Italia

Migranti: don La Magra (parroco Lampedusa), “pronti a difendere chi salva le persone e i più deboli”

La nave della Sea-Watch è di nuovo in mare per i salvataggi: “Siamo pronti a tirare di nuovo fuori il sacco a pelo…”. Risponde con una battuta don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando a Lampedusa, ad una domanda sulla ripresa delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale da parte della Ong che lo scorso anno, con la comandante Carola Rackete, forzò il blocco causato dalla politica dei porti chiusi. “Proprio un anno fa, in questo periodo, iniziammo a dormire con i sacchi a pelo sul sagrato della Chiesa per protesta – ricorda al Sir don La Magra –. È stata un’estate particolare, non so se ci sono le condizioni per ripetere quelle sventure. Speriamo di no, perché sono cambiati gli atteggiamenti ma non sono cambiate le leggi. Noi comunque siamo pronti a difendere sempre chi salva le persone e i più deboli, migranti o lampedusani che siano”. In questi ultimi giorni sono sbarcate in autonomia a Lampedusa circa 600 persone.

A distanza di alcuni giorni dagli incendi ai “cimiteri dei barconi” a Lampedusa e dall’oltraggio alla Porta d’Europa, monumento simbolo dell’accoglienza alle persone migranti, don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando, unica parrocchia dell’isola, esprime al Sir la sua amarezza: “Nessuno ha rivendicato questi gesti ma il messaggio sembra chiaro. Fa rabbia l’idea che si usi la violenza per rivendicare i diritti della popolazione, perché non sono i migranti ad ostacolare ciò che è giusto per i lampedusani, né c’è una competizione tra i diritti delle persone.  Certamente è qualcosa che nasce all’interno dell’isola. Non credo sia una sommossa popolare ma l’iniziativa di poche persone che cercano di farsi sentire usando metodi violenti”. Nella piccola comunità di Lampedusa, ammette, “un po’ di tensione si avverte, perché si soffre per la crisi economica provocata dalla chiusura delle attività e non si sa ancora se si riuscirà a lavorare quest’estate. Perciò è facile trovare un capro espiatorio”. Don La Magra invita a non scatenare sospetti gli uni contro gli altri: “Ufficialmente tutti disapprovano, probabilmente anche gli autori di questo gesto, perché altrimenti dovrebbero ammettere di aver compiuto un reato”. Il problema, fa notare, è che “un gesto così può innescare nella mente delle persone il pensiero che se non abbiamo un ospedale, dei trasporti efficienti, se non ci sono né lavoro né garanzie è colpa degli sbarchi e dei migranti”. “Ma non c’è nessun legame e non si può escludere Lampedusa dalla questione migratoria – sottolinea –, bisognerebbe trasportarla in altro luogo. Certamente vanno difesi i più deboli, che spesso sono quelli che dormono sul molo, trattati come appestati mentre già arrivano vulnerabili e devono sopportare tutte le nostre paure”. La parrocchia, ricorda, “è la prima a battersi per i diritti dei più deboli, che siano lampedusani o migranti, sapendo che non esiste un ‘prima noi’ e un ‘prima gli altri’ né competizione tra i bisogni. Anzi il bisogno è ciò che rende tutti uguali”. Il suo appello è considerare quanto sta accadendo – l’emergenza sanitaria, turistica, lavorativa – “non come un problema causato da qualcuno ma come una sfida che tutta la comunità deve risolvere, dedicando attenzione alle persone più deboli, sia lampedusani, sia migranti”.