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MIGRAZIONI: ZAMAGNI (ICMC), LA PROPOSTA PER UNA «WTO» DEI FLUSSI MIGRATORI

Costituire un’agenzia mondiale delle migrazioni, una sorta di “Wto”, con l’incarico però di regolare il flusso non delle merci ma delle persone. La proposta è di Stefano Zamagni, economista e presidente dell’International Catholic Migration Commission (ICMC), un’organizzazione non governativa con sede a Ginevra che si occupa di migrazione e di rifugiati. Zamagni è intervenuto questa mattina a Roma alla conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale delle migrazioni che sarà celebrata il 15 gennaio sul tema “Migrazioni, segno dei tempi: cieli e terra nuova”. Dando una lettura socio-economica del fenomeno migratorio, Zamagni ha presentato un pacchetto di proposte. Partendo dal presupposto che “nessun Paese è capace di gestire da solo le politiche migratorie”, l’economista ha lanciato l’idea di “costituire un’agenzia mondiale delle migrazioni. Così come la Wto – ha detto – è stata creata per regolare i flussi commerciali, dobbiamo arrivare a creare una agenzia mondiale per i flussi migratori”. Un’agenzia, “dotata di potere, cioè in grado di fissare regole e sanzioni”.

Riguardo poi alle politiche di welfare, Zamagni ha proposto la costituzione di un “fondo” che possa arginare un pericolo che “da qualche tempo serpeggia” in alcuni Paesi europei. Si tratta dell’applicazione del “principio della integrazione economica ritardata”, secondo il quale “si accoglie l’immigrato, lo si fa lavorare ma lo si fa accedere ai servizi di welfare solo dopo 5 anni”. Principio che nasce dalla constatazione che occorrono alcuni anni per “accumulare nelle casse dello Stato i fondi necessari per erogare servizi di welfare”. (segue)

Sarebbe – ha detto Zamagni – “far prevalere una visione economica su quella umanitaria, che vede nell’immigrato un erogatore di tasse e servizi e non una persona umana. Una chiara violazione dei diritti umani”. Da qui, la proposta di creare “un fondo per superare la discrasia tra tasse pagate e servizi erogati”, per pareggiare cioè quel tempo necessario allo Stato per erogare servizi sociali. Infine, Zamagni ha evocato un cambiamento di orizzonte.

“L’integrazione dell’immigrato – ha detto – non può fermarsi al piano economico e sociale ma deve necessariamente compiersi anche sul piano culturale. Ciò vuol dire che l’immigrato non vuole vedere riconosciuti solo i suoi diritti di lavoratore ma anche quelli della sua appartenenza religiosa ed etnica. Non reclama solo un posto di lavoro e un tetto, ma sempre più il riconoscimento della propria identità religiosa e culturale”. E poi, ha concluso Zamagni, occorre scoprire una “ipocrisia”: “Sono gli immigrati che consentiranno ai nostri anziani di accedere alla pensione. Tutti noi sappiamo che abbiamo bisogno degli immigrati. Eppure la società li teme”.Sir

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