Italia

Meeting Rimini: presidente Guarnieri, «riguadagnare la speranza con lo sguardo al futuro»


«Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo»: è il tema dell’edizione 2017 del Meeting di Rimini ricco di 120 incontri e con ospiti da tutto il mondo, tra cui il premier italiano Paolo Gentiloni, che presiederà l’incontro inaugurale, il Segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg, il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, l’inviato dell’Ue per la libertà religiosa, Ján Figel’, e l’intellettuale francese, Olivier Roy.

Fitto anche il programma degli spettacoli, delle mostre e esposizioni, tra le quali spiccano quelle sul lavoro, sulle nuove generazioni, sulla Custodia di Terra Santa e sulla Russia (programma completo su www.meetingrimini.org). Particolarmente atteso è il concerto «Madama Butterfly» diretto dal maestro Yang Yang con la China national Opera House (domenica 20, ore 21.45).

In vista dell’apertura abbiamo incontrato la presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, Emilia Guarnieri.



Presidente, perché questo tema?

«Perché ci siamo chiesti di che cosa abbiamo bisogno oggi. Oggi c’è bisogno di essere consapevoli di cosa siamo, di quali risorse abbiamo perché il tempo nel quale viviamo è di cambiamento e di crisi. Le sfide di questo tempo non chiedono risposte scontate. Ciò che conosciamo non è più sufficiente per affrontare il nuovo di oggi.

C’è bisogno di un gesto di libertà per riguadagnare la speranza, il desiderio del bene,

la solidarietà, c’è da riguadagnare un’esperienza reale di Europa, un’idea certa di costruzione comune, di politica, un interesse reale ai giovani e al loro futuro. Sono tutte cose che abbiamo ereditato. Riguadagnare significa che qualcosa è esistito ma dobbiamo riprendere con lo sguardo verso il futuro. E per lanciarsi verso un nuovo inizio è fondamentale che ogni uomo sia consapevole di ciò che ha ereditato e della ricchezza di cui è portatore». 



Il «nuovo» che il tempo attuale ci mette davanti rischia, però, di apparire solo come un male, complice anche la «cascata d’informazioni», in cui fatti veri e falsi si diffondono allo stesso modo. C’è un bisogno di verità che non va deluso. Ma come?

«Il nuovo che abbiamo davanti rappresenta una provocazione: che siano i giovani diversi dai loro coetanei del passato, che siano le sfide storiche dell’immigrazione, del lavoro, della salute, della “terza guerra mondiale a pezzi”, della politica, della democrazia.

Dobbiamo fare una scelta: tutto questo è un male da cui difenderci o una provocazione per andare più a fondo e conoscere ciò che siamo? La realtà non mi è nemica, non mi è ostile e non devo combatterla. Serve quello sguardo positivo, di tenerezza, che Papa Francesco esorta ad avere di fronte a tutto. Sguardo che non è per nulla giustificativo ma l’approccio iniziale di un abbraccio dal quale partire per dialogare. Se non c’è accoglienza tutto si complica. E un cristiano non può non avere un approccio di questo tipo».



È forse questo il filo rosso che tiene insieme il Meeting di questo anno?

«Il filo rosso del Meeting 2017 è proprio questo sguardo di tenerezza di cui parlavo poco fa. Tutte queste emergenze elencate poco fa esigono l’assunzione di responsabilità da parte di uomini che non le vedono solo come cose negative, da cui difendersi magari erigendo dei muri.
Non possiamo non accorgerci che siamo stati «lanciati» sulla terra per realizzare noi stessi e il bene degli altri.
Questa è la coscienza dell’eredità. Quello che io sono non è l’esito solo dell’essermi fatto da me, ma di Qualcuno che continua a farmi».





L’interesse mostrato in tutti questi anni verso i diversi aspetti della vita umana ha fatto sì che il Meeting diventasse anche una ambita kermesse politica, non senza qualche critica…

«Il Meeting si è sempre interessato di tutti gli aspetti della vita umana e la politica è un fattore di non poco conto dell’esperienza umana. Il Meeting non può disinteressarsene. E proprio perché vi affrontiamo questioni che riguardano la vita degli uomini nei suoi molteplici aspetti è necessario che ci sia interlocuzione e dialogo con le Istituzioni. Quest’anno, per esempio, abbiamo voluto dare un’importanza particolare ai Comuni e alle Regioni, istituzioni dalle quali può ripartire una politica più vicina al popolo».



Come tradizione anche questa edizione 2017 presenta un programma di incontri molto fitto…

«Certamente, ma del Meeting vorrei sottolineare l’organizzazione delle mostre che ci impegna sin dalla prima edizione. Negli ultimi sette-otto anni, il Meeting si è inventato una nuova modalità di costruzione delle esposizioni che coinvolgono le persone che vivono in prima persona il tema della mostra stessa. Penso all’esposizione sul lavoro organizzata con il contributo di una cinquantina di ragazzi da poco entrati nel mondo del lavoro, oppure a quella sulle nuove generazioni costruita con i giovani. La mostra diventa strumento e occasione per incontrare persone che di quelle questioni sono parte attiva».



Dopo 38 anni quale contributo può dare il Meeting alla Chiesa e alla società italiana?



«Il Meeting può dare un contributo solo se continua ad essere un luogo vivo di esperienza e di incontro. Venire al Meeting è vivere un’esperienza e l’esperienza è ciò che ti cambia».