Italia

Dignità della vita: difenderla anche in punto di morte

di Marco Giorgetti

«Non lasceremo dormire in pace i deputati. Faremo tutto il possibile affinché il testo uscito dal Senato sia adottato anche alla Camera. Non ci lasceremo ostacolare dai 2600 emendamenti presentati a Montecitorio. Ed è una coincidenza singolare che la proposta di legge sul “Fine-vita” venga dibattuta alla Camera proprio nei giorni in cui Eluana Englaro avrebbe festeggiato il suo 39° compleanno». È l’europarlamentare Carlo Casini, storico presidente e fondatore del Movimento per la Vita, ad aprire i lavori del XXIX Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita, svoltosi a Montecatini Terme dal 20 al 22 novembre. Sul tema dell’incontro: «La dignità della vita» si sono orientate le attenzione ed i lavori di un’assemblea di quattrocentocinquanta delegati provenienti da tutta Italia.

Della dignità umana in tutti i suoi aspetti si è parlato nella tavola rotonda iniziale, moderata da Lucio Romano, vice presidente Mpv e presidente di «Scienza & Vita». «La parola dignità, oggi, subisce molte manipolazioni e strumentalizzazioni – ha sottolineato nel suo intervento mons. Elio Sgreccia – una certa cultura cerca di forviarne il vero significato tentando di allontanarla dalla indissolubilità del suo connubio con la vita di ogni essere umano. La dignità è in tutti gli uomini fin dal loro primo istante di vita e rimane sempre nell’uomo, indipendentemente dai suoi meriti, dal suo valore, dai riconoscimenti o dai suoi crimini».

La dottoressa Marina Casini ha tracciato con precisione il percorso fatto dal tema della dignità umana attraverso le Carte dei diritti dell’uomo nella storia, per poi sottolineare alcuni aspetti di estrema attualità. «Occorre dare solidità e verità ai diritti umani – ha detto – sottraendoli alla deriva che giunge persino ad utilizzarli contro l’uomo. In questo senso la riflessione nell’ambito della bioetica offre una straordinaria occasione per rifondare sull’uomo i diritti dell’uomo. L’umanità che incontra la bioetica è, infatti, la più fragile strutturalmente e socialmente a rischio della più aspra emarginazione, quella autorizzata dalla legge. Il campo della bioetica si può considerare, dunque, il campo della “verità sull’uomo”». «Se pensiamo all’essere umano nella fase embrionale, oppure all’essere umano che si trova in quella situazione clinica di devastante disabilità chiamata “stato vegetativo”, a un malato grave o a un malato di mente, a un anziano in stato di demenza senile e di progressivo rapido declino fisico e psichico… come valutiamo la “dignità” umana?», si è chiesta ancora Marina Casini. «In termini di uguaglianza rispetto a un bambino appena nato, a un giovane, a un soggetto sano di corpo e di mente, a chi è autosufficiente? Anna Arendt ha scritto che la concezione dei diritti umani è naufragata nel momento in cui sono comparsi individui che avevano perso tutte le altre qualità e relazioni specifiche, tranne la loro qualità umana. Il mondo non ha trovato nulla di sacro nell’astratta nudità dell’essere uomo».

«Come evitare il naufragio totale e recuperare, rinsaldandola un’autentica antropologia che sappia rendere le carte sui diritti umani espressione di saggezza, di maturità, e non di condanna nei confronti di chi non possiede nulla se non la nudità dell’essere uomo?», si è chiesta in conclusione Marina Casini. «La risposta esige ancora una volta l’accettazione del “mistero”. La via è quella di collocare la dignità umana all’interno di un “mistero” positivo percepibile con la forza della mente pensante e della coscienza ragionante di chi osserva».

