Italia

La domenica degli italiani

È stata presentata il 18 novembre, nel corso del convegno “La domenica tra lavoro e consumi” (Massafra – TA, 18-20 novembre), organizzato dall’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, in preparazione al Congresso eucaristico nazionale del 2005, una ricerca del Censis su come trascorrono la domenica gli italiani.

LA DOMENICA CHE VOGLIAMO. Quasi l’85% degli italiani si dichiara soddisfatto del modo in cui trascorre la domenica, con alcune punte di soddisfazione maggiori della media: i 16-17enni (90,6%), i 18-29enni (90,1%), i residenti nel Nord-Est (89,5%) e quelli nel Nord-Ovest (85,8%). “Non è una forzatura constatare – osservano i ricercatori Censis – che, gli italiani hanno la domenica che, in sostanza, vogliono, visto che sono residuali le percentuali degli insoddisfatti”.

Quali sono gli aspetti che caratterizzano il giorno di festa nel nostro Paese? “È la relazionalità il fulcro della domenica degli italiani, dagli adolescenti agli anziani, e nei diversi contesti geografici e sociali di vita. La famiglia, la casa, la televisione, i luoghi di acquisto e di consumo sono rivisitati a partire da questa dominante domanda di relazioni, che permea le scelte e i comportamenti degli individui”. Altro protagonista “è il riposo, tempo certamente dedicato a spezzare la spirale stressante del lavoro, ma che si può considerare anche tempo di meditazione, opportunità per soffermarsi su aspetti di sé e della propria esistenza che, nel convulso succedersi della quotidianità, sono relegati al margine”.

CASA E FAMIGLIA. Riposo o lavoro domestico al mattino, relazioni familiari nel pomeriggio, tanta televisione la sera: è questo il contenuto di un’ordinaria domenica degli italiani. Minime le variazioni “tra inverno ed estate (più turismo nelle mattine delle domeniche estive e più divertimento nelle sere); mentre sostanzialmente analoga è la domenica degli adolescenti, con il riposo al mattino, le relazioni familiari al pomeriggio, la televisione la sera e, d’estate, molto divertimento”. Sport e “wellness” sono praticati da percentuali che oscillano tra il 7% dei pomeriggi domenicali invernali e oltre il 12% dei pomeriggi estivi; “importanti anche i consumi culturali fuori casa che riguardano oltre il 23% degli italiani nelle sere estive della domenica, così la lettura e la riflessione rilevanti nelle sere delle domeniche invernali (13,6%), in particolare nel Nord-Est”. Il luogo che per la maggioranza degli italiani meglio riflette l’atmosfera domenicale è la casa: quasi l’82% pranza in casa e il 76,8% vi cena; quasi il 13% e il 6,2%, invece, rispettivamente, pranza e cena presso parenti.

NUOVE TENDENZE E MITI DA SFATARE. In merito alla preoccupazione che l’affermazione di nuovi stili di vita tra gli italiani abbia portato a superare la tradizionale scissione tra tempo di lavoro, concentrato nei giorni feriali, e tempo di riposo proprio della domenica e dei festivi, “i dati dell’indagine mostrano che la specificità domenicale è ancora molto forte, sentita e vissuta dagli italiani. Certo è che dal mondo produttivo giungono spinte a superare la festività domenicale obbligando un numero sempre più alto di persone a lavorare nei giorni festivi, ad esempio nelle attività commerciali e nei servizi”.

Attualmente il lavoro professionale domenicale concerne il 31,3% degli italiani (il 5,4% tutte le domeniche, il 13,8% qualche domenica al mese e il 12,1% qualche domenica l’anno), con una relazione diretta con il livello del titolo di studio “giacché è il 47,5% dei laureati a praticarlo a testimonianza di modelli lavorativi e di gestione del tempo, probabilmente legati anche alla nuove tecnologie che rompono l’obbligo della vicinanza fisica”. Sono, inoltre, i lavoratori della fascia più giovane, i 30-44enni (oltre il 42%) e i 18-29enni (40,5%), ad essere più coinvolti “da questa ristrutturazione silenziosa, ma sostanziale” del tempo di lavoro.

L’indagine Censis sfata due luoghi comuni sulla tendenza degli italiani a trasformare la domenica in un giorno di consumi e sulla fruizione passiva dei programmi televisivi: il 41,6% degli intervistati ha dichiarato di non avere effettuato acquisti durante una domenica degli ultimi due anni, percentuale che sale ad oltre il 46% per i 45-64enni e al 65,3% per gli over 65enni. Anche di questa attività viene sottolineata la dimensione relazionale: la grande maggioranza degli italiani fa acquisti con la famiglia (52,9%) o con altre persone (19,7%); gli adolescenti, con gli amici (57,9%). Il 39,6% degli intervistati, inoltre, afferma che il grande centro commerciale può essere talvolta un luogo di incontro, percentuale che sale al 51,8% nel Sud-Isole, al 64,3% tra i 16-17enni e al 53% tra i 18-29enni.

