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Immagini come armi

di Daniele Rocchi Ostaggi uccisi a freddo, militari uccisi e mostrati come trofei alla folla, civili seviziati, abusati e torturati da soldati della coalizione. Immagini, foto, video che hanno fatto il giro del mondo scatenando polemiche politiche, suscitando al tempo stesso domande: è stato giusto mostrarle così integralmente? Fino dove può arrivare il diritto-dovere di informare? Ne abbiamo parlato con l’esperto di comunicazioni sociali, Pier Cesare Rivoltella.

Ha senso mostrare immagini così efferate?

“Quando si mostra la sofferenza altrui si possono avere tre tipi di logica: una logica della denuncia, quando la rappresentazione del dolore è funzionale alla responsabilizzazione del carnefice, una logica del sentimento, quando l’obiettivo è di muovere la pietà di chi guarda ed una logica estetica, quando a prevalere è, invece, il gusto del mostrare per mostrare. Secondo me riflettere, un attimo prima di mettere in onda o pubblicare su stampa simili immagini, su quale delle tre logiche stia prevalendo potrebbe essere un buon criterio di auto-correzione morale. In questi giorni sembra che a prevalere sia il gusto del mostrare, che non è propriamente un bene sia per la professionalità che per l’etica dell’informazione”.

Quali effetti hanno avuto sui telespettatori?

“Solo terrore e risentimento. Non è mai saggio produrre terrore nello spettatore perché questo può fomentare la logica della contrapposizione, dell’odio interculturale ed interreligioso, oppure produrre dei fenomeni di destabilizzazione sociale. In tutte e due i casi è forte la responsabilità di chi comunica”.

Le immagini più crude sono state diffuse via Internet…

“Internet sfugge alla censura. Il rapporto tra media e guerra, e lo si è visto nella prima guerra del Golfo, difficilmente sfugge al controllo degli eserciti. Internet è tecnologia anarchica. Da questo punto di vista funge da spazio di controinformazione, è accaduto nella guerra dei Balcani e sta accadendo adesso in Iraq. Anche se l’uso che ne fanno i terroristi mediorientali è speculare a quello degli strateghi occidentali. Non vedo differenze. Internet è diventata una vera e propria arma”.

Rispetto alla prima guerra del Golfo trova delle novità sul piano della comunicazione?

“La prima guerra del Golfo era stata ampiamente controllata dai media. Il Pentagono aveva gestito e controllato la comunicazione in ogni fase. Al contrario questa in corso sta sfuggendo completamente anche perché è diverso il nemico. Nel primo conflitto Saddam era un nemico convenzionale e la guerra era convenzionale. La guerra contro il terrorismo, oggi, è contro un nemico trasversale, non identificabile che sfugge al controllo e all’identificazione”.

Condivide la critica mossa alla Coalizione di aver sottovalutato, in questa guerra, la forza della comunicazione? Bush ha parlato solo una volta a tv di lingua araba e solo dopo lo scandalo degli abusi nel carcere di Abu Ghraib.

“Credo di sì. Hanno sottovalutato il potere strategico della comunicazione con il mondo di lingua araba. Il punto di partenza è, ancora una volta, l’11 settembre che ci ha insegnato che di fronte non ci sono l’Occidente ricco e tecnologico ed un Terzo mondo in via di sviluppo, ma due concezioni della stessa razionalità. Siamo di fronte ad un corto circuito di razionalità segnato religiosamente e politicamente in modo differente. è un sintomo ulteriore dell’irrazionalità di questi anni”.

Come spiega la scelta di alcune tv di lingua araba, Al Jazeera o Al Arabiya, di mostrare solo in parte alcune immagini dell’uccisione di ostaggi? In altri casi video molto crudi erano stati trasmessi…

“Non credo che ci siano scelte di tipo comunicativo. Credo piuttosto a scelte di convenienza politica così come a logiche interne al mondo islamico, alle sue regole e ai suoi precetti”.

Resta il dubbio del diritto di cronaca…

“Non c’è giustificazione alla messa in onda di immagini del genere. Ripeto è la voglia di mostrare. Ci si trincera dietro il diritto-dovere dell’informazione ma è un alibi usato troppo spesso. L’omicidio, un fatto di cronaca nera, può essere inequivocabilmente evocato tenendolo fuori campo. Non ho bisogno di mostrare l’omicidio in campo. Lo posso evocare dicendo tutto quello che esaurisce l’informazione. Ma senza mostrare”.