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Italiani nel mondo: sono 5 milioni e 100mila. Partono i giovani ma anche genitori e nonni

Nel 2017 dall’Italia sono partite 128.193 persone (+4.117), con un aumento del 3,2% rispetto all’anno precedente. Il 37,4% di chi parte (quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. La Germania è la destinazione preferita, seguita da Regno Unito e Francia. Al 1° gennaio 2018 gli iscritti totali all’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, risultano 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia. Le realtà nazionali più numerose sono l’Argentina (819.899), la Germania (743.799), (614.545). Nell’ultimo anno il Brasile (415.933) ha superato la Francia (412.263). Sono i principali dati che emergono dalla tredicesima edizione del Rapporto Italiani nel mondo curato dalla Fondazione Migrantes e presentato oggi a Roma.

A livello continentale l’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%) mentre in America si registra una presenza del 40,3%. Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Aire a più di 5,1 milioni. Il 49,5% è di origine meridionale (Sud: 1.659.421 e Isole: 873.615); del Settentrione (Nord-Ovest: 901.552 e Nord-Est: 881.940); del Centro il 15,6% (797.941).

Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’Aire quasi 243mila italiani di cui il 52,8% per espatrio, il 36,2% per nascita, il 6,3% per reiscrizione da irreperibilità, il 3,7% per acquisizione di cittadinanza e l’1% circa per trasferimento dall’Aire di altro comune. La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816).

Gli italiani partiti da gennaio a dicembre 2017 sono andati in 193 località del mondo ma soprattutto in Europa (70%) e in America (22,2%) e, più nel dettaglio, nel Sudamerica (14,7%). In America Latina amano il Brasile (9.016) e l’Argentina (5.458), in quinta e ottava posizione. La Germania (20.007) torna ad essere la destinazione preferita distanziando il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più significativa (+140,4%). Da evidenziare, anche, la crescita per il Brasile (+32,0%), la Spagna (+28,6%) e l’Irlanda (+24,0%).

È boom di italiani over 50 che scelgono di andare a vivere all’estero. Le crescite più importanti tra i nuovi expat si notano dai 50 anni in su (+20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% nella classe 65-74 anni; +49,8% nella classe 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su). Chi parte oggi dall’Italia è principalmente celibe/nubile (60,8%) oppure sposato/a (33,2%). Anche se il 37,4% di chi parte (quasi 48mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni e i giovani adulti,  ovvero la classe tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale, l’incidenza delle fasce di età più mature nel 2018 è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni è il 7,1% dai 65 anni e oltre. Il Rapporto definisce la categoria dei «migranti maturi disoccupati», ossia persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per mantenere la famiglia. Ci sono poi i genitori-nonni che trascorrono periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità fino al completo trasferimento (il «migrante genitore-nonno ricongiunto»).

C’è poi il «migrante di rimbalzo» ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero soprattutto in Paesi europei (Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti) è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia «in paese», ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di tornare nella nazione che gli assicura un futuro migliore rispetto all’Italia. Non mancano i famosi «migranti previdenziali», pensionati di lusso o colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà. Vanno in Paesi con politiche di defiscalizzazione, dove la vita costa poco. Sono attirati anche dal clima, dalla cultura, dalla possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza. Vanno soprattutto in Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Anche il «silver co-housing» favorisce la scelta della destinazione. Nato in Olanda e Danimarca negli anni ’70 oggi le co-abitazioni si stanno moltiplicando in diversi Stati. Gli anziani vivono sereni, integrati, necessari e attivi.

Anche gli italiani all’estero hanno problemi di povertà ed emarginazione o sono detenuti in centri chiusi perché entrati in maniera irregolare in alcuni Paesi. A Londra da gennaio a luglio 2018 sono stati 3.800 gli interventi realizzati dall’Ufficio Servizi Sociali del Consolato generale per aiutare residenti e turisti, incluso il supporto a chi è vittima di furti, o ha problemi di salute, o di cui viene segnalata la scomparsa. Non c’è un capitolo specifico dedicato ai senza fissa dimora italiani, ma la stima del Console generale è che la situazione sia peggiorata negli ultimi anni, con un incremento dei senzatetto e dei connazionali ricoverati nei centri di salute mentale. Sono almeno 126 gli italiani che vivono in povertà estrema a Londra. La metà ha un problema di salute mentale, seguito da situazioni di difficoltà causate da alcool e droga. In Australia, invece, dal primo luglio 2010 al 30 giugno 2017, 422 cittadini italiani sono stati portati in centri di detenzione per immigrati irregolari. Nell’anno finanziario 2016-2017, sono stati 73 i cittadini italiani trattenuti in Australia in vari centri di detenzione per irregolari e, alla data del 30 giugno 2017, 10 cittadini italiani erano ancora rinchiusi in queste strutture. La maggior parte sono «arrivi non autorizzati» ai quali è stato rifiutato l’ingresso in territorio australiano all’aeroporto di transito o di arrivo. Negli ultimi sette anni 330 cittadini italiani (78,2%) sono stati bloccati e portati in strutture di detenzione per irregolari.