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FUNERALI FRATELLI PAPPALARDI: MONS. PACIELLO, «NON SEPPELLIRE IL LORO MESSAGGIO»

“Non dobbiamo permettere che la morte di Ciccio e Tore lasci il mondo come si trova”. È l’appello lanciato questo pomeriggio nella cattedrale di Gravina da mons. Mario Paciello, vescovo di Altamura – Gravina – Acquaviva, durante l’omelia per i funerali di Francesco e Salvatore Pappalardi (Ciccio e Tore). “Nella loro breve vita – ha detto il presule -, Francesco e Salvatore sono stati chiamati a lasciare un segno nella storia, non solo di Gravina, ma dell’Italia intera”, ed ora “dobbiamo fare attenzione a non seppellire anche il messaggio che ci lasciano e la nostra responsabilità di dare risposte”. Per il vescovo “la loro caduta mortale (nella cisterna, ndr) è stata come un tonfo senza ritorno in un mare che ha fatto schizzare in alto nugoli di mali nascosti di un Paese che non si chiama Gravina, ma Italia”. “È impossibile non sentirsi struggere di dolore pensando alle sofferenze lancinanti di Francesco e alla lunga e straziante agonia di fame, freddo, buio, solitudine, paura di Salvatore”; ma, è il monito di mons. Paciello, “faremmo bene, come dice Gesù alle donne di Gerusalemme, a piangere su noi stessi e sui nostri figli, perché siamo noi che vogliamo questo tipo di società”. Per il vescovo di Gravina, “le disavventure di tutti i bambini, le loro sparizioni, il loro sfruttamento, la loro solitudine, il bullismo degli adolescenti, gli abusi sui minori, l’alcolismo e la droga” sono solo “alcuni dei segnali di un malessere sociale profondo e generalizzato, voluto e da tanti favorito, davanti al quale si continua a tenere pervicacemente gli occhi chiusi”. “Laggiù, Francesco e Salvatore certamente hanno invocato aiuto” ha osservato il presule. “Vorrei raccogliere quelle grida – ha aggiunto -, e da questa Cattedrale farle rimbalzare lì dove si decidono le sorti del nostro Paese e dei nostri paesi”. “Non voglio strumentalizzare la morte dei fratellini, per lanciare anatemi – ha quindi precisato il vescovo -; ma non dobbiamo permettere che la morte di Ciccio e Tore lasci il mondo come si trova”, perché “ciò che è avvenuto il 5 giugno 2006 e tutti gli altri episodi di cronaca che hanno riempito giornali e trasmissioni in questi anni” devono farci capire “in quale baratro si trova il mondo oggi; quanto siamo caduti in basso, non i gravinesi, ma la società, la cultura laicista che azzera i valori essenziali della natura umana e legalizza il disvalore della vita e della famiglia, la totale disattenzione ai bambini come soggetti di diritto di nascere e di scegliere”.

“Davanti alle bare di Ciccio e Tore è facile dire: ‘Siamo tutti responsabili’ “ ha osservato ancora nell’omelia per i funerali dei fratellini mons. Paciello; ciò che occorre è “ripetercelo e non dimenticarlo dopo questo momento, quando saremo chiamati da una presa di coscienza personale e comunitaria, a creare tutte le condizioni possibili perché siano evitati certi epiloghi tragici, per offrire disponibilità, impegno, mezzi, per promuovere luoghi di incontro, occasioni di aggregazione”. Di qui l’appello “a tutte le Istituzioni, le agenzie educative, le comunità parrocchiali a prendere atto delle rispettive responsabilità in ordine alla tutela e alla cura dei minori”; ai papà e alle mamme a dare “il loro tempo libero ai figli” seguendo “da vicino le loro esperienze e il loro cammino di fede”; agli amministratori locali a sfoltire “gli iter burocratici per la realizzazione di progetti per la gioventù”. “Non basta piangere i morti, se sul piano amministrativo, etico, culturale, economico, non si fa nulla perché certi eventi drammatici e luttuosi non si verifichino. Non è uno spreco – ha concluso il presule -, né una spesa secondaria per una comunità civile, favorire la realizzazione e l’uso di strutture sportive, luoghi di aggregazione, spazi attrezzati e custoditi per attività ludiche, ginniche, artistiche, culturali, educative”.

Sir