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Droga, non è un via libera alla cannabis, ma occorre prudenza

Il capo del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Serpelloni, ha subito ammonito a «non dare a questa sentenza significati che non ha», del tipo «adesso potete legalizzare o adesso potete fumare tranquillamente la cannabis perché non fa male o adesso potete uscire dal carcere se spacciate perché non è reato». Ha tra l’altro sottolineato il rischio che con questa sentenza «sia più difficile l’accesso a misure alternative al carcere». Per conoscere cosa ne pensano le comunità di ispirazione cristiana che offrono un servizio di recupero per tossicodipendenti ci siamo rivolti ad alcuni dei responsabili. Ecco le loro dichiarazioni.

Non esistono droghe «leggere». «La bocciatura della Consulta è avvenuta per ragioni tecniche, in quanto le norme erano inserite, secondo i giudici impropriamente, in un provvedimento d’urgenza legato alle Olimpiadi invernali del 2005. Non è stato però un avvallo delle droghe cosiddette ‘leggere’, come tanti vorrebbero far credere»: così Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, commenta la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla Legge Fini-Giovanardi. «Nella nostra esperienza di recupero, ormai di migliaia di giovani, abbiamo visto che non esistono droghe leggere e pesanti, ma una dipendenza più o meno radicata che richiede un serio cammino di affiancamento e di recupero. Tornare a parlare di droghe leggere è un messaggio fuorviante che danneggia il lavoro di genitori ed educatori». Per quanto riguarda il possibile svuotamento delle carceri per la riduzione delle pene legate alle droghe «leggere», la proposta della Comunità Papa Giovanni XXIII è precisa: «per tutti coloro che hanno problemi di tossicodipendenza basterebbe convertire la pena detentiva in un serio percorso terapeutico in comunità riconosciute – sottolinea Ramonda -. Avremmo una notevole riduzione dei costi e una pena veramente rieducativa, che dovrebbe essere il vero obiettivo».

Conferenza nazionale a Genova per «nuova politica sulle droghe». Il Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (Cnca), per bocca del suo vice-presidente con delega per le dipendenze, Riccardo De Facci, ha espresso «piena soddisfazione» per la sentenza. «L’unica cosa che sorprende nella decisione della Consulta – spiega – è che ci sia voluto così tanto tempo per arrivarci». “La gran parte degli operatori ha denunciato l’illegittimità della legge fin dalla sua approvazione, avvenuta per pure ragioni ideologiche ed elettorali. Chi ha voluto speculare su una questione così sentita dall’opinione pubblica – prosegue -, mandando in carcere decine di migliaia di persone ingiustamente, ora dovrebbe chiedere scusa. Sono diecimila solo quelli attualmente detenuti che potranno chiedere di uscire di prigione». «Chiediamo al Governo, che ha sconsideratamente deciso di sostenere una legge illegittima davanti alla Corte Costituzionale, di aprire un confronto franco e aperto con gli addetti ai lavori per elaborare una nuova legislazione e di promuovere un cambiamento negli orientamenti e nella direzione del Dipartimento Politiche Antidroga, allineato a un approccio ormai superato. Insieme a tante altre organizzazioni che, in questi anni, hanno lottato con noi contro la legge Fini-Giovanardi, abbiamo organizzato a Genova, dal 28 febbraio all’1 marzo, una conferenza nazionale per una nuova politica sulle droghe. Può essere una prima occasione per un pubblico dibattito».

Non dimenticare il «problema di salute e sociale». Parere interlocutorio anche da don Mimmo Battaglia, presidente Fict (Federazione italiana comunità terapeutiche), che esprime un giudizio cauto: «In merito all’azione della Consulta riguardo la legge Fini-Giovanardi, mi preme sottolineare la necessità di fare attenzione, anche in questo momento, a non strumentalizzare provvedimenti che affermano il diritto per inviare un messaggio di tolleranza. Il messaggio che, invece, può essere utile recepire – sottolinea – consiste nel riconoscimento di una situazione che rappresenta un problema sociale e di salute per i cittadini, nel pieno rispetto della Carta Costituzionale». La linea della Fict, spiega don Battaglia, da sempre chiede di prevedere per i consumatori minorenni «una progressività di interventi educativi e/o riabilitativi, anziché lo stesso percorso sanzionatorio dei maggiorenni, con gli evidenti rischi che s’inneschino ulteriori e più gravi forme di devianza. Resta sempre prioritario l’aspetto educativo e come spesso abbiamo ripetuto la legge da sola non educa!».