Italia

Giornata per la vita: dalla parte dei più poveri

«Se c’è una cultura della vita, c’è anche uno spazio possibile per la famiglia, per i più piccoli, per gli anziani, per la vita fragile, e quindi anche per le famiglie in situazione di crisi economica»: così don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio di pastorale familiare della Cei, commenta il documento «La forza della vita, una sfida nella povertà» (Testo integrale) che il Consiglio episcopale permanente ha diffuso nei mesi scorsi in vista della 32ª Giornata nazionale per la vita che si celebra il 7 febbraio. «I due temi – afferma don Gentili – sono legati e se si mette la persona al centro, c’è anche solidarietà tra famiglie che vivono la crisi, scoprendo che il vero benessere non è la ricchezza economica, ma è dato da una relazione rinnovata tra persone che possono entrare in comunione. È quindi possibile cogliere l’occasione della crisi economica per una nuova solidarietà tra le famiglie, capace di arricchire tutti pur in un momento di difficoltà e di penuria di beni e risorse materiali».

Rapporti rinnovati. Il documento per la Giornata per la vita afferma in apertura che «chi guarda al benessere economico alla luce del Vangelo sa che esso non è tutto, ma non per questo è indifferente. Infatti, può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana». Don Gentili commenta che, «alla luce di queste parole si comprende perché la povertà è un consiglio evangelico. Essa non significa che non dobbiamo avere sollecitudine verso le situazioni di miseria, o delle difficoltà di famiglie numerose, oppure per orari di lavoro sempre più schiaccianti, con la domenica che in qualche modo sparisce dalla vita familiare. Sono tutti fattori di tensione che dobbiamo comprendere e affrontare, consapevoli anche che se riempiamo di vita di solidarietà tutti ne beneficiano. È in famiglia che nasce il sostegno nell’accudire i figli, nel sostenere gli anziani, nel guardare gli ammalati. Senza famiglia – aggiunge don Gentili – non c’è cultura della vita in tutte le sue diverse manifestazioni. Occorre quindi cogliere l’occasione rappresentata da un momento di povertà come l’attuale per attivare rapporti rinnovati, costruire reti di relazioni tramite le associazioni, nelle comunità parrocchiali, aprendosi alle nuove povertà>.

Orizzonti sconfinati. Il documento ricorda ancora che «la disponibilità di mezzi materiali, arginando la precarietà che è spesso fonte di ansia e paura, può concorrere a rendere ogni esistenza più serena e distesa». E in questo senso – secondo don Gentili – «questa Giornata può aprire orizzonti sconfinati di vita nelle nostre comunità ecclesiali, dove la famiglia diventa la cellula di nuove e vivificanti relazioni umane. In questo senso le Chiese locali in Italia sono state sollecitate con una lettera rivolta a tutti i parroci perché la Giornata per la vita sia davvero uno stimolo a ricomprendere la famiglia come cellula da cui possono uscire energie nuove e vivificanti per tutti».

Il bene più grande. La parte conclusiva del messaggio afferma: «Anche la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita. Essa, infatti, ci spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande».

Dalla parte dei più poveri

di Angelo PassalevaAlla radio – non so se anche in televisione perché la guardo poco – c’è un annuncio pubblicitario che parla di un cibo contenente anche carne fresca per «gatti e cani raffinati». Non so quanto costi, ma certamente non poco se si tiene conto dei prezzi esorbitanti delle pubblicità sui mezzi di comunicazione. Ne consegue che anche le persone che si permettono il lusso di nutrire con bocconcini prelibati e costosi i propri animali domestici non saranno poche. Mi chiedo allora, e certamente non solo per questo piccolo particolare, se veramente esiste questa crisi finanziaria di cui si parla in termini così catastrofici. Certamente sì, ma il fatto è che questa fa tremare pochi milioni di persone che temono di dover affrontare qualche rinuncia, magari smettendo di comprare prelibatezze per i propri protetti o rivedendo il programma di crociere sulla «barca» di proprietà; riduce, per una gran parte di altri cittadini del mondo «occidentale», le capacità di acquistare beni superflui, non indispensabili per una vita dignitosa; ma getta nella miseria milioni e milioni di esseri umani che già vivono in condizioni di povertà nel nostro e nel terzo mondo.In un mio recente viaggio in India ho potuto costatare ad esempio che, a causa della crisi finanziaria, gli Stati Uniti hanno interrotto l’invio di farina di cereali alle missioni, creando gravi difficoltà per l’alimentazione delle popolazioni locali e specialmente di tanti bambini che sono al limite della sopravvivenza. È probabile che nel giro di alcuni mesi le leggi del mercato e gli interventi degli Stati toglieranno dall’«angoscia» i grandi ricchi, ridaranno tranquillità a una buona parte di quelli che già vivono nell’abbondanza, ma i più poveri aumenteranno di numero o rimarranno in condizioni di miseria. Le sole leggi dell’economia di per sé non generano giustizia. Il profitto, infatti, tende a rimanere nelle mani di chi lo produce, e difficilmente genera una giusta distribuzione della ricchezza prodotta, se non si modificano le regole. È quindi urgente un cambiamento radicale.

