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FORUM SOCIALE MONDIALE A NAIROBI: CENTINAIA LE RELIGIOSE E I MISSIONARI PRESENTI

(Nairobi) Le suore bianche hanno avvolto intorno alla vita i bei tessuti colorati africani e cantano le canzoni in kiswahili accennando qualche passo di danza. Le suore africane indossano i vestiti stampati delle loro terre. Ovunque, al Forum sociale europeo in corso in questi giorni a Nairobi, si vedono veli di religiose e qualche saio di francescano, mentre gli altri missionari si confondono tra la folla. Ma sono tanti: 300 le religiose provenienti da istituti missionari di tutto il mondo (nella sola Nairobi ci sono strutture formative di 120 Congregazioni femminili e 60 maschili)e altre centinaia i missionari, tra cui 50 francescani, i comboniani, i paolini, i gesuiti, ecc. Suor Letizia Braga, padovana delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, in Kenya da 11 anni come responsabile locale della Congregazione, vive nella comunità di Embu con altre 40 suore africane. Gestiscono un orfanotrofio con 60 bambini figli di malati di Aids, più una struttura per ragazzi di strada che sniffano colla e benzina. “E’ la prima volta che partecipo ad un Forum mondiale – dice al Sir – e sono entusiasta. E’come se il mondo per pochi giorni sia tutto qui per uno scopo: il rispetto della dignità dell’uomo. Questo ci dà la forza di andare avanti nonostante le difficoltà”.

“Tra neri e bianchi, ad esempio – prosegue suor Letizia – c’è ancora una mentalità sbagliata: il bianco si sente superiore e il nero vede in lui solo il potere e il denaro. Allora bisogna stare insieme per sfatare i pregiudizi. Vivere qui mi ha fatto riscoprire valori come l’amicizia, la solidarietà , la capacità di ascolto e di attesa, il rispetto”. Suor Letizia abita nella zona sfruttata dall’azienda italiana Del Monte (già nota al consumo critico) per produrre banane e frutta varia: “Là la gente è molto povera, perché è stata tolta loro la terra e la dignità – afferma -. Il 65% sono ragazze madri, la maggior parte sono disoccupate ed entrano nella catena della morte, ossia dalla prostituzione all’Aids, pur di mantenere i figli. Le più ‘fortunate’ lavorano per 2 euro al giorno”. E quando suor Letizia vede i piccoli orfani “fare i salti di gioia” solo per aver ricevuto un paio di scarpe nuove si chiede, pensando “ai bambini italiani viziati: perché nel 2007 devono ancora accadere queste cose?” Di bambini sieropositivi si occupa anche suor Veronica, keniana che lavora a Mombasa. Suo compito è curare la loro alimentazione “perché quando prendono i farmaci antiretrovirali, se sono malnutriti o mangiano male, rischiano di peggiorare”.

Suor Ana Lucia, keniana che vive nello slum di Korogocho a Nairobi, pensa invece alle cure spirituali e psicologiche dei malati di Aids, dall’inizio del percorso terapeutico alla fine. “In Africa spesso si attribuiscono i mali ad uno spirito cattivo – spiega -, quindi le persone hanno molta paura e non accettano la malattia. Hanno in mente l’immagine di un Dio che le punisce. Allora è molto importante far capire loro che non è così, che sono amati da Dio”. Concorda con questa visione fratel Alain, dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld, missionario francese nello slum di Kangemi, a Nairobi: “In Africa l’Aids è vissuto ancora come uno stigma sociale. I malati si sentono peccatori e le famiglie li emarginano. Di fronte a tanta solitudine e disperazione è importante far capire alle famiglie l’importanza della comunicazione e della relazione”. Sir