Italia

Giovani e lavoro: La disoccupazione oscura ogni futuro

Nel 2010 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è stato pari al 27,8%, in aumento di 2,4 punti percentuali rispetto al 2009. Si tratta, dice l’Istat, «del valore più alto dell’ultimo decennio». Nel 2001, infatti, era del 23,1%. A dicembre, secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione sale all’8,9% con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a novembre e di 0,8 punti rispetto all’anno precedente. L’Istat rileva che a dicembre gli occupati sono 22.903 mila, un livello sostanzialmente invariato rispetto a novembre, in presenza di un calo della componente maschile e di una crescita di quella femminile.

Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione diminuisce dello 0,1% (-23 mila unità). Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, stabile nel confronto congiunturale e in diminuzione in termini tendenziali di 0,1 punti percentuali. Il numero dei disoccupati, pari a 2.243 mila, aumenta dello 0,9% rispetto a novembre (20 mila unità). L’incremento è dovuto esclusivamente alla componente maschile. Su base annua si registra una crescita del 10,9% (221 mila unità). Il tasso di inattività si posiziona al 37,5%.

«Se l’Italia vuole avere un futuro, è obbligata a cambiare: altrimenti, la storia e la tradizione italiana si esaurirà e saranno altri a portarla avanti sul nostro suolo», commenta questi dati il sociologo Mario Pollo. La disoccupazione giovanile – spiega – «è un segnale preoccupante di una società, come quella italiana, che sta invecchiando, che non è proiettata verso il futuro: non solo perché non genera una nuova generazione, ma perché nei confronti di quei pochi che genera attua una sorta di moratoria, li congela e tende a inserirli nella vita produttiva, sociale e politica quando non sono più giovani da un pezzo». Uno dei fattori determinanti di questo «oscuramento del futuro», spiega Pollo, è proprio la carenza del lavoro: «I giovani sanno che, qualsiasi percorso sceglieranno, avranno alte probabilità di non riuscire a trovare un lavoro aderente a quello per cui hanno studiato. Così molti di loro si rassegnano a vivere giorno per giorno, e questa precarietà mina la loro progettualità, la loro capacità di sognare». Per invertire questa tendenza, conclude Pollo, «occorre un cambio di rotta radicale: oggi, invece, ci si limita a fare “buoni parcheggi” per i giovani, ma mancano politiche tese a far sviluppare la loro capacità di costruirsi il lavoro e la vita».

Per Cristiano Nervegna, segretario di Forma (associazione nazionale enti di formazione professionale) è «imbarazzante un dato così elevato di disoccupazione giovanile per il nostro Paese. Se si tiene conto del fatto che i numeri presentati riguardano persone che, comunque, partecipano al mercato del lavoro, senza contare che ci sono circa due milioni di ragazzi che non studiano e non lavorano (i Neet in Italia continuano ad aumentare), la dimensione del fenomeno assume dimensioni molto preoccupanti». Le cause di tale situazione, sottolinea, «devono essere ascritte, certamente, all’attuale crisi economica, che ha però soltanto ampliato tendenze già presenti. Dalle politiche del lavoro, all’istruzione, alla promozione d’innovazione e ricerca, l’Italia non sembra considerare i giovani come una risorsa per il futuro del Paese». Questa, avverte Nervegna, «che si configura come una frattura sociale sempre più evidente, richiede un’attenzione forte e specifica, così come l’impegno coordinato di politiche che, partendo dalla scuola e dalla formazione professionale (che deve essere rilanciata e promossa), arrivino a offrire percorsi professionali che non sfocino, sistematicamente, in una precarietà senza sbocco. Recuperare futuro e progresso sociale, per queste generazioni, vuole dire, però, anche meno privilegi per alcune classi sociali e più meritocrazia in un mercato del lavoro efficiente». Secondo l’esperto, «le soluzioni a questi problemi ci sono. Così come esempi di azioni che si sono rivelate efficaci e buone prassi da diffondere».