Mi ha colpito, recentemente, una frase scritta da un amico, magistrato della Corte di Cassazione – Giuseppe Anzani – a commento dell’Enciclica «Caritas in Veritate» (in: Dionigi Tettamanzi, Etica e Capitale, Rizzoli ed., pag.129): «Si può credere che la relazione umana sia un rapporto fra lupi. Oppure un disegno che li chiama fratelli. Si possono quindi dettare regole in cui la paura e l’ostilità presidiano le sicurezze e regole in cui la solidarietà anticipa i bisogni e la gratuità prevale sul tornaconto». La logica dell’economia del dono, che è uno dei punti centrali nel pensiero sociale della Chiesa, è stata attualmente ribadita con forza ed esplicitata con chiarezza da Benedetto XVI in continuità con quanto maturato in oltre un secolo di riflessioni sulle politiche sociali alla luce della Fede e della ancor più lunga tradizione cristiana.

A ben pensare le attuali regole del mercato e le leggi che le governano sono dettate dalla paura. Paura di perdere posizioni di supremazia da parte degli Stati o di veder ridotte le proprie condizioni di ricchezza da parte di singoli cittadini. La «recessione» spaventa particolarmente i ricchi ed è considerata come il «peccato mortale» delle società moderne. Il profitto infatti rappresenta molto di frequente il fine ultimo delle imprese (e dei singoli) anche se questo comporta cassa integrazione, licenziamenti, disoccupazione. La vicenda di Termini Imerese ne è uno dei tanti esempi di questi giorni.

Il messaggio dei Vescovi italiani per la trentaduesima giornata per la vita, che ha per titolo: «La forza della vita: una sfida nella povertà», prende lo spunto proprio dalla recente enciclica sociale data a Roma in occasione della solennità dei SS apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno 2009. La attuale crisi economica, scrivono i Vescovi, causa povertà e mancanza di lavoro, con conseguenze disumanizzanti; ma le sole leggi del profitto e dell’economia non servono perché creano «forti diseguaglianze sociali e feriscono e offendono la vita colpendo soprattutto i più deboli e indifesi».

E proprio dei rischi per la dignità della vita umana, in particolare per quella nascente, si preoccupa la Conferenza Episcopale Italiana. Molte famiglie, infatti, potrebbero trovarsi in gravi difficoltà per l’arrivo di una nuova vita. Le leggi della paura potrebbero suggerire scelte drastiche in netto contrasto con la tutela della vita umana, mentre quelle della solidarietà e della gratuità del dono possono ridare serenità e disponibilità all’accoglienza. Mancano nel nostro Paese provvedimenti significativi per le famiglie numerose, mancano sostegni economici alle mamme che non hanno risorse adeguate per sostenere dignitosamente una nuova creatura in arrivo. Negli asili nido pubblici non è disponibile un numero sufficiente di posti che garantiscano prezzi contenuti; in molti comuni le iniziative per l’edilizia residenziale pubblica sono carenti.

Particolarmente in periodi di crisi è necessario il rilancio delle politiche sociali, come motore non solo di tutela delle classi povere che sono le più colpite, ma anche della ripresa economica. Ricordano, i Vescovi italiani, che in fasi storiche come la presente si può «riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri» e si può più facilmente capire «che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio». Ne è testimonianza l’azione di volontariato svolta dai Centri di Aiuto alla Vita italiani i quali, nei trentatrè anni dalla fondazione (il primo è stato quello di Firenze), hanno salvato la vita a oltre 110.000 bambini e bambine il cui destino sembrava essere segnato da un certificato di aborto.«Proprio il momento che attraversiamo» conclude il documento della Conferenza Episcopale Italiana, «ci spinge a essere ancor più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza». È un appello a tutte le comunità locali, alle associazioni, alle persone di buona volontà: a farsi carico di ogni famiglia, di ogni mamma in difficoltà per l’arrivo di una nuova vita. Anche su questo saremo giudicati: «ero una piccola persona non ancora nata e voi…»! Livorno, una settimana per la cultura della vitadi Nicola Sangiacomo

La vita, il bene più grande, lo hanno ribadito i Vescovi italiani nel recente nessaggio per la giornata della Vita, citando un passo dell’enciclica «Caritas in veritate» di Benedetto XVI laddove afferma che «l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica». Su questo valore fondamentale la Chiesa livornese, attraverso il servizio diocesano per il Progetto Culturale e la Consulta delle Aggregazioni Laicali, ha programmato – dal 6 al 12 febbraio –  una settimana di riflessione e preghiera. Un programma intenso che si basa sulla convinzione che sia necessario allargare il confronto culturale sul tema della vita per poterlo fondare su basi razionali e condivise anche da chi non è cristiano.

