Italia

La Caritas chiede più attenzione al governo

di Valentina ConteRiconfermiamo la disponibilità a collaborare, senza posizioni pregiudiziali, con il Governo sui temi dell’esclusione sociale». Al termine del 29° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana, lancia un appello al Governo perché «riapra i tavoli della partecipazione». «Sulla legge per l’immigrazione né su altri temi – precisa Nozza ai giornalisti – non siamo stati mai convocati. Evidentemente la Caritas non è tra gli interlocutori privilegiati. Polverizzando gli interventi non si danno risposte ai problemi del Paese, ma si frantuma ancora di più il disagio delle persone». Il Convegno si è chiuso giovedì scorso dopo 4 giorni di lavori che hanno coinvolto a Orosei (Nuoro) circa 600 delegati di 180 diocesi italiane.

Frequentare la politica. «La Caritas – ha detto mons. Nozza tracciando le conclusioni del convegno – deve frequentare maggiormente la politica per governare i cambiamenti, con una presenza più coesa e solidale nel territorio, stando dentro i contesti del disagio e dell’impegno a testa alta, con la denuncia quando occorre, nella scuola come nel lavoro e nell’amministrazione locale». La Caritas del futuro si impegna a coniugare pace e giustizia, non violenza e diritti: «Il movimento per la pace e quello per una nuova globalizzazione hanno visto una convergenza prima della guerra in Iraq. Sono segni dei tempi da decifrare, seguire con attenzione. Una sfida educativa che la Caritas curerà in modo particolare». Intanto anche da Orosei arriva la denuncia dell’utilizzo, da parte del Governo, di 308 milioni di euro destinati all’aiuto allo sviluppo per finanziare le operazioni di peace keeping delle forze armate italiane in Iraq. «Se mantengo la pace – commenta Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas – non la costruisco. È bene tenere separati i due concetti».

Centri per ascoltare. «La transizione – ha affermato don Giancarlo Perego, responsabile dell’area nazionale – continua a caratterizzare la nostra azione. Cambiano le leggi sugli immigrati, sulla prostituzione, sui minori, sul commercio delle armi. Si accentuano le precarietà ed è più difficile tutelare le categorie sociali deboli. Con il rischio di dimenticare gli ultimi, i poveri». Ma, gli impegni principali delle Caritas, «restano la funzione pedagogica, l’attenzione ai senza-voce, la solidarietà sociale, l’attivazione delle risorse all’interno della comunità». In tale direzione, ad esempio, ha proseguito don Perego, «si è ispirato il piano unitario di prossimità e la costruzione dei piani di gemellaggio messi appunto dalle Caritas diocesane con le comunità terremotate del Molise, Puglia e Sicilia».

Sono 10 le delegazioni Caritas presenti in quel territorio. «C’è un lavoro quotidiano – racconta Perego – che non gode di ribalta mediatica, che passa per i 178 centri di ascolto presenti nell’80% delle diocesi e nei 65 osservatori delle povertà e delle risorse».I Centri sono «luoghi di testimonianza laicale significativa»: vi operano 2500 persone (il 54% donne, per il 67% laici), affiancati da 259 obiettori e 147 ragazze che hanno scelto il servizio civile volontario. «Oltre la metà (54%) dei nostri incontri quotidiani – commenta Perego – sono con gli immigrati e il 50,8% di questi stranieri non ha regolare permesso di soggiorno». In questo senso i Centri «sono una sfida a costruire e governare il mondo dell’immigrazione nel Paese».

Pace e carità. «Non si può prescindere dall’Onu come strumento di unità dei popoli e delle persone, ma la causa della pace richiede nuovi e più adeguati livelli trasparenti e sussidiari di autorità». Mons. Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio «Giustizia e Pace» è ritornato sul tema della governance globale. «È il momento – ha spiegato mons. Martino – di mettere mano tutti insieme ad una ingegneria costituzionale dell’umanità, bilanciando i rapporti tra diversi livelli di autorità, internazionali come anche continentali e regionali». Non si tratta di «costruire un super-Stato», ma di «declinare l’autorità secondo la regola della sussidiarietà. Il costante richiamo del Papa all’Onu prima, durante e dopo la guerra in Iraq non è un avallo a come l’Onu oggi è fatto, ma un invito a rinvigorire le relazioni internazionali logorate da quel conflitto».

La pace, ha proseguito, «non può essere imposta dalla violenza, né è il risultato di lunghe ed estenuanti trattative» ma «sgorga da valori condivisi e vissuti. È effetto proprio della carità e la carità è la via principale e necessaria per la pace. Mai come nei tempi moderni la pace è stata tanto offesa e ciò succede proprio perché si dimentica l’intimo nesso tra pace e carità». La carità si declina, poi, in «progetti concreti per uno sviluppo umano universale, integrale e sostenibile». Martino ha fatto riferimento all’aiuto pubblico allo sviluppo (lo 0,7% del Pil fissato nel 1970 dai Paesi ricchi), sollecitando a «mantenere quanto promesso».