Italia

IMMIGRAZIONE, BAGNASCO VISITERA’ LAMPEDUSA; FORTI (CARITAS): CONTENTI PER ATTENZIONE CHIESA ITALIANA

“Siamo contenti della visita del card. Bagnasco a Lampedusa perché dimostra una attenzione sempre più qualificata della Chiesa italiana su queste vicende”. Così commenta al SIR Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana, la notizia della visita del presidente della Cei card. Angelo Bagnasco a Lampedusa, il prossimo 18 maggio. Forti è in questi giorni a Modica (fino a domani), per l’incontro del Coordinamento nazionale immigrazione che riunisce le Caritas diocesane di tutta Italia coinvolte nell’accoglienza degli immigrati. “La presenza del card. Bagnasco – prosegue Forti – sarà particolarmente apprezzata dai lampedusani, che hanno dimostrato grande generosità nell’accoglienza, in collaborazione con la rete Caritas, in particolare con la Caritas di Agrigento. La possibilità di avere il nostro presidente a Lampedusa è il coronamento di un lavoro fatto in questi anni e ci riempie di orgoglio e di soddisfazione”. Al convegno di Modica, al quale partecipano 80 rappresentanti di 50 diocesi, ieri è stato fatto il punto sulla dimensione geopolitica nel Mediterraneo, con considerazioni sugli scenari futuri, a livello economico e sul fronte migrazioni da parte di Fabrizio Maronta, di Limes. “Dalla tavola rotonda – racconta Forti – è emerso che la macchina degli aiuti internazionali in Nord Africa, soprattutto in Libia, sconta il fatto che lì ci sono dei forti interessi (idrocarburi, petrolio, ecc.)”. “Oltre alle rivolte e ai profughi – prosegue Forti -, nei prossimi anni dovremo aspettarci maggiori cambiamenti, perché il Mediterraneo è diventato nuovamente protagonista, dopo qualche decennio in cui aveva perso il suo ruolo. Ora sta riacquistando il suo spazio attraverso i traffici che passano per il canale di Suez e vanno verso le economie forti dell’Europa”. Sul fronte sbarchi tutti concordano sul fatto che, esauriti gli eritrei che hanno già lasciato la Libia, ora arrivino soprattutto africani sub-sahariani, imbarcati dai trafficanti senza nessun controllo da parte della polizia libica. “Sta avvenendo – osserva Forti – quello che Gheddafi aveva minacciato: ‘Voi ci mandate le bombe, noi vi mandiamo le barche’, che partono però in condizioni molto precarie e pericolose”. Anche il giornalista Gabriele Del Grande, di Fortress Europe, di ritorno da Misurata, ha portato ieri una testimonianza. A suo avviso “la ribellione libica non nasce da conflitti tribali ma da un sentimento di libertà che sta spingendo persone molto giovani ed istruite a imbracciare le armi, perché vogliono recuperare tanti anni di oppressione”. Secondo Del Grande c’è però il “pericolo di un prolungamento del conflitto, che potrebbe portare questi giovani verso le dinamiche più crudeli e cruente delle guerre troppo lunghe”. Raffaele Giardina, della Capitaneria di Porto di Pozzallo, ha ricordato che negli ultimi anni hanno salvato 5.000 persone, ma rimane “difficile individuare chi sono i trafficanti, solo in pochi casi ci siamo riusciti”. Barbara Molinario, dell’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) è tornata a chiedere “maggiore chiarezza sull’accoglienza. E’ vero che gli sbarchi sono tanti ma sono più centellinati, per cui c’è bisogno di una accoglienza più strutturata”. (Sir)