La settimana sarà inaugurata sabato 6 (ore 21, Centro culturale diocesano di via delle Galere, 35) da una tavola rotonda sul tema «La forza della vita: una sfida» alla quale interverrà, tra gli altri, Dino Boffo, già direttore di Avvenire, in una delle sue prime uscite pubbliche, dopo la nota vicenda che lo ha così duramente colpito la scorsa estate tanto da provocarne le dimissioni. La riflessione proseguirà (mercoledì 10, ore 18) con la conferenza dal titolo «Dalle stalle alle stelle» tenuta dall’astrofisico Piero Benvenuti, uno degli scienziati del settore più autorevoli in campo internazionale. Significativa in questo caso anche la sede della conferenza, che sarà l’Accademia Navale di Livorno, ovvero quella che è conosciuta in Italia come l’università del mare e che inaugura così una collaborazione feconda con la diocesi livornese. Il programma prevede anche una messa presieduta dal vescovo Simone Giusti (ore 18,30, in cattedrale) nella domenica in cui si celebra la Giornata della Vita e una preghiera speciale nella Giornata del Malato presso la cappella dell’Ospedale di Livorno (11 febbraio, ore 16). La settimana si concluderà (venerdì 12, alle 21, parrocchia Salesiani) con un intervento del professor Puccetti, docente di bioetica e fondatore dell’associazione Scienza e Vita, sul tema «L’uomo indesiderato».

Alla base di questo programma, al quale hanno contribuito molte realtà ecclesiale livornesi, c’è l’ispirazione di monsignor Giusti che ha voluto far confluire l’impegno per la Vita nel percorso del Progetto Culturale diocesano che ha voluto riassumere nello slogan «Verso Livorno città ideale» che evoca il disegno originario della città, a forma pentagonale, voluto dall’artista e scienziato fiorentino Bernardo Buontalenti. Un percorso che ha avviato già due anni fa, appena arrivato alla guida della diocesi, con varie iniziative tra le quali quella del tavolo dell’oggettività, ovvero un luogo di confronto e dialogo periodico tra il Vescovo e i Primari dell’Ospedale cittadino sui temi essenziali dell’etica e della salute, interpretati e riletti alla luce della scienza e della fede.

«Il Progetto Culturale – ha scritto monsignor Giusti – diventa così il luogo di riflessione e di dialogo nel quale arrivare ad un antropologia condivisa da tutti, al di là delle fedi e delle culture; un’antropologia da cui potrà fondarsi la promozione di un città per l’uomo». Su queste basi si fonda il cammino del progetto culturale promosso dalla Chiesa livornese, che ha già visto realizzarsi due assemblee plenarie nelle quali monsignor Giusti ha chiamato a confrontarsi sui temi dell’ultima enciclica oltre cinquanta referenti diocesani, membri delle diverse commissioni che si sono formate sui vari ambiti di riflessione della cultura odierna. La convinzione di monsignor Giusti è che si stia preparando una nuova civiltà che si fonderà sulla soluzione di alcune grandi questioni antropologiche che si dibattono in questi anni. In questo dibattito la Chiesa ha tanto da dire e lo deve fare con la massima competenza possibile e in dialogo con le altre culture. È il percorso che il Vescovo di Livorno sta proponendo ai cittadini della sua diocesi e che vorrebbe allargare a tutta la Toscana per farne «la terra del rinascimento di un nuovo umanesimo».

