Italia

IMMIGRATI E LAVORO NERO; PITTAU (CARITAS/MIGRANTES): «IL SOMMERSO EVIDENZIA I LIMITI DEL NOSTRO SVILUPPO»

“L’Italia fa parte dei G7, il gruppo dei paesi più industrializzati del mondo, ma ciò non la esonera da un posizionamento molto negativo per quanto riguarda l’ampiezza assunta dal lavoro nero, una realtà negativa che caratterizza anche le economie moderne ma, in maniera del tutto particolare l’Italia. Il lavoro nero ha accompagnato in larga misura lo sviluppo dell’Italia ma ora, che siamo costretti a misurarci sempre più con la concorrenza internazionale, sta evidenziando vistosamente i limiti del nostro modello di sviluppo”. E’ quanto ha detto questa mattina Franco Pittau, coordinatore del dossier Immigrazione Caritas/Migrantes intervenendo al seminario su “Immigrati e lavoro nero” promosso dall’Ufficio per la Pastorale del Lavoro, dalla Fondazione Migrantes della Cei e dalla Caritas Italiana in svolgimento a Roma.

“Nelle pieghe del lavoro nero sono coinvolti gli italiani e – ha aggiunto Pittau -, in misura ancora più preoccupante, gli immigrati. Questi sono una sorta di specchio che mostra pregi e difetti della società di accoglienza e, in particolare, la strutturazione sempre meno lineare del sistema produttivo, che ha reso più difficili i controlli e i sistemi di tutela e più precari i meccanismi di collocamento e la durata dell’impiego”. La storia dell’immigrazione nero in Italia è stata “ciclicamente connessa – ha spiegato Pittau – con la creazione di sacche di irregolarità e poi con il loro svuotamento a seguito di provvedimenti straordinari di regolarizzazione”.

“Per ben più della metà degli adulti stranieri soggiornanti in Italia – ha aggiunto Pittau – la storia migratoria è contrassegnata da queste due fasi, ma ciò non giustifica l’accondiscendenza verso tale fenomeno, che, pur connesso con le esigenze di produttività, presenta caratteristiche assolutamente inaccettabili come sfruttamento, assenza di tutela, gravissime limitazioni della libertà personale”. In realtà, questi lavoratori “sono più preparati dal punto di vista culturale; la loro voglia di affermarsi è estremamente più marcata; la loro capacità di sopportare anche livelli retributivi bassi è più grande; ma il loro impegno per restare nell’ambito della legalità, da presupporre nella maggior parte di essi, è stato reso vano dalle politiche deficitarie finora condotte in materia di ingresso e di inserimento”.

Secondo Pittau anche senza trascurare i controlli alle frontiere e le sanzioni in caso di inadempienze, l’impegno maggiore per superare “il primato del sommerso è di natura culturale” al quale va unito “un impegno sul piano legislativo, che in larga misura bisogna auspicare trasversale agli schieramenti politici” ma non meno importante è “l’impegno sul piano amministrativo, innanzitutto per quanto riguarda i permessi di soggiorno, perché la lentezza burocratica spesso allontana dalle vie della legalità e invita a rivolgersi al più celere mercato del lavoro irregolare”. Sir