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Festival della Comunicazione: Giornalismo e Covid-19, i direttori dei media Cei: ‘Note di speranza nel racconto della pandemia’

“Un tempo sospeso, difficile, ma un tempo di grazia da non sprecare”. I tre direttori dei media della Conferenza episcopale italiana guardano così al tempo della pandemia. Nel corso del festival della comunicazione “I media Cei… insieme per passione”, a Terrasini, in provincia di Palermo, Amerigo Vecchiarelli (Sir), Vincenzo Morgante (Tv2000-Inblu Radio) e Marco Tarquinio (Avvenire) hanno riflettuto sul ruolo che l’informazione ha ricoperto nei giorni del dolore. Hanno ricostruito l’impegno delle redazioni per accompagnare al racconto del dramma alcune note di vita e di speranza. Nei loro interventi, si sono soffermati sul tema “Non sprecate parole”, rispondendo con “parole-chiave”: collaborazione, crossmedialità, sobrietà. Vecchie e nuove prospettive che ridisegnino i perimetri di una comunicazione sociale in un tempo di emergenza e post-emergenza.

Nell’agenzia di stampa. Il direttore del Sir ha ricordato che “c’è stato un momento, durante il picco dell’emergenza, in cui non c’erano le notizie, ma c’era la notizia: il Covid”. In quella fase l’impegno dell’agenzia è stato quello di “arrivare dove la grande informazione non riuciva ad arrivare, anche nel locale o in altri Paesi, dove avevamo fonti che ci potevano dare un riscontro su quello che stava succedendo. Con una particolare attenzione alla persona”. Volgendo lo sguardo all’informazione, oggi, Vecchiarelli auspica che “aiuti a far crescere”. “È vero che quella che viviamo è veloce e tempestiva. E a volte non c’è il tempo di approfondire. Ma dobbiamo sfruttare l’oggi nel miglior modo possibile”. Nell’equazione “informazione-servizio”, il direttore del Sir ha ricordato l’importanza di “gestire il nostro servizio con umiltà per vedere le cose con un occhio diverso, come ci chiede Dio”. La sfida, dunque, oggi, è quella di “capire cosa lasciare in questo tempo”. Per il futuro la prospettiva indicata è quella della collaborazione: “Non deve essere e non può più essere tutto come prima. Non possiamo lasciarci alle spalle ciò che la pandemia ha cambiato nelle nostre redazioni, dobbiamo tenerlo presente per costruire rapporti migliori”.

In televisione. “Durante la Quaresima, abbiamo scelto di incarnare lo spirito di una grande parrocchia italiana”. Il direttore di Tv2000, Vincenzo Morgante, ha indicato la mission della tv della Cei in un particolare momento della pandemia. “Gli esercizi spirituali erano sospesi ovunque, come il catechismo – ha ricordato -. Così in poche ore abbiamo messo in piedi nuove trasmissioni che hanno riscosso un successo straordinario: il catechismo per i piccoli, gli esercizi spirituali, poi il dono grande della Messa di Papa Francesco in diretta da Santa Marta”. Proprio per quest’ultima opportunità, il direttore di Tv2000 ha riferito che “il palinsesto in pochi minuti è stato rivoluzionato” e i riscontri sono stati notevoli. “Il servizio pubblico lo ha capito tre settimane dopo, in seguito al successo di ascolti”. Anche per le celebrazioni del Papa Tv2000 ha scelto uno stile particolare. “Ci siamo affidati solo al Papa e alle sue parole senza mediazione giornalistica – ha aggiunto Morgante -. Non c’era la rappresentazione di un evento, ma un evento. Abbiamo riflettuto su quanto le parole di un commento siano per il destinatario di un messaggio e quanto per la vanità dei mediatori. Abbiamo scelto la strada della sobrietà”. Una riflessione anche sull’informazione: “Abbiamo scelto di raccontare l’evoluzione della pandemia senza chiacchiericcio, lontano dalla polemica politica e dalla vanità dei virologi, affidandoci alla competenza scientifica. “Abbiamo accompagnato il racconto della pandemia al racconto della vita delle persone in una logica di speranza. Il telegiornale non si è mai chiuso senza una nota di speranza”. Dal racconto dell’impegno di medici e infermieri a quello del volontariato per i più fragili. 

Sulla carta stampata. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha notato nella carta stampata una narrazione differente rispetto all’ordinarietà. “Nel picco della pandemia, tutti dovevamo raccontare il male che accadeva ma anche ciò che di buono cominciava ad accadere. Ci siamo trovati all’improvviso con tanti concorrenti a fare il lavoro che facciamo ordinariamente. La sfida è stata quella di vedere che molti entravano nel nostro campo”. Da quella fase, secondo Tarquinio, è emerso un insegnamento rilevante per il mondo dell’informazione. “Si è capito in questo tempo che, se i media riescono a interpretare l’anima del tempo che stiamo vivendo e stare vicino alle persone cercando di interpretare i fatti, i numeri del fallimento possono diventare i numeri di un successo. Infatti, sono cresciuti i dati di tutti i media”. A suo avviso, la capacità dei mezzi di comunicazione è stata in particolare una: “Capire che non si poteva raccontare solo il male della società. Questa è la grande lezione che dovremmo saper prendere”. Infine, la prospettiva dell’informazione: “Abbiamo bisogno di ‘comunità informanti’, le redazioni dei giornali, dei tg, sono comunità che lavorano per le comunità. Abbiamo bisogno di una grande alleanza. La buona stampa ha bisogno di gente che la faccia essere ancora più buona”. 

Tracciando un bilancio dell’edizione di quest’anno del festival della comunicazione, Ino Cardinale, presidente dell’associazione “Così per passione”, che ha organizzato l’evento con l’arcidiocesi di Monreale, ha osservato che “il tema scelto ha permesso di riflettere sulle relazioni”. “Si sprecano tante parole su argomenti importanti come il Covid-19, in particolare sui social network. Non sprecarle permette di evitare violenze. Dai media Cei arriva un esempio e un messaggio di speranza su come comunicare in questo tempo. Nelle nostre case hanno creato un clima positivo rispetto al dolore, all’ansia e alla trepidazione, nei momenti più difficili della pandemia”.