Firenze, Festa per Agata Smeralda

Festa di compleanno a Firenze, in occasione della Giornata per la vita, per l’associazione «Agata Smeralda», che si occupa principalmente di adozioni a  distanza e che prende il nome dalla prima bambina accolta dagli Innocenti. Si inizia sabato 6 alle 17, al Convitto della Calza (piazza della Calza, 6), con il coro polifonico «Odegitria». A seguire presentazione del dvd intervista di Mauro Barsi a don Renzo Rossi: «Vivere la speranza. Quattro anni di vita missionaria in Mozambico», e poi esibizione folcloristica con balli tipici della Valle d’Itria. Domenica 7, alle 15, la festa si sposta in piazza SS. Annunziata con la deposizione dell’omaggio floreale dove fu abbandonata nel 1445 Agata Smeralda. Alle 15,30, nella Basilica della SS. Annunziata, dopo il saluto di mons. Rafael Biernaski, proiezione di un video sulle attività dell’Associazione e consegna da parte dell’arcivescovo Giuseppe Betori del premio «Prima di tutto la vita» alla città di Locorotondo. La somma (5.200 euro) sarà destinata a suor Lina Perrini e a suor Giuseppina Romanazzo, missionarie saveriane, cittadine di Locorotondo, che da molti anni operano a Bukavu in Congo a favore di bambini disabili e orfani di guerra. A seguire, prima della Messa in cattedrale per la «Giornata per la vita», testimonianze missionarie.

Nelle Diocesi

FIESOLE. «Famiglia e crisi economica. Nuovi stili di vita»: questo il titolo della due giorni organizzata il 6-7 febbraio dalla Diocesi di Fiesole (Commissione famiglia diocesana e Caritas) presso la parrocchia del Pestello a Montevarchi. Si comincia sabato 6 febbraio alle 16 la relazione di don Virginio Colmegna, della Casa della Carità di Milano. Alle 21,15 uno spettacolo: la lettura drammatizzata tratta da «L’isola sconosciuta» di Josè Saramago, a cura Simona Gonnelli, Alessandro Ricci e Associazione Scaramouche. Domenica 7 febbraio si ricomincia al pomeriggio (15,30) con la preghiera con il vescovo Luciano Giovannetti e la consegna del Messaggio dei Vescovi. Alle 16,15 la tavola rotonda «Quali nuovi stili di vita per la famiglia». Partecipano: Ugo Biggeri (presidente Fondazione Banca Etica), Luca Gualdani (referente regionale associazione famiglie numerose), Leonello Ridi (Caritas), Pietro Reitano (direttore rivista «Altraeconomia»). Moderatore Massimo Orlandi della Fraternità di Romena.

FIRENZE. Il Centro Diocesano di Pastorale Familiare – in collaborazione con il Mpv Fiorentino – ha organizzato due incontri in preparazione alla «Giornata». Dalle 9,30 alle 12.30 di sabato 6 febbraio, nel salone del Convitto La Calza, alla presenza di mons. Betori si svolgerà una tavola rotonda dal titolo «Schiavi delle libertà» rivolto in prima persona agli studenti delle scuole medie superiori, ma aperto a tutti. Coordinati dalla giornalista Anna Laura Folena daranno la loro testimonianza Chiara Amirante (fondatrice della comunità «Nuovi Orizzonti»), Giovanni Moschini (fondatore del «Gruppo Valdinievole lotta alla droga»), Alessandro D’Avenia (insegnante, scrittore, esperto di comunicazione), Diego Cremona (della Commissione regionale di Bioetica) e il cantante Nek.  La sera di sabato, alle 21, si svolgerà invece una Veglia di Preghiera nella chiesa di San Salvatore al Monte, guidata dal vescovo ausiliare Claudio Maniago. Domenica 7, dopo la festa per «Agata Smeralda», alle 17,30, in cattedrale, Messa presieduta dall’arcivescovo Giuseppe Betori.

PISA. Nei sagrati delle chiese della diocesi, i volontari del Cav di Pisa offre primule. Domenica 7 febbraio a Pisa (15.30, casa della Città Leopolda) la consulta diocesana delle aggregazioni laicali e il tavolo delle associazioni «famiglia & vita» promuovono un dibattito con Domenico Delle Foglie, editorialista di Avvenire e di Toscana Oggi e portavoce nazionale dell’Associazione «Scienza & Vita», Antonio Oriente, ginecologo siciliano, medico abortista «convertito» e Angela Gioia, medico responsabile dell’hospice di Pisa.

PRATO. Le celebrazioni a Prato per la «Giornata» sono cominciate mercoledì 3, con una veglia con i giovani a Sant’Anna, organizzata da Mpv, Cav e Pastorale giovanile. Sabato 6, alle 18, Messa in Cattedrale, celebrata da don Basilio Petrà, animata da Mpv e Cav e dal coro parrocchiale di Gesù Divin Lavoratore. Nel primo pomeriggio, i rappresentanti di Mpv e Cav porteranno alle mamme in ostetricia all’ospedale Misericordia e Dolce, le tradizionali primule, con un messaggio di felicitazioni. Dalle 14,30, stand in piazza del Duomo per «Un fiore che sboccia per una vita che nasce», vendita di piantine di primula per raccogliere fondi per il Cav e per Casa Aurora, casa-famiglia per mamme in difficoltà. Lo stand rimarrà aperto anche tutta la domenica. Vendita di piantine anche in una quarantina di parrocchie, all’uscita delle messe prefestive del sabato e di quelle della domenica. Domenica alle 19 il vescovo Gastone Simoni celebra la messa in Cattedrale con Mpv e Cav e il coro di San Filippo Neri della parrocchia della Sacra Famiglia.