Per Michele Colasanto, docente di relazioni di lavoro all’Università Cattolica di Milano, ci sono due problemi «che affannano i giovani». Il primo «riguarda la discrasia tra titoli di studio conseguiti dai ragazzi e quelli richiesti dalle imprese e il secondo, il troppo tempo che passa per trovare un impiego». Secondo Colasanto, «per aiutare i giovani bisognerebbe far crescere complessivamente il Paese esplorando nuove direttrici di sviluppo. Settori su cui agire potrebbero essere quello dell’ambiente, della cura del patrimonio artistico, del lavoro delle donne, che può essere incentivato se sostenuto da servizi alla famiglia». Infine, conclude, «bisognerebbe ragionare in termini di percorsi d’ingresso, valorizzando per esempio l’apprendistato come strumento diretto a consolidare l’avvio al lavoro dei giovani».

Quale lavoro? L’associazionismo fa rete

di Claudio Turrini

Secondo i recenti dati Istat, un giovane su tre – tra quanti si affacciano al mercato del lavoro – rimane disoccupato. Di fronte a dati così drammatici il Movimento Lavoratori di Azione cattolica (Mlac), insieme all’Opera per la gioventù «Giorgio La Pira», alla Confcooperative e alle Acli toscane – come ci spiega Lavinia Bernardini, incaricata regionale del Mlac – «hanno scelto di agire non individualmente», ma di «fare sinergia», per offrire ai giovani «il miglior contributo che ognuna delle nostre associazioni poteva mettere a disposizione». È nata così l’idea di un corso di formazione («Tutti per il lavoro! Il lavoro per tutti»), che si svolgerà al Centro Studi Cisl di Fiesole dal 17 al 19 febbraio. Sostenuto dalla Regione Toscana, si inserisce in un percorso di formazione per i giovani, che il Mlac ha intrapreso due anni fa, con diverse iniziative nelle diocesi toscane. «Durante questo breve corso di formazione – ci spiega Lavinia Bernardini – percorreremo insieme a mons. Paolo Tarchi (venerdì 17, alle 21,15), un percorso che parta dal senso cristiano del lavoro, dove il suo significato etico, di gratuità, rispetto del creato e giustizia, non è in contraddizione con la sua finalità produttiva. Il buon lavoro crea infatti sviluppo e crescita. Con Piero Tani, professore emerito di economia politica, analizzeremo (domenica, alle 9) i motivi per cui il sistema economico su cui si reggeva la nostra economia è crollato così miseramente. E allora su quale nuovo sistema investire? Quale nuovo equilibrio ricercare senza creare sproporzioni e diseguaglianze? Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet (sabato 18, alle 15), si confronterà con noi per dare risposte a queste e a tutte le domande che i nostri giovani vorranno porgli». Sempre nel corso del seminario (sabato alle 9) Claudia Fiaschi «affronterà la tematica del sistema cooperativo che riesce – anche in epoca di crisi – a creare occupazione e Riccardo Cerza, Segretario regionale Cisl, parlerà delle forme contrattuali e dei diritti e doveri dei lavoratori». Sempre sabato, alle 18, Carlo Andorlini, responsabile del progetto «Giovanisì» della Regione, si confronterà con i giovani sulle iniziative in tema di lavoro, tirocini e fare impresa. Il metodo è «quello del laboratorio». Per questo il numero dei partecipanti è limitato per facilitare il confronto.

«Il mondo non si cambia da soli – ci dice ancora la responsabile del Mlac –. La storia ci dimostra che i più fragili, le minoranze… hanno sempre ottenuto il riconoscimento dei loro diritti e della loro identità unica ed originale solo quando si sono messi insieme. Sosterremo i giovani affinché nascano gruppi nelle parrocchie, nelle città, nelle scuole, dove si parli di lavoro, dove possano nascere idee e una nuova cultura che metta l’uomo al centro. Più libera e più salvifica. Per il loro e per il nostro futuro».

