Italia

Dopo il nuovo terremoto Marche e Umbria in ginocchio

Nessuna vittima, ma tanta paura e danni significativi. A due mesi dal terremoto del 24 agosto, la terra è tornata a tremare forte nel centro Italia. Mercoledì  sera, alle 19.10 e alle 21.18, in buona parte della Penisola sono state avvertite due scosse di magnitudo – rispettivamente – 5.4 e 5.9 con epicentro nelle Marche, tra Castelsantangelo sul Nera e Ussita (in provincia di Macerata), poi oltre 330 repliche di magnitudo superiore a 2.0 in meno di 24 ore, tra cui 4 scosse superiori a 4.0. Paura e frustrazione sono i sentimenti che percorrono la popolazione, costretta ancora una volta a passare la notte in auto o in strutture d’emergenza, mentre un forte temporale si abbatteva su città e paesi già provati dal movimento della terra, provocando disagi specialmente nella Valnerina.

Nei paesi epicentro del terremoto del 24 agosto – che proprio mercoledì erano stati visitati dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco – si sono registrati nuovi danni, mentre la gente che era tornata nelle case dichiarate agibili ha dormito in tenda o in auto: circa 80 le persone ospitate nelle 4 tendopoli della Regione Lazio ad Amatrice, Saletta, Sommati e Torrita.

Nella zona rossa di Arquata del Tronto si sono registrati peggioramenti delle condizioni delle abitazioni già lesionate, mentre ad Amatrice ha ceduto l’unico edificio che aveva resistito finora. Ma è sulle Marche e l’Umbria che ora si sposta l’attenzione.

«Siamo e restiamo vicini alle Caritas e alla popolazione nelle diocesi colpite», ha dichiarato don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, ribadendo l’unione nella preghiera e la piena disponibilità a sostenere l’impegno delle Caritas, la cui rete «è pronta a moltiplicare gli sforzi per dare risposte alle nuove necessità, grazie anche all’avvio dei gemellaggi che vedono il coinvolgimento di tutte le Caritas, da Nord a Sud». Dall’Umbria, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, osserva che, «grazie a Dio», le macerie «hanno risparmiato la vita a tante persone». Ma «è andato distrutto, purtroppo, un ingente patrimonio storico-artistico, memoria delle nostre ultrasecolari radici spirituali e culturali».

Uno dei primi simboli di questa nuova scossa è la chiesa di San Salvatore a Campi di Norcia, risalente al XII secolo, «distrutta, probabilmente in maniera irrecuperabile», racconta al Sir monsignor Renato Boccardo, vescovo di Spoleto-Norcia. «Sia a Norcia, sia nei paesi circostanti, già da agosto – riferisce il presule – non c’erano chiese agibili», né saranno possibili riaperture «in tempi brevi». Oltre al crollo della chiesa di Campi di Norcia, danni anche all’abbazia di Sant’Eutizio a Preci, alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Norcia. La chiesa della Madonna addolorata – già gravemente danneggiata dall’altro sisma – ora è «impraticabile».

«Fare un bilancio è difficile perché la terra continua a tremare. Anzi, in questi due mesi non ha mai smesso a Norcia, Cascia, Preci». Così Piergiorgio Pallucco, direttore della Caritas spoletina, sintetizza come in quelle terre si conviva con il sisma. Tra le priorità della Caritas diocesana vi è l’aiuto ad agricoltori e allevatori per la ripresa dell’attività lavorativa, dato che ci sono pure diverse stalle inagibili con le mucche da latte dentro: dalla Caritas di Bolzano sono in arrivo strutture stabili per il ricovero degli animali e per l’attività dei caseifici.

Nell’epicentro di questo nuovo sisma vi è «una situazione drammatica». E’ la sintesi di monsignor Francesco Giovanni Brugnaro, vescovo di Camerino-San Severino Marche, nella cui diocesi rientrano Ussita e Castelsantangelo sul Nera. Il presule riferisce di  aver trascorso la notte con 700 sfollati – tra studenti e residenti – nelle palestre dell’Università e del Comune. Tra i danni, «è caduto il tetto della chiesa di san Filippo, il campanile di santa Maria in Via – già lesionato – è crollato, la cattedrale ha un’altra fessura, il palazzo vescovile è inagibile». Inoltre, «l’accesso alla città è difficoltoso, con una sola via percorribile e macerie da tante parti». Evacuata – prosegue mons. Brugnaro – «la casa del clero, che si trova sopra l’arcivescovado», con i sacerdoti «portati giù in spalla». Pure a San Severino Marche la casa d’accoglienza della vicaria, che aveva 5 ospiti e si trovava in un’ala dell’edificio della parrocchia degli orionini, è stata sgomberata, mentre «la concattedrale – riferisce il parroco, monsignor Aldo Romagnoli – al momento è chiusa, in attesa dei sopralluoghi per verificarne l’agibilità», come pure altre chiese. Il sindaco di Ussita ha dichiarato che il paese è «in ginocchio», e pure a Visso (800 residenti) «è tutta zona rossa e l’80% delle case sono inagibili», riferisce il parroco don Gilberto Spurio. Tra le paure, qui, vi è il crollo del turismo, che sosteneva l’economia locale.

Spostandosi nella diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, infine, la situazione non cambia. «Già il terremoto di quest’estate ci aveva portato a chiudere oltre 20 chiese. Ora, le ultime scosse hanno complicato ulteriormente la situazione», afferma il vescovo, monsignor Nazzareno Marconi, ricordando che sono chiuse la cattedrale di Macerata e le chiese concattedrali a Treia e Tolentino. Anzi, rimarca, «a Tolentino quasi tutte le chiese sono chiuse, specialmente le 4 del centro storico». «Le grandi chiese monumentali – conclude il vescovo – sono tutte lesionate, come pure la casa del clero di Tolentino che dev’essere sgomberata», e i preti anziani che vi sono ospitati «verranno accolti dai parroci».