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La Francia e i simboli religiosi

Non una “laicità repressiva, discriminatoria e fonte di esclusione”, ma “una laicità intelligente e comprensiva” perché “la nostra società fragile ha bisogno di valori comuni, non di nuove forme di esclusione”. E’ quanto ha affermato mons. CLAUDE DAGENS, vescovo di Angoulême, intervenuto nei giorni scorsi alla conferenza “L’avvenire della laicità in Francia” (Roma, Centro culturale Saint-Louis de France). Il 10 febbraio, l’Assemblea nazionale francese ha approvato la proposta di legge sulla laicità, che ora passa al Senato. In caso di approvazione definitiva (il voto è previsto per marzo), il provvedimento vieterà di indossare nelle scuole pubbliche simboli religiosi come il velo islamico, la kippah ebraica e la croce cristiana.

LA LEGGE SUI SIMBOLI RELIGIOSI. Secondo mons. Dagens, di fronte ai pur comprensibili timori che l’Islam può provocare, “e in particolare dopo l’11 settembre”, la questione del velo “è diventata una vera ossessione, tanto che numerosi politici, di destra e di sinistra” hanno sostenuto il provvedimento contro i simboli religiosi; “una legge piena di controindicazioni e potenzialmente pericolosa” commenta. Ammesso che “il velo rappresenti la condizione di inferiorità della donna e possa essere espressione di fanatismo religioso” come “affermano i sostenitori della proposta”, si tratta di “indossare o no dei segni religiosi a scuola, all’interno dell’istituzione scolastica, ed è necessario – chiarisce – che quest’ultima sia rispettata come tale, che possa cioè esprimere l’autorità che compete a un’istituzione che svolge funzioni educative”.

“C’era bisogno per questo di una legge dello Stato? Non credo”, prosegue mons. Dagens. Il presule si interroga quindi sulla “conformità” del provvedimento alla Costituzione, che “chiede allo Stato di rispettare tutte le fedi e consentirne la pratica”, ed esprime il timore di “complessi contenziosi e soprattutto di un ritorno al passato, nel senso che la laicità alla francese potrebbe diventare (o ridiventare) repressiva, discriminatoria, fonte di esclusione”. “Continuo e continuerò a ‘sostenere la necessità di una laicità intelligente e comprensiva” ribadisce Dagens, auspicando che la discussione si sposti dall’ambito delle religioni a “quello della nostra società fragile che ha bisogno di valori comuni, e non di nuove misure d’esclusione”.

CATTOLICI E MUSULMANI. “Quale atteggiamento verso i musulmani? Come esercitare la nostra responsabilità in modo efficace e positivo?”. “Dobbiamo praticare con loro il dialogo conoscendo l’Islam, e conoscere una religione – chiarisce il vescovo – non significa convertirsi o affermare in modo semplicistico che abbiamo il medesimo Dio”. È, piuttosto, “fare un autentico sforzo di intelligenza critica per rinnegare ogni fanatismo che si nutra di slogan”, tenendo conto che la conoscenza del Dio dell’Islam obbliga a “interrogarsi sulla qualità e la misura della nostra fede”.

SOCIALE E SPIRITUALE. “I cattolici – prosegue – chiedono di essere rispettati nella propria identità , sia dai musulmani, sia dalle autorità civili” in un momento in cui “la Chiesa sta attraversando una fase di profondo rinnovamento, una ‘riforma’ che ci chiama a divenire più cristiani, ovvero più solidali tra preti e laici, uomini e donne, tutti egualmente coinvolti nella comune missione di accoglienza, presenza e carità”. Un rinnovamento che, per il vescovo di Angoulême, “passa attraverso l’impegno personale e viene percepito sempre più nella nostra società” all’interno della quale “la Chiesa porta una capacità effettiva di iniziative e progetti”.

“Non più – rimarca – un blocco cattolico opposto a un altro blocco, eventualmente anticlericale. Sul terreno delle realtà sociali, spesso delle precarietà, abbiamo bisogno gli uni degli altri e non ci si stupisce più della presenza dei cattolici nei quartieri popolari o nelle aree rurali in difficoltà”. E si tratta, precisa, “di uomini e donne di ogni colorazione politica che trovano la forza nella fede, nella Parola di Dio, nella preghiera”.

Per mons. Dagens “la Chiesa cattolica in Francia condivide le inquietudini e le preoccupazioni delle persone, ma con le proprie convinzioni”; è, in altre parole, “sociale e spirituale al tempo stesso”. In una “società individualistica e frazionata, nella quale prevalgono gli interessi personali” e che “dice facilmente ‘sì’ all’uguaglianza e alla libertà, che ne è della fraternità?” si interroga il presule, convinto che proprio “sul terreno della condivisione e della fraternità, noi abbiamo un messaggio da vivere e testimoniare. Con modestia, ma effettivamente”.

“La religione non è soltanto un fatto privato – conclude mons. Dagens – ma ha una dimensione sociale che esige che a ogni credente sia assicurata la libertà di esprimere pubblicamente la propria fede, secondo quanto stabilito dalla Costituzione che garantisce a tutti ‘la libertà di coscienza e il libero esercizio dei culti'”.

La Francia e la «religione» della laicità

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