Italia

Decreto sicurezza: appello associazioni, «rivedere norme che rischiano allargare irregolarità»

Un appello ai parlamentari  «perché si adoperino, in queste ultime e brevi ore di dibattito parlamentare, a migliorare le norme sottoposte al loro scrutinio. Per il bene del Paese e la sicurezza di tutti non conviene aumentare l’irregolarità ma rafforzare i percorsi di integrazione». Lo rivolgono oggi in occasione del voto per la conversione in legge del decreto legge 4 ottobre 2018, n.113 su immigrazione e sicurezza le principali associazioni che operano nel campo delle migrazioni: Comunità di Sant’Egidio, Acli, Centro Astalli, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas Italiana, Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia), Tavola Valdese, Casa della Carità di Milano, Fondazione Migrantes, Ascs (Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo).

I firmatari guardano «con grande preoccupazione allo smarrimento del senso di equilibrio e di moderazione nelle politiche sull’immigrazione, sostituito dal compiacimento per gesti e segnali di durezza che tuttavia, producendo sofferenza, non risolvono i problemi ma li acuiscono». Tra i tanti punti critici (tra cui l’aumento delle pene detentive e le procedure per l’acquisto della cittadinanza) presi in esame dalle associazioni c’è il previsto passaggio dal permesso di soggiorno per motivi umanitari ad un ristretto numero di permessi di soggiorno per «casi speciali».

Oggi «circa 140.000 persone titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari – avvertono – rischiano di cadere o di ricadere in una condizione di irregolarità del soggiorno che li esporrà al rischio di povertà estrema, di marginalità e di devianza». I permessi di soggiorno per «casi speciali» preoccupano per il fatto che sarebbero «autorizzazioni estremamente precarie, quasi sempre non rinnovabili e non convertibili, ad esempio, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro». «Si va dunque generando, in nome della sicurezza, un inasprimento della disciplina del soggiorno che aumenterà la propensione all’illegalità – sottolineano  – e renderà più fragile la coesione sociale anche per le famiglie italiane, mentre per le imprese diverrà più difficile reperire legalmente mano d’opera giovane e motivata, ad esclusivo vantaggio dei pochi imprenditori disonesti e della criminalità organizzata». La convinzione è che la sicurezza si crea favorendo «al massimo l’integrazione» e non con «norme che rischiano di allargare l’irregolarità».