Nonostante la televisione sia una grande protagonista delle domeniche degli italiani, il giudizio sulla programmazione domenicale è molto critico: oltre il 42% parla di superficialità, il 16,5% reputa i programmi divertenti, il 10,7% rilassanti e il 10,2% disimpegnati. Si tratta di una tv, sottolineano i ricercatori Censis, “frivola, forse volutamente leggera, ma guardata con relativa estraneità dagli italiani, che prendono le distanze, ne percepiscono la fatuità e, come tale, ne fanno una fruizione matura, distaccata, spesso come puro sottofondo ad altre attività e, soprattutto, alla relazionalità familiare e tra amici”.

LA DOMENICA ‘NON’ ANDANDO ALLA MESSA. L’indagine Censis evidenzia che “lo spazio dedicato complessivamente alla spiritualità (inclusa la partecipazione alla messa) è meno rilevante di quello riservato ad altre attività e gli italiani non sentono il bisogno di ampliarlo”. Dei cattolici praticanti il 21,4% va a messa settimanalmente, il 16,5% dichiara di essersi recato a messa la domenica precedente l’intervista, il 16,8% vi si reca saltuariamente e il 3,1% a Natale, Pasqua e in circostanze particolari.

Il 62,6% di coloro che vanno dichiara di farlo perché è cattolico praticante, il 17% perché lo fa sentire in pace con se stesso; mentre tra gli adolescenti spicca il 18,3% che indica nella messa una occasione per avere qualche minuto per riflettere (è l’8,5% la media totale del campione).

Il luogo preferito per andare a messa – per oltre il 76% degli italiani, percentuale che sale tra i 16-17enni all’80,2% – è la parrocchia. La partecipazione alla messa cala notevolmente quando le persone sono in viaggio o in vacanza: il 51,4% non frequenta in tali occasioni e la percentuale è più elevata al Centro (53,6%) e, soprattutto al Sud-Isole (62,5%). Sulle motivazioni della non partecipazione alla messa, dai dati emerge che il 33,7% dichiara di annoiarsi, di non sentirsi coinvolto, il 19,8%, invece, non partecipa perché preferisce rimanere in casa a riposarsi, mentre circa l’11% nella Chiesa non sente spiritualità. Il non sentirsi coinvolti ha una relazione praticamente inversa con l’età degli intervistati ed è indicata come ragione della non frequenza della messa dal 41,6% dei 16-17enni intervistati. Con riferimento al 5% degli intervistati che dice di non andare a messa perché non piace il prete, la maggioranza afferma di non stimarlo e di non vedere in lui un modello, mentre circa il 22% lo ritiene troppo preso dai suoi interessi e poco disponibile.

Per la maggioranza degli italiani la pratica della spiritualità è relazionale, visto che il 51,2% la fa con i familiari ed il 6,4% con altre persone, mentre il 42,4% da solo. Interessante è il dato secondo il quale se il 68,4% dichiara di essere informato sulla frequenza alla messa di parenti, amici e colleghi, il 31,6% afferma di non parlare di queste cose evidenziando “una sorta di pudore o di riservatezza che confina le scelte e i comportamenti religiosi nell’ambito delle questioni molto personali e intime”. Oltre il 43% degli intervistati del Centro esprime questa non conoscenza dei comportamenti altrui sulla partecipazione alla messa.

ALCUNE CONSIDERAZIONI. “Negli stili di vita prevalenti degli italiani – concludono i ricercatori Censis – la domenica è tempo di riposo, di meditazione e soprattutto di relazioni, ma quest’ultima priorità trova solo parzialmente risposta nella messa o nelle pratiche di spiritualità proposte dalla Chiesa”. Più in generale, “dai risultati dell’indagine è emersa una certa difficoltà della Chiesa a rispondere al bisogno crescente di relazionalità.

Infatti, se la messa è sempre stata anche un’opportunità di incontro, di relazioni, di scambio e, addirittura nei piccoli centri è stata a lungo la principale occasione di spazialità relazionale, allo stato attuale ci sono altri contesti e ambiti vitali che rispondono in modo più efficace alla voglia di prossimità relazionale”. Secondo i ricercatori “la moltiplicazione del numero delle messe, se ha migliorato l”offerta’ in termini di comodità per i fedeli, ne ha però, nei fatti, depotenziato la capacità di operare come opportunità di incontro e di socializzazione; le strutture fisiche, inoltre, sono sempre meno funzionali alla socialità, dalla sostanziale scomparsa degli oratori per i più giovani alla inadeguata conformazione fisica degli edifici delle Chiese e dello spazio urbano in cui sono inserite”.

Ne deriva che “dare forza alla dimensione comunitaria della messa, dal contenuto alle modalità di fruizione, è pertanto un passaggio essenziale anche per potenziare la presenza nella società della Chiesa che, comunque sia, alla luce dei dati non va sottovalutata”. Infatti, “la religiosità è tutt’altro che espunta dal contesto sociale micro, in particolare dalle famiglie; non va, però, sottovalutato il rischio, forse ancora poco visibile, della sua marginalizzazione in favore di una relazionalità superficiale, fatta più di compresenza di persone che di scambio profondo, di reciproca crescita e maturazione”. “La fatuità delle relazioni – osserva il Censis – in un contesto di benessere che moltiplica le attività da fare in famiglia o con gli amici (dal guardare la televisione al nuovo turismo di prossimità) è, probabilmente, la forma più moderna e insinuante di despiritualizzazione”.