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Giornalismo: Vecchiarelli (Sir), “possiamo dire sempre qualcosa di nuovo, i social mezzi per arrivare alla pancia del Paese”

“Possiamo aprire una strada con la nostra informazione, raccontando la bellezza di un incontro, quello con Cristo, per stimolare le persone a conoscere di più. Possiamo farlo con un articolo, con una storia, con una testimonianza. Ai lettori dobbiamo fare arrivare questo messaggio”. Lo ha detto il direttore del Sir, Amerigo Vecchiarelli, intervenendo oggi pomeriggio al festival della comunicazione a Terrasini, organizzato dall’arcidiocesi di Monreale e dall’associazione culturale “Così per passione”. “Come agenzia siamo chiamati a fare sintesi ed essere tempestivi su quello che dice il Papa – ha osservato -. Puntiamo su un aspetto in particolare ma il discorso lo spezzettiamo e cerchiamo di darlo tutto”. Ricordando il discorso di Papa Francesco a Tor Vergata, Vecchiarelli ha spiegato che “a volte ci passa in secondo piano che il Papa è il vicario di Cristo in terra”. “Oggi parliamo di ‘chi è Gesù’. Il Papa ce lo dice. C’è tutta l’umanità di Pietro nelle sue uscite, che a volte possono risultare di difficile comprensione per la difficoltà di tradurre il suo pensiero. La sua catechesi ci richiama a essere cristiani, a vivere come figli di Dio. Il Papa ci ricorda che siamo ‘infettati’ di resurrezione. A cominciare dal nostro lavoro”. E a proposito del lavoro giornalistico sulle parole del Papa, il direttore del Sir spiega come “sulle parole di Francesco non ci sia bisogno di mediazioni”. “Parla in maniera diretta. Leggere attentamente le sue parole ci aiuterebbe a fare il nostro lavoro molto meglio”. Sul futuro della professione giornalistica, Vecchiarelli ha sottolineato che “abbiamo a che fare con mezzi di comunicazione in continua evoluzione”. “Dobbiamo scegliere come presentare i nostri contenuti. Non ci dobbiamo sottrarre a quello che sta accadendo: anche Twitter e Instagram parlano a una comunità ristretta e non hanno le nostre fonti. Noi possiamo dire qualcosa di nuovo sempre. Questo ci rende sempre competitivi. Possiamo piuttosto utilizzare i social per arrivare alla pancia del Paese senza rinunciare al nostro know how, che non è vecchio”.

Vincenzo Morgante, direttore di Tv2000 ha sottolineato come l’emittente della Cei abbia una “rubrica quotidiana per raccontare e commentare la giornata, gli atti e i documenti del Papa. Ma Francesco è una sorpresa continua”. “I colleghi, giornalisti e tecnici, sono pronti a rivoluzionare la scaletta in base alle circostanze. Papa Francesco ha ben chiaro il suo obiettivo: ha un sentire della quotidianità particolarissimo – ha osservato -. Nella Messa da Santa Marta tutte le mattine, durante il picco della pandemia, ha ricordato tutte le persone e tutte le categorie della società”. A proposito della messa mattutina, Morgante ha evidenziato che “ci siamo resi conto che fosse un servizio per le persone a casa”. “Quindi, finita la diretta della Messa del Papa, abbiamo continuato a tenere l’appuntamento con la celebrazione”. Poi, l’attenzione si è spostata sul “tempo del digitale”, che “porta tutti noi all’impegno straordinario di far capire a tutti che Cristo si segue, non si precede, e occorre dare gli strumenti per portare Cristo a chiunque”. “È una sfida impegnativa ma esaltante. Se siamo una minoranza, abbiamo il dovere di essere una minoranza profetica”. Infine, l’idea delle sinergie tra Avvenire, Sir e Tv2000: “Bisogna riuscire nel futuro ad arrivare a una sinergia operativa molto spinta, ognuno senza perdere la specificità del proprio mezzo. Ce lo imporrà l’evoluzione tecnologica”. “Noi vogliamo fare servizio pubblico e per farlo vogliamo parlare a tutti sotto il profilo dell’età e degli interessi, offrendo contenuti credibili e moderni – ha concluso Morgante -. Con la speranza che chiunque possa trovare qualcosa che lo interessi oppure trovare delle sorprese che gli stimoli interessi e possa rimanere. Da un paio d’anni cominciamo sulla fascia dei 25-54 enni ad avere un aumento di telespettatori. Sono ancora numeri piccoli ma significativi. C’è un trend che si va consolidando”.

Per Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, “Il rischio rispetto ai nuovi mezzi di comunicazione è che la sintesi dei nuovi media ci porta a vivere il tempo degli slogan. Questo fa perdere la profondità degli argomenti che ci portano a capire che cosa stiamo vivendo”. Trovando similitudini tra Papa Francesco e Paolo VI, Tarquinio ha osservato come le parole di Bergoglio, in particolare, durante il picco della pandemia, fossero indirizzate anche ai non credenti. Poi, l’attenzione si è spostata sull’impegno dei media. “Abbiamo raccontato un passaggio di testimone nel volontariato italiano durante il picco della pandemia. Questo volontariato è testimonianza per fare vedere Cristo ai non credenti”. Citando la sua risposta a un lettore, Tarquinio ha osservato poi che “il virus anticristiano e antisolidale è l’autoreferenzialità”. “Con l’individualismo spinto al fatto che conta solo ‘quello che dico io’. Questo vale anche sui vaccini, come nel caso di chi, da credente, si professa contrario. Così da essere sovrapponibile a chi fa la battaglia da non credente in favore dell’eutanasia. Il cattolico cammina sulla terra per cambiare la terra”. Infine, Tarquinio ha rivelato un dato: “Pagnoncelli mi conferma che i lettori di Avvenire leggono il giornale tra i 45 e i 50 minuti. È una scelta. Cerco di fare, con i vecchi contenitori, un giornalismo con fatti che non hanno cittadinanza mediatica – ha detto -. Fare un giornale non è mettere in circolazione slogan o fare un’informazione selfie, cercando le notizie selezionate che confermano le opinioni che si hanno. In questo caso, non c’è quell’esercizio di mettersi in discussione cercando la verità dentro i fatti. Se perdiamo lo strumento giornale, perdiamo la possibilità di capire quello che il pensiero dominante non mette all’attenzione del pubblico”.