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INSEGNANTI DI RELIGIONE, IL COMMENTO DELLA DIOCESI DI FIRENZE A SENTENZA CASSAZIONE

«Il diritto alla tutela della maternità, sacrosanto e sempre sostenuto e difeso dalla Chiesa non può essere invocato a dispetto di un altro diritto quale quello ad un insegnamento coerente di religione cattolica». Così l’Ufficio Scuola della Diocesi di Firenze commenta la recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso dell’isegnante alla quale fu revocata l’idoneità all’insegnamento della religione. «Il criterio per affidare l’incarico di religione cattolica – prosegue il comunicato – non può essere né unicamente né primariamente il bisogno di lavorare. Con questo criterio si arriverebbe all’assurdo che la specificità del lavoro sarebbe irrilevante ai fini del lavoro stesso». Oltrettutto, fa notare l’ufficio scuola, ci sono altri modi di tutelare la maternità e nel caso specifico, viene ricordato nel comuncato, «la diocesi è intervenuta a vari livelli».

La revoca dell’idoneità all’insegnamento, viene sottolineato, era dunque una strada obbligata in base al Codice diiritto Canonico che, al numero 804, impone al vescovo diocesano di verificare che gli insegnanti di religione «si distinguano per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e competenza pedagogica». «La persona in questione – conclude il comunicato – conoscendo benissimo i requisiti previsti dal Codice di diritto canonico per insegnare religione non intendeva tanto ricorrere contro l’autorità ecclesiastica, quanto invocare la legislazione statale sulla tutela della maternità».