Arriva la Ru486 ma in Toscana non va di Andrea Bernardini

L’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha autorizzato la commercializzazione del Mifepristone (meglio conosciuto come Ru486) negli ospedali di tutto il nostro Paese. Ma la richiesta di aborto chimico è decisamente in calo. Così, almeno, in Toscana. Secondo i dati forniti dagli uffici regionali, gli aborti praticati con l’uso combinato di Ru486 e prostaglandine erano stati 394 nel 2006, 224 nel 2007, 141 nel 2008 ed appena 47 nel primo semestre del 2009. Un trend dunque, in costante calo. E comunque una goccia nel mare del totale degli aborti consumati in Toscana: 8.879 nel 2006, 8.077 nel 2008.

Il primo ad introdurre l’uso della pillola abortiva in Toscana, com’è noto, fu il ginecologo Massimo Srebot nel novembre del 2005. La via toscana si è poggiata per quattro anni su un semplice criterio: niente sperimentazione stile Torino, ma, semmai l’equiparazione della Ru486 ad una qualunque medicina disponibile solo all’estero. Quindi importabile – per un decreto del ministero della sanità del 1997 – se salvavita (ma la Ru486 quale vita salva?) e in assenza di una alternativa terapeutica. Ecco dunque la procedura: far arrivare il Mifepristone direttamente dalla ditta produttrice, la Exelgyn di Clermont-Ferrand.

Da allora ad oggi a Pontedera sono stati praticati circa 400 aborti con la Ru486. A Pontedera si sono affiancati, nel tempo, gli ospedali di  Siena e di Empoli e, in rari casi, anche quello di Pescia. A Siena, però, dopo il pensionamento del ginecologo Cosimo Facchini, che per mesi ha praticato anche l’aborto chimico, nessuno più lo ha sostituito in questa  prestazione. Ad Empoli il «servizio» è sospeso da circa un anno. «Non  avevamo le risorse sufficienti per portarlo avanti» fanno sapere  dall’Azienda Usl 11. Sì, perché tre giorni di ricovero ordinario, così come previsto dal protocollo regionale, impegna più personale di quello  impiegato in un aborto chirurgico in regime di day hospital.

Altri presidi ospedalieri l’aborto chimico non l’hanno mai praticato. A Firenze, l’unico dei sei ospedali dove si pratica l’aborto, è il «Piero  Palagi» di viale Michelangelo. Ma in questi anni domanda di aborti  chimici – ci dicono – non ci sono state. Stessa risposta all’ospedale di Livorno. A Pisa, ginecologia è ospedaliera ed universitaria. Nella prima,  fino a non molto tempo fa, i medici ginecologi erano tutti obiettori. Adesso solo due ginecologi si sono resi disponibili per l’aborto. «Ma non  abbiamo mai ricevuto richiesta di Ru486», ci dice il primario Maria Giovanna Salerno. Adesso Srebot, a Pontedera, è stato sostituito dal collega Giorgio Guazzanelli, per andare a dirigere l’omologo reparto di Volterra. Dove  immediatamente ha fatto sapere di essere disposto ad accogliere donne che  intendono abortire con la Ru486. Ma la procedura, come ha rilevato lo stesso ginecologo, è ferma, proprio ora che è arrivato l’ok dell’Aifa alla commercializzazione. Questione di  giorni: la Exelgyn non avrebbe ancora finito di stampare le scatole ed i  bugiardini in lingua italiana e, d’altronde, non è più possibile  accedere  al prodotto dalla vecchia procedura dell’importazione ad personam, adesso  che la pillola abortiva è stata inserita negli stessi prontuari italiani.

E come intendono organizzarsi i reparti di ginecologia, ora che l’aborto  chimico è stato inserito tra i cosiddetti Lea, ovvero i livelli  essenziali di assistenza e, dicono all’assessorato regionale, ogni donna potrà legittimamente chiedere la Ru486 per abortire in ogni ospedale  della Toscana? La domanda coglie di sorpresa un po’ tutti. «Se ne occuperanno i professionisti che praticano aborti» la risposta più ricorrente.