Il senatore Raffaele Calabrò, primo firmatario della proposta di legge sul «Fine-vita» approvata al Senato e in esame alla Camera, ha evidenziato i pericoli di una certa cultura neo-illuminista con il « libero arbitrio come unico punto di riferimento e l’autodeterminazione come solo criterio per soddisfare i propri bisogni personali; il tutto svincolato da qualsiasi criterio etico, morale e  sociale. Cercano di sostituire, ad una religione spirituale un altra religione di tipo “civile”; non possiamo consentire che sia un legislatore a stabilire il diritto alla morte. Non si è liberi di scegliere di morire e non si può nemmeno pretendere che lo stato aiuti e assista questa “autodeterminazione”, organizzandosi e attrezzandosi con strutture che favoriscano la morte di una persona».

Il prof. Giuseppe Noia, del Policlinico Gemelli di Roma è intervenuto stigmatizzando l’importanza di una corretta e ampia informazione sul tema dell’aborto e delle tematiche bioetiche. «Oggi – ha detto – siamo a volte testimoni di una mentalità che ripropone nei fatti l’affermazione “Ti amerò fino ad ammazzarti”. Se non sei in grado di vivere, per motivi patologici, ti amerò a tal punto da…ucciderti. È incredibile ma drammaticamente vero: molti bambini considerati, da alcuni, “imperfetti” si possono curare e molte volte anche guarire». «Noi confondiamo spesso la conoscenza con l’informazione», ha proseguito. «Abbiamo tanta informazione, scarsa conoscenza e molto spesso nessuna consapevolezza di certi argomenti: questa è la base di partenza per un cattivo discernimento e quando si tratta di decidere su una vita umana non si può agire nell’ignoranza».

Carlo Casini ha quindi ricordato i risultati conseguiti dal Movimento in questi trent’anni: 115 mila bambini sottratti all’aborto, 600 mila circa i contatti personali e telefoni con donne in difficoltà di vario genere, 315 sezioni dei Centri di Aiuto alla Vita in tutta Italia con alcune migliaia di operatrici e operatori volontari, circa 92 le case di accoglienza sorte in questi decenni. Facendo un’analisi generale del lavoro dei Cav ha poi delineato gli impegni futuri.

Nella seconda giornata l’on. Paola Binetti ha portato il suo contributo ricordando la vicenda di Eluana Englaro e altri casi in cui i valori cristiani, etici e morali in genere sono stati messi a dura prova: «Se noi italiani – ha detto la Binetti – cedessimo su alcune questioni fondamentali relative ai temi bioetici, si potrebbe sviluppare una reazione a catena pericolosa degli altri paesi dell’area occidentale che si sentirebbero culturalmente legittimati nel  prendere in considerazioni decisioni finora inespresse. Siamo ancora un punto di riferimento su certe tematiche per varie realtà internazionali».

L’IntervistaPaola Binetti: Cattolici e «bipolarismo malato»Negli interventi del Convegno è risuonato spesso il richiamo al comune impegno dei cattolici in parlamento a favore di alcune tematiche etiche. Su questo argomento abbiamo rivolto alcune domande all’on. Paola Binetti.

All’interno del Pd troverà un sostegno per la legge sul «fine vita»?

«Il mio partito ha cambiato in 18 mesi tre segretari e quindi tre linee direttive. Non ho idea di cosa farà Bersani. Mi piace sperare che nel nuovo corso di questa nuova segreteria sia messa al centro dell’attenzione, veramente, la libertà di coscienza di tutti i parlamentari. Altrimenti si corre il grosso rischio del pensiero unico».

Come vede il momento politico attuale?

«È evidente che stiamo vivendo in un bipolarismo malato, Prodi non è riuscito a governare nella precedente legislatura perché aveva solo due voti di differenza, Berlusconi non riesce a governare adeguatamente pur avendo cento voti di scarto. C’è qualcosa che non gira. Il problema a parer mio è di tipo culturale profondo; riguarda una omogeneità di pensiero e una condivisione di valori. Vedremo se dal centro saranno capaci di creare questa forza realmente in grado di proporre al paese valori cultura e tradizioni in cui gli italiani si riconoscono».

C’è spazio per una riaggregazione di chi si riconosceva un tempo nella Dc?

