Italia

Digitale terrestre, la fortuna di arrivare …ultimi

di Federico Fiorentini

Nel primo semestre 2012 anche in Toscana, come in Umbria, avrà luogo l’ASO (analogical switch-off, la transizione definitiva dall’attuale trasmissione televisiva analogica a quella digitale): un processo su scala nazionale iniziato a fine 2008 in Sardegna e che si concluderà in Sicilia e Calabria.

Per prepararsi a questo cambiamento il 19 febbraio al Grande Hotel Baglioni di Firenze si è svolto il convegno «Aspettando il digitale: esperienze problemi, scenari», promosso da Corecom Toscana. Il Comitato regionale per le Comunicazioni, presieduto da Marino Livolsi, è un organo funzionale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che opera nella conciliazione delle controversie nel settore radiotelevisivo. Fra le numerose altre mansioni lo stanziamento dei fondi (regionali, nazionali e comunitari) per le emittenti locali e la consulenza per la Regione in materia di comunicazione e informazione.

Il vicepresidente Leonardo Tirabassi ha esposto le strategie che Corecom intende adottare: «Il nostro comitato ha il compito di raccogliere e produrre materiale che permetta alla Regione di prendere delle decisioni che non danneggino nessuno dei soggetti coinvolti, avvantaggiandosi delle ottime documentazioni già prodotte, per esempio, in Lazio ed Emilia Romagna». Un obiettivo che passa attraverso l’istituzione di un tavolo di lavoro permanente fra i tre attori principali: istituzioni, operatori del settore e cittadini, per affrontare volta per volta i casi più complessi, continuando a garantire il diritto all’informazione di questi ultimi. Lo switch-off comporta potenzialmente anche un allargamento dell’offerta di lavoro qualificato – per esempio di tecnici e giornalisti – e un incremento dell’attività produttiva delle emittenti, «a patto che non si adottino soluzioni assistenzialistiche a pioggia, che distorcano il mercato favorendo il proliferare di stazioni televisive che aprono la mattina e chiudono la sera». Il moltiplicarsi dei canali di trasmissione potrebbe infatti essere accompagnato da un livellamento della qualità della programmazione, in una gara al finanziamento degli sponsor pubblicitari: «abbiamo già istituito un “bollino” della buona televisione, che premi le realtà capaci di assicurare una pluralità di informazione: i nostri aiuti devono essere sempre più mirati, promuovendo una concorrenza qualitativa fra gli operatori locali».

Mentre la maggior parte degli intervenuti al convegno, pur senza nascondere le difficoltà derivanti dal passaggio al digitale, hanno puntato l’attenzione sulle opportunità che vengono aperte, le assiciazioni dei consumatori – rappresentate da Mauro Vergari di Adiconsum – si dimostrano molto meno ottimiste. «In Lazio e in Campania – ricorda Vergari – lo switch-off è stato un disastro: canali, anche nazionali, che spariscono da un momento all’altro, o che vengono risintonizzati su frequenze difficilmente accessibili». Un problema dovuto a un insieme di fattori, in primis tecnologici: «Quello che doveva essere il principale aiuto agli utenti, il cosiddetto logical channel number (LCN), l’ordinamento automatico dei canali sul decoder, si sta rivelando addirittura dannoso: i televisori, soprattutto i più recenti, scelgono da soli quali canali memorizzare, e non c’è modo di intervenire manualmente». La maggior parte degli apparecchi infatti, non tarata specificamente per il mercato italiano, non è compatibile con le modalità di trasmissione nazionali. Ma le difficoltà nascono anche da una mancanza di coordinamento logistico già denunciata dall’Antitrust: «Senza una regia in grado di dettare le regole, si assiste a una situazione da far west, con le piccole emittenti locali che, terrorizzate di perdere visibilità, non esitano a sovrapporsi l’un l’altra, oscurando spesso anche Rai e Mediaset».

Per cercare di ovviare a questi problemi Adiconsum, insieme a CRTL (Comitato radio e tv locali), ha presentato un’articolata proposta che punta a stabilire un criterio unico nazionale: «Su un sistema a tre cifre, come quello di Sky, i primi 100 canali dovrebbero essere occupati dai vecchi programmi analogici, riproponendo la situazione pre switch-off: i primi 8 dai nazionali, e poi via via dai locali, che in questo modo potrebbero mantenere la posizione conquistata in precedenza». Per i restanti programmi viene invece promosso un principio di «tematicità»: «Dal 101 al 199 quello nati in digitale, dal 201 al 299 informazione, e poi pay tv, sport, bambini, cinema…». Un principio pensato per salvaguardare le «fasce deboli»: «In questo modo anziani e disabili, che già devono confrontarsi con un decoder e due telecomandi, si troverebbero più a loro agio, mantenendo le proprie abitudini, mentre la tematicità introdurrebbe un nuovo criterio di razionalità».

