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GIORNALISMO, UCSI, UN MANIFESTO PER DARE DIGNITÀ E SPESSORE ALLA PROFESSION;  CARD. BAGNASCO: IL PAESE HA BISOGNO DI LINGUAGGIO SERIO E SERENO

“Il nostro Paese di fronte alle grandi questioni che lo interrogano ha bisogno di un linguaggio serio e sereno, di cultura del rispetto, di passione per il bene comune”. Lo ha scritto il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco, in un messaggio che è stato letto questa mattina ai partecipanti al convegno dell’Ucsi, in corso a Roma alla Camera dei Deputati. Nel testo il cardinale ha sottolineato l’importanza del “Manifesto per un’etica dell’informazione” promosso dall’Ucsi e ricordando un passaggio del messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali, il cardinale ha messo in guardia gli operatori della comunicazione da un rischio: quello che si corre “quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale”. Ha quindi invocato la categoria a curare la “formazione delle nuove generazioni”, impegno – ha aggiunto che “ben si inserisce nel percorso che la chiesa italiana ha iniziato proprio ai riguardo della questione educativa”. Ed ha proseguito: “Anche nella realtà dei media si avverte l’importanza e l’urgenza di padri e maestri che con la loro testimonianza professionale, umana e cristiana, sappiano indicare ai giovani la strada del servizio alla verità in alternativa a quella del protagonismo”. L’auspicio che “nel mondo dell’informazione ci siano sempre meno brontoloni e sempre più informatori”. Lo ha espresso mons. Domenico Pompili, portavoce della Conferenza episcopale italiana, nell’omelia pronunciata questa mattina nella messa con la quale si è aperto a Roma il Convegno dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) a 50 anni dalla sua fondazione. Rifacendosi ai brani delle Scritture – “i brontoloni apprenderanno la lezione” – mons. Pompili ha detto: “Brontola anche oggi chi si limita ad elencare le cause della crisi senza additare uno sbocco, senza pre-vedere una traiettoria, senza proporre un’alternativa. Dobbiamo riconoscere che talvolta anche nel mondo dell’informazione abbondano le analisi preoccupate ma non si riesce a far emergere oltre la diagnosi una possibile svolta. Manca lo sguardo che vada oltre la cronaca per lo più triste dei nostri giorni”. L’invito del portavoce della Cei è di vincere “rassegnazione o fatalismo” e di dare voce ad un “desiderio che non si acquieta e che anche oggi serpeggia nelle coscienze di tanti: quello di vedere la realtà, cioè di capire il mondo, di non rassegnarsi alla cecità dei significati. Per far questo ci vuole gente determinata e consapevole come i due ciechi del Vangelo, che non si rassegnino cioè alla cecità dello sguardo e soprattutto che osino andare oltre la cortina fumogena del già noto, del già visto, del già detto”.Un manifesto in dieci “punti” per ridare “dignità e spessore” al “mestiere del giornalista”. E’ stato presentato (dando il via alle sottoscrizioni) questa mattina dall’Ucsi, Unione cattolica stampa italiana, al convegno in corso a Roma per celebrare i 50 anni della sua fondazione (testo integrale in .pdf: clicca qui). “L’informazione – si legge al punto 1 – non è spettacolo, anche se può far uso di forme che sono proprie dello spettacolo. Il compito di una corretta informazione non può essere quello dell’intrattenimento”. “Il giornalista – prosegue il manifesto – è chiamato a dare ragione, pubblicamente, dei criteri di valutazione che lo hanno indotto a prendere determinate decisioni” per cui “è del giornalista anche la responsabilità della forma, del taglio e dell’impostazione secondo cui le notizie sono date”. “Compito del giornalista – si legge al punto 4 – resta l’approssimazione massima alla verità. La necessità d’interpretare, in altre parole, non significa rinunciare all’onestà intellettuale”. E al punto 5: “al giornalista non bastano solo preparazione e onestà. Oggi ci vuole qualcosa di più. E questo qualcosa di più, questo valore aggiunto, è l’aspetto etico”.Gli estensori del manifesto fanno riferimento anche ai cosiddetti “poteri forti” chiedendo agli operatori della comunicazione “di salvaguardare l’autonomia della professione e il diritto alla libera espressione delle proprie opinioni, che sono uno dei fondamenti della democrazia”. “In definitiva – si legge a conclusione del testo – lo scopo di questo manifesto è di richiamare ciascun giornalista e comunicatore a uniformare ciò che egli sceglie nella sua attività quotidiana ai criteri etici riconosciuti alla base del proprio lavoro. Solo così può essere salvaguardata la cultura delle professioni dei giornalisti e dei comunicatori e la loro funzione di servizio alla comunità: facendo corrispondere ciò che il professionista è con ciò che egli fa, nella misura in cui lo fa bene”.Sir