«L’emergenza occupazionale è il termometro reale della crisi e dal suo rilancio dipende la capacità del nostro paese di ripartire». Claudia Fiaschi, presidente del Consorzio della cooperazione sociale «Gino Mattarelli, che a livello nazionale rappresenta la più articolata rete organizzata del non profit per i servizi alla persona (mille cooperative sociali), sottolinea le tre «emergenze» sul fronte occupazionale: gli over50, «icona di un’emergenza occupazionale che porta anche il volto di nuove fragilità e povertà, individuali e familiari», quella giovanile, «che misura la distanza del paese dalla speranza di futuro in termini di sviluppo economico, benessere, coesione sociale e sostenibilità del sistema» e quella femminile «che misura la distanza del paese in termini di capacità di valorizzare al meglio giacimenti inutilizzati di saperi e competenze, supportando i processi occupazionali con adeguati strumenti che consentano alle donne al lavoro di non rinunciare a progetti familiari, di maternità, di cura ed educazione dei propri figli e più in generale dei propri familiari». Per ripartire – ci dice ancora Claudia Fiaschi – è «necessario rimettere in gioco i giacimenti inutilizzati del paese, come l’ambiente, il territorio, l’energia». Settori che sembrano «rappresentare oggi altrettante emergenze», ma che «in realtà sono spazi per progettualità possibili, capaci di generare un nuovo sviluppo economico, attento al territorio, di sviluppare occupazione locale e di far ripartire il circolo virtuoso tra l’occupazione ed il valore che genera». Perché «oggi più che mai l’Italia ha bisogno di occupazione “utile”, quella che vale non solo per il reddito che distribuisce al lavoratore, ma per il valore dei beni e dei servizi che restituisce alla comunità.

Per ulteriori informazioni ed eventuali adesioni, inoltrare un’e-mail all’indirizzo mlac@aclivorno.it oppure telefonare a Lavinia (incaricata regionale MLAC) al 338 7626001

Riccardo Cerza (Cisl Toscana): «Rafforzare l’apprendistato e governare la flessibilità»

«Mai la disoccupazione giovanile era arrivata a livelli così alti in Italia, mai il divario rispetto all’Europa era stato così forte». È un grido d’allarme quello che lancia Riccardo Cerza, segretario generale Cisl Toscana. «Sarebbe però un errore concentrare la nostra analisi solo sulle dinamiche del mercato del lavoro senza allargare la riflessione alla questione valoriale ed educativa del rapporto tra giovani e lavoro. Sui giovani – prosegue Cerza – dobbiamo riportare la discussione sul loro essere soggetti attivi, sui problemi reali che essi devono affrontare rispetto alle trasformazioni del lavoro e dei tessuti produttivi oltre che sul ruolo che la scuola e la formazione professionale rivestono nel preparare, non solo tecnicamente, i lavoratori del domani. Serve un nuovo umanesimo del lavoro articolato sull’etica della responsabilità e dell’impegno di ogni persona nel proprio percorso di formazione e lavoro».

Due le linee di frattura sociale su cui occorre intervenire: «Una crescente separazione tra scuola e lavoro, che determina una grande difficoltà dei giovani ad incrociare la domanda di lavoro; un blocco dell’accesso al lavoro dovuto alla crisi economica». Per il segretario della Cisl toscana «la prima misura per favorire l’approdo dei giovani ad un’occupazione stabile è il rafforzamento dell’apprendistato, che deve diventare un vero contratto di primo lavoro, anche attraverso il rafforzamento delle incentivazioni».