«Credo che l’unità dei cattolici in politica, per certi aspetti, è terminata. Questa per me è una ricchezza per tutto il mondo politico italiano, perché in ogni formazione ci sono cattolici convinti, impegnati, persone veramente eccellenti e questa è una ricchezza. Il punto è riuscire a mettere in moto nel paese, andando oltre all’immobilismo provocato da questo bipolarismo malato, una linea forte di tendenza in cui la maggioranza degli italiani riconoscano i propri valori, vedano proporre concretamente le soluzioni ai loro problemi e che nell’ambito delle riforme non siano attaccati in quelli che sono i “fondamentali” delle proprie convinzioni, cioè la famiglia, i temi bioetici e l’educazione».

La schedaTutto nacque a Firenze nel 1975Da allora assistite 600 mila donneIl Movimento per la Vita trae la sua origine dall’esperienza del primo Centro di Aiuto alla Vita sorto a Firenze nel 1975. Da allora altri 314 Centri (18 in Toscana) si sono strutturati su tutto il territorio nazionale, coadiuvati anche da 271 sezioni del Mpv locali di cui fanno parte anche le 21 realtà toscane. In oltre trent’anni di attività sono stati circa 115 mila i bambini aiutati a nascere e più di 600 mila le donne accolte, assistite, ascoltate, sostenute nella diverse necessità.

Più delle migliaia di operatrici dei Centri, sono quei bambini e le loro mamme (ogni anno più di 20mila donne vengono assistite nei diversi ambiti, di esse almeno la metà sono gestanti) che potrebbero raccontare storie drammatiche – quasi tutte, però, a lieto fine – di speranze perdute e ritrovate, di fiducia smarrita e restituita, di bambini felicemente nati . Un altro punto di forza dei Cav sono le Case di Accoglienza.

Queste realtà, federate o vicine al Movimento per la vita, sono circa una novantina e  coprono tutto il territorio nazionale. In Toscana sono presenti quattro realtà: «Casa Speranza» a Firenze, «Casa Aurora» a Prato, «Casa coniugi Ciampi» a Marina di Massa e «Casa S. Margherita» a Capannori (LU).

Le donne in attesa di un figlio sono accolte nella Casa perché senza marito o compagno, senza mezzi di sostentamento o una famiglia alle spalle che si prenda cura di loro. Nella Casa di Accoglienza le madri imparano ad affrontare la gravidanza e il parto dal punto di vista medico-sanitario, a saper allevare il bambino, a relazionarsi con le altre mamme, in un clima familiare sereno ed affettivo. Le madri imparano soprattutto a diventare autonome, cercandosi un lavoro e poi anche una casa, ricostruendosi legami familiari e reinserendosi nella società.

Nel 1994 è nato Progetto Gemma, servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Attraverso questo servizio e con un contributo minimo mensile di 160 euro, si può adottare per 18 mesi una mamma e aiutare così il suo bambino a nascere. Dalla nascita di Progetto Gemma i bambini così aiutati sono stati circa 16 mila.

Importante è ricordare anche il Telefono Rosso Telefono Rosso: 06/3050077. Questo numero permette di contattare i medici specialisti del Policlinico Gemelli di Roma, nel caso di gravidanze ritenute a rischio per fattori ereditari, assunzione di farmaci, o per altri motivi. Non c’è niente di meglio che parlare con un esperto, per comprendere che – il più delle volte – tali rischi sono immaginari, o frutto di paure immotivate.

Il 28 dicembre del 1992 è arrivata la prima telefonata a SOS vita, 800.81.3000, cioè al numero telefonico gratuito che il Movimento per la vita tiene aperto 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno per ascoltare, aiutare, soccorrere e accogliere le donne che si trovano in difficoltà a causa di una gravidanza problematica, perché inattesa o subita o rifiutata. Da allora le chiamate non si sono più fermate, ad oggi se ne contano più di 33 mila. Per chi desidera saperne di più può visitare il sito www.mpv.org oppure telefonare allo 06/6892732.