La Toscana ha avuto la fortuna di essere una delle ultime regioni a subire la transizione al digitale, potendo contare sia sull’evoluzione tecnologica che verosimilmente si realizzerà in questi due anni, sia sull’esperienza delle altre realtà: «Peggio di quello che è successo in Lazio – ironizza, ma non troppo, Vergari – non può andare, anche perché abbiamo il valido esempio offerto da Trento». La Provincia trentina, infatti, ha istituito gli «angeli del decoder», creando una rete che coinvolge Università, installatori e volontari, fornendo così un’assistenza totale e facendo recapitare gratuitamente un decoder in ogni casa. Un ulteriore problema è infatti legato alle spese per il passaggio, dato che l’incentivo di 50 euro previsto riguarda esclusivamente decoder sofisticati, del costo di almeno 70 euro, con un disavanzo di 20 a carico dell’utente. Su ambedue questi aspetti si è soffermato anche il vicepresidente Corecom, che ha prospettato campagne di informazione estremamente lunghe che coinvolgano quanti più attori possibili, per cercare di attenuare il disagio provocato dalla «discontinuità tecnologica». Sul versante economico, seguendo sia il citato modello trentino che quello britannico, la Regione intende stanziare ulteriori fondi per sovvenzionare le fasce più deboli in una transizione che, sia augura Tirabassi, «sia la più rapida possibile: il tempo che intercorre fra switch-over – fase intermedia nella quale coesistono televisione analogica e digitale – e switch-off, ossia la definitiva cancellazione dell’analogico, deve essere breve, costringendo l’utenz a prendere dimestichezza con la nuova realtà».

Preoccupate le piccole emittenti: a rischio la sopravvivenza

Al convegno Corecom erano rappresentanti i principali circuiti di broadcasting. La Rai, ha sottolineato il consigliere di amministrazione Giorgio Van Straten, intende approfittare dello switch-off per un cospicuo aumento dei canali gratuiti, che passano da tre a dodici: «Nessun servizio pubblico europeo, compresa la BBC, può eguagliare una simile offerta, che ci permetterà di migliorare il livello qualitativo: non essendo più legati allo share, saremo in grado di confezionare un prodotto “targettizzato”, che venga incontro alle esigenze delle diverse fasce di utenti. Un buon esempio può essere “RaiStoria”, già attivo e con un pubblico maggiore di quello di “History Channel”».

Particolarmente coinvolte nel passaggio al digitale le stazioni più piccole. In Italia, spiega Filippo Rebecchini, presidente FRT (Federazione Radio Televisioni, associazione di categoria degli imprenditori privati), attualmente ci sono circa 550 emittenti locali, ognuna delle quali, grazie alla nuova tecnologia, avrebbe teoricamente accesso a quattro nuovi canali, per un totale di 2.750: «Un numero assurdo; nessuno ha risorse sufficienti per riempire tutti questi palinsesti: Mediaset ha speso un miliardo e mezzo di euro, cifra inarrivabile per ogni altro privato. La verità è che con la concorrenza di Sky e internet sarà difficile garantire la nostra sopravvivenza». Dello stesso avviso Luigi Bardelli del Comitato esecutivo Aeranti-Corallo (associazione aderente a Confcommercio che raccoglie 985 imprese operanti nel settore radiotelevisivo), che difende l’identità delle televisioni che rappresenta: «In tempo di globalizzazione le stazioni locali racchiudono un significato culturale ancora più rilevante». Una identità precisa: «Le nostre emittenti, al contrario di Mediaset, da sempre con vocazione espressamente commerciale, offrono un servizio di informazione al cittadino, come la Rai, anche se maggiormente radicato nel territorio».

Sia Rebecchini che Bardelli auspicano un intervento statale nella definizione della numerazione dei canali, ma se il primo non sarebbe contrario a una priorità basata sugli ascolti (a canale più visto corrisponderebbe un numero più basso sul decoder), il secondo insiste per una scelta «qualitativa»: «Lo switch-off è un’occasione per iniziare una riflessione a tutto tondo. Investire sul digitale costa, e per continuare a garantire un livello adeguato di servizi abbiamo bisogno di essere tutelati dalle istituzioni».

Bardelli tocca anche un punto particolarmente delicato: negli ultimi giorni la presidenza dell’Autorità per le Garanzie ha sollecitato la Toscana ad anticipare il passaggio al digitale al secondo semestre 2011. Se questa richiesta ha incontrato il favore sia della Regione che di Mediaset (rappresentata dal consigliere di amministrazione Gina Nieri, convinta che «la pressione dell’utenza per accelerare i tempi sarà un fenomeno spontaneo, trattandosi di un arricchimento per tutti»), Bardelli ha manifestato la propria contrarietà: «Ormai ci siamo programmati per il 2012, e sarà già difficilissimo così: non siamo assolutamente pronti a partire prima».

Il sito dell’associazione per il digitale terrestre