«Ma il vero tema a cui dare risposta – prosegue Cerza – è come governare la flessibilità con un adeguato sistema di tutele per i lavoratori flessibili. La flessibilità va regolamentata, per contrastare gli abusi che danneggiano i giovani. Il lavoro flessibile deve essere pagato di più e tutelato maggiormente. Il contratto di somministrazione abbina flessibilità a tutela contrattuale insieme agli strumenti della bilateralità come formazione, fondo previdenziale, welfare e ammortizzatori sociali».

Cgil: Assunzioni in calo

I più colpiti sono gli under 34E’ un vero e proprio bollettino di guerra quello dell’occupazione in Toscana, con tante vittime. I più colpiti sono i giovani: le fasce tra 15 e 24 anni (-9,7%) e da 25 a 34 (-11,8%) è sono quelle maggiormente penalizzate dalla diminuzione dei nuovi avviamenti al lavoro nell’ultimo trimestre 2011. Il calo tuttavia è molto forte anche su base media annua con un -9,6% sull’analogo periodo del 2010. I senza lavoro continuano ad essere intorno ai 113 mila, la disoccupazione per i giovani sotto i 29 anni è intorno al 18%. Peggiora complessivamente la questione lavoro: è precario l’88% dei nuovi assunti. Diminuiti ancora i contratti a tempo indeterminato (-6,6%), cresce il lavoro atipico specie quello intermittente, ora all’8%, con 14.785 «chiamate». I senza lavoro alla fine 2011 erano 113 mila, mentre è aumentato il numero delle persone in mobilità: 43.821 (+1% sul 2010 e +12% sul 2009) con punte del 13% a Grosseto e del 7% a Lucca. Calano vistosamente a Prato (-8%) e in misura minore a Pisa (-1%). È un’economia ancora in grande affanno, quella fotografata dal rapporto Ires – Cgil Toscana alla fine del 2011. La cassa integrazione chiude l’anno quasi a quota 47 milioni di ore in posizione intermedia tra il picco di 54 milioni del 2010 e i 34 milioni del 2009. Ricordiamo che i livelli pre-crisi attestavano la cassa nella nostra regione sui 9 milioni di ore. In controtendenza l’edilizia, il lapideo, i trasporti e il commercio. Per la prima volta la cassa in deroga per le piccole imprese ( 42%) diventa la prima causale di intervento, seguita dalla straordinaria e dall’ordinaria.In particolare sono 11 mila i lavoratori in cassa integrazione straordinaria, riservata alle imprese con meno di 15 dipendenti, quella che il ministro Fornero vorrebbe abolire, e 12.600 i lavoratori in cassa in deroga, prorogata a tutto il 2012, ma anch’essa in discussione secondo le linee guida presentate dal Governo. Un totale di 23.600 lavoratori quindi che vedono il loro destino messo in discussione dai propositi di riforma ora in discussione e che la Cgil reputa «confusi, demagogici e velleitari». «Il calo dei lavori a tempo indeterminato – sottolinea Daniele Quiriconi della segreteria regionale Cgil – evidenzia che negli ultimi 3 mesi sono stati messi in mobilità 5700 persone. Su base annua ci sono tra le 23 e le 24 mila persone che vengono licenziate per crisi». Rallenta la produzione industriale e le difficoltà finanziarie delle imprese, secondo il rapporto Ires Cgil, sono la prima causa delle nuove vertenze occupazionali aperte in Toscana. Una parte corposa del rapporto è dedicata a un’elaborazione condotta dai ricercatori dell’Ires Toscana su un campione di 500 mila certificazioni Isee, tra il 2007 e il 2011 con un dato non nuovo, ma impressionante: il lavoro dipendente e da pensione certifica un reddito superiore a quello di imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti che però denunciano a loro volta beni patrimoniali notevolmente superiori a dipendenti e pensionati. «È un’altra macroscopica conferma – conclude l’Ires Cgil – delle distorsioni del nostro sistema fiscale e della necessità di intervenire con riforme profonde e azioni di contrasto all’evasione e all’elusione per reperire risorse da destinare allo sviluppo».