Italia

La «Buona Scuola» è già il futuro: autonomia e merito

La mattina di giovedì 9 luglio la Camera dei Deputati ha dato il via libera, con 277 voti a favore, 173 contrari e 4 astenuti, alla riforma della scuola. A favore si sono espressi i parlamentari della maggioranza (Pd, Ap, Sc) eccetto pochissimi dissidenti, mentre hanno votato contro Lega, Fi, Sel, M5S, FdI. Quindi la «Buona Scuola» è legge e con il prossimo anno scolastico inizieremo a vederne gli effetti. Si è trattato di un provvedimento sofferto, con lunghissimi e vivaci dibattiti nelle aule parlamentari, scioperi e manifestazioni anche nazionali di docenti e studenti contrari alla riforma, soprattutto ai cosiddetti «presidi-sceriffi», ai premi al «merito», alla «valutazione» dei docenti, gli incarichi ad personam. Ma alla fine la riforma è giunta in porto. Sarà davvero, da qui in avanti, «buona scuola«? Tutti si augurano di sì (a parte i dubbi sulle modalità di introduzione della cosiddetta «teoria gender»).

Intanto vediamo quali sono i contenuti fondamentali. Ci sono anzitutto due aspetti strettamente collegati tra di loro: l’utilizzo dei docenti e i fondi relativi. Per il primo aspetto, degli insegnanti, viene confermata l’assunzione di 102.734 precari, anche se inizialmente si era parlato di un numero molto più alto, oltre 150mila. Non tutti entreranno in ruolo subito a settembre. La cattedra infatti è prevista per 47mila che rimpiazzeranno i pensionati, mentre gli altri entreranno a far parte del cosiddetto «organico dell’autonomia». Resteranno fuori, per ora, ma solo fino al 2016, i docenti abilitati con i famosi Tfa (tirocini formativi attivi) e coloro che hanno fatto i Pas (percorsi abilitanti speciali). Si tratta di altre 60mila cattedre circa. C’è da dire che con queste ultime «infornate», entro un anno si dovrebbe esaurire il personale disponibile e da quel punto saranno soli i concorsi a decretare l’assunzione. Comunque, quando la riforma sarà a regime, ci sarà un corpo docente aumentato di circa l’8%.

On-line il curriculum del docente. Il secondo aspetto collegato alle assunzioni, è quello delle risorse. Con la legge di stabilità la cifra disponibile è di 1 miliardo, che dal 2016 diverranno 3 e – positiva novità di queste ultime settimane – si potrà contare anche sui 940 milioni di euro per l’edilizia scolastica resi disponibili dalla Bei (Banca europea degli investimenti). Insomma, la riforma parte – dal punto di vista finanziario – col piede giusto. Sempre in ordine al corpo docente, la novità è che ci saranno scatti di carriera ma non per tutti, bensì legati al «merito», oltre a un voucher di 500 euro per ciascun docente da utilizzare per aggiornamento. E qui entra in gioco il ruolo del dirigente scolastico che, inizialmente, era stato pensato con un’ampia autonomia e subito definito dagli oppositori il «preside-sceriffo». A seguito delle proteste di docenti e sindacati di categoria, le Camere hanno ristretto le sue prerogative che comunque risultano aumentate rispetto alle attuali. Il «curriculum» di ogni docente sarà messo on-line e il dirigente avrà la competenza sulla chiamata diretta per incarichi triennali rinnovabili. Non saranno nuove assunzioni a tutti gli effetti perché i prescelti saranno convocati all’interno dell’organico funzionale d’istituto. In pratica, saranno docenti a disposizione, variamente utilizzati tra cui per le supplenze e per lavorare su singoli progetti (es. viaggi all’estero, progetti europei, alternanza scuola-lavoro). Per questi insegnanti si prevede un albo territoriale, ma il dirigente non avrà potere «di vita e di morte» sui candidati in quanto sarà affiancato nel comitato di valutazione per i premi e le nomine da due genitori (o un genitore e uno studente alle Superiori), 3 insegnanti e un esperto esterno scelto dall’Ufficio scolastico regionale.

Più spazio ad autonomia, merito e un po’ di creatività. Oltre al potenziamento delle lingue straniere (si comincerà dalle scuole primarie) e dell’educazione fisica, musicale, artistica, la «Buona scuola» punta anche sulla formazione digitale e – soprattutto – sull’alternanza scuola-lavoro (400 ore per gli studenti dei licei tecnici). Questo appare un elemento veramente innovativo per il panorama della scuola italiana, perché la presenza dei giovani in azienda sarà prevista per tutti e non solo, come in passato, per gli iscritti agli istituti tecnici. Anche i liceali infatti dovranno fare almeno 200 ore di lavoro sul campo (anche presso enti pubblici) e i curriculum on-line non saranno solo quelli dei docenti, ma anche degli studenti. La riforma prevede poi specifici strumenti e percorsi di integrazione per portatori di disabilità, studenti stranieri e persone con bisogni educativi speciali. È stata accantonata l’idea del 5×1000 perché il «terzo settore» aveva protestato parlando di un cannibalismo delle donazioni tra realtà povere e bisognose di supporto. Approvato invece lo «school bonus», cioè la possibilità di elargizioni liberali nella misura massima di 100mila euro per ciascun soggetto. È stata confermata la detrazione di 400 euro annui per gli iscritti alle scuole paritarie (equivalenti a un risparmio reale di 80 euro) e saranno potenziati i controlli sui «diplomifici». La scuola italiana, con questa riforma, si avvia su un percorso dove autonomia e merito (entrambi in una misura per ora limitata, ma il concetto c’è) potranno diventare dei punti di elasticità e sviluppo. Non a caso, insieme ai premi per i docenti sono anche previste le materie opzionali per gli studenti. La strada per una valorizzazione delle competenze e attitudini personali è aperta. Sarà interessante vedere non solo come reagirà il mondo scolastico, ma anche quello delle imprese che col prossimo anno si vedrà arrivare un piccolo esercito di ragazzi per gli stage curricolari.