’ ovvio il risultato, chiunque preferirebbe morire.
Ma se i dolori sono trattabili, quasi tutti preferiscono vivere sino alla fine naturale: non è infatti vero che la vita ha senso solo se si è sani e autonomi, ma le esperienze di molti medici dimostrano che fino agli ultimi istanti l’uomo è un essere vivente.
Inoltre nella mia mente si insinua pure un dubbio inquietante. Nelle nostre società ci sono tanti anziani, tante pensioni da pagare, tante cure da prestare, e se l’eutanasia fosse una soluzione economica, una risposta tecnica a un problema pratico, celata dietro la nobile richiesta di una morte dignitosa?
Questo pensiero mi fa ribollire il sangue nelle vene, più della pressione alta.
Ok, ora basta: esco dall’ufficio e mi confondo in mezzo alla gente, sentendomi infreddolito e fragile, sotto un sole di maggio che splende sui tetti con lo stesso calore e la stessa indifferenza di sempre.
Un grazie con l’inchino e il cappello piumato e svolazzante a chiunque abbia letto queste mie parole.


Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

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