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FECONDAZIONE ASSISTITA, LA CONSULTA AMMETTE 4 DEI 5 REFERENDUM

La Corte Costituzionale ha ammesso quattro dei cinque referendum sulla legge 40/2004 sulla fecondazione medicalmente assistita. Ha invece respinto il primo dei cinque quesiti, quello promosso dai radicali e che chiedeva l’abrogazione completa della legge. Per conoscere le motivazioni di questa decisione bisognerà attendere ancora qualche giorno: il termine massimo per il deposito della sentenza, che verrà redatta dal giudice costituzionale Franco Bile, è il 10 febbraio, ma è probabile che la Corte renda noti i motivi della sua decisione prima del 30 gennaio, quando scade il mandato alla Consulta sia del presidente, Valerio Onida, che del vicepresidente, Carlo Mezzanotte, entrambi presenti alle camere di consiglio che negli ultimi quattro giorni hanno impegnato la Corte sul fronte referendario.

La discussione sui cinque referendum era cominciata lunedì scorso, quando per l’intera giornata la Consulta, a porte chiuse, ha ascoltato le ragioni dei comitati promotori dei referendum, quelle del governo (che tramite l’avvocatura generale dello Stato ha sostenuto l’inammissibilità di tutti e cinque i quesiti) e, inaspettatamente, anche quelle dei sette comitati antireferendum.

Omogeneità, chiarezza, univocità e completezza dei quesiti sono i criteri in base ai quali la Corte generalmente giudica l’ammissibilità dei referendum. Ma l’avvocatura generale dello Stato ha insistito su un altro punto, vale a dire sull’ipotesi che la legge sulla fecondazione assistita venisse considerata alla stregua di una ratifica internazionale (non sottoponibile a referendum) di norme internazionali ed europee, in particolar modo collegata alla Convenzione europea di Oviedo sulla biomedicina del 1997.

I quattro referendum ammessi e per i quali si voterà in primavera sono quello sui limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni, quello sull’obbligo di creare in vitro non più di tre embrioni e di trasferirli con un unico e contemporaneo impianto nell’utero materno, quello che chiede la cancellazione dei diritti del concepito (art. 1) e quello sul divieto di fecondazione eterologa.

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