Italia

Misericordie, la solidarietà senza bisogno di passaporto

di Andrea FagioliChissà se San Pietro Martire, nel 1244, quando pensò di istituire la Società nuova di Santa Maria detta della Misericordia avesse immaginato che la sua idea, 760 anni dopo, sarebbe stata ancora viva e vitale avendo saputo adattarsi e sopportando, superandole, innumerevoli vicissitudini, mantenendo intatto quel patrimonio d’ideali che fanno delle Misericordie una delle associazioni più partecipate?

Se lo è chiesto il presidente della Confederazione internazionale, Gianfranco Gambelli, aprendo a Firenze il settimo Congresso internazionale delle Misericordie di fronte ai presidenti di Giunta e Consiglio regionale, Claudio Martini e Riccardo Nencini, e ai 300 delegati in rappresentanza di 3 mila confraternite presenti in oltre trenta Paesi: dall’Europa all’Asia, dall’America all’Africa. Per i delegati è stato un ritorno alle origini, visto che la prima confraternita, che rappresenta anche la prima organizzazione di volontariato sorta nel mondo, nacque proprio a Firenze in quel lontano 1244.

«Globalizzazione e territorialità della solidarietà» è stato il tema scelto per questo settimo congresso. «Si tratta – ha spiegato Gambelli – di un tema assi importante e stimolante nell’attuale contesto storico avendo ben presente un mondo e una società dove molte sono le necessità» e dove «tutti siamo chiamati ad investire un po’ di noi stessi in un progetto di amore e di solidarietà, che non può essere solo quello della contribuzione economica». E le Misericordie sono nate proprio per questo, per i bisogni che nascono dalla collettività, tanto che oggi operano in numerosi e diversi settori: dall’emergenza medica alla protezione civile; dall’assistenza agli anziani e ai disabili alla donazione di sangue e organi; dagli interventi umanitari in varie zone del mondo alle adozioni a distanza; dalla gestione di centri d’accoglienza per gli immigrati al nuovo sportello antiusura.

Il Congresso internazionale, che nella seduta inaugurale, il 14 ottobre, nella Chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio ha vissuto anche l’atto celebrativo del 25° della Confederazione internazionale, è proseguito nei due giorni successivi all’Hotel Londra con numerosi interventi tra cui quelli del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace, e del segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Giuseppe Betori.

«Quello della globalizzazione è un tema sul quale la Chiesa riflette da tempo», ha ricordato Martino. E riflettere sulla globalizzazione, oltre a capire «l’ambivalenza del fenomeno», serve a ribadire che «la solidarietà cristiana è destinata a tutti» e passa attraverso dei «cerchi concentrici di spinta solidale» che il cardinale Martino individua nelle «risorse solidali della società civile (ambito in cui si collocano anche le Misericordie), nella difesa dei diritti umani, nella promozione dello sviluppo e nella solidarietà tra generazioni».

Che il fenomeno della globalizzazione sia ambivalente e che per questo vada governato con saggezza, è stato sottolineato anche dal segretario della Cei attraverso la relazione inviata e letta a Firenze da monsignor Claudio Giuliodori. I cristiani per questo sono chiamati ad «una grande responsabilità che riguarda tutti i campi, a partire da quello della comunicazione, perché oggi non si può evangelizzare e testimoniare il Vangelo senza lasciarsi interpellare dai processi della comunicazione. Su queste nuove strade dovrà avventurarsi – ha concluso Betori rivolto ai congressisti – anche il vostro servizio solidale nella speranza che tutti e ciascuno sappiate trovare, nell’era della rete, nuovi modi di presenza e sappiate escogitare nuove vie di solidarietà e di carità evangelica».

Al congresso delle Misericordie sono intervenuti anche, tra gli altri, il portavoce del Forum nazionale del terzo settore, Edoardo Patriarca, la presidente del Centro nazionale per il volontariato, Maria Eletta Martini, il politologo Andrea Salvini e l’economista Giorgio Fiorentini.

«Solidarietà non è compassione – ha spiegato Patriarca –, bensì la ferma e perseverante determinazione a costruire il bene comune». Da qui tre richiami: alla capacità di accogliere l’altro diverso da noi; a scegliere la comunità come luogo privilegiato per costruire la solidarietà; a interpellare la politica come esercizio della carità. «E la solidarietà – ha concluso il portavoce del Forum del terzo settore – chiama la speranza perché si possa vincere l’appiattimento sul presente e riconquistare la capacità di pensare al futuro».

Là dove le religioni s’incontrano nel nome del prossimoDa quel lontano 1244, data di nascita, le Misericordie hanno allargato il loro raggio d’azione fino a sentire l’esigenza di riflettere, come voleva il tema del settimo Congresso internazionale riunito a Firenze, su «Globalizzazione e territorialità della solidarietà».

Immutata, però, la vocazione: «Servire l’uomo nello spirito del Vangelo», come ha voluto ricordare il vescovo ausiliare di Firenze, Claudio Maniago, portando il saluto della diocesi poche ore prima che l’arcivescovo Ennio Antonelli celebrasse in Battistero la Messa per i 300 delegati, che dopo i tre giorni nel capoluogo toscano (dal 14 al 16 ottobre) avrebbero concluso il loro appuntamento internazionale con un pellegrinaggio ad Assisi, domenica 17, alla tomba di San Francesco, luogo ideale per gettare metaforicamente quel ponte di solidarietà tra le religioni di cui si è sentito parlare nel corso nel Congresso a proposito, ad esempio, di una realtà come quella di Klina, in Kosovo, dove volontari cattolici e musulmani operano fianco a fianco in un’esperienza simile a quella in atto in Mozambico.

L’inizio dell’intervento in Kosovo risale al 2000, quando le Misericordie d’Italia intervennero su richiesta della Caritas fiorentina che stava portando avanti un progetto di ricostruzione, ma aveva bisogno di un supporto sanitario.«All’inizio, la popolazione locale ci accolse con diffidenza – racconta Paolo Poidomani, della Misericordia di Antella, alle porte di Firenze, una di quelle intervenute sul posto –, ma poi la solidarietà ha avuto il sopravvento tanto che a Klina si è costituita una Misericordia strutturata sul modello di quelle italiane, ma gestita da volontari locali e presieduta da un medico della città». Così oggi della Confraternita fanno parte non solo i cristiani ma anche alcuni musulmani di etnia albanese e Rom. Negli ultimi mesi, inoltre, sono stati avviati contatti anche con un villaggio serbo della valle accanto a quella di Klina e ancora privo di presidi sanitari.

A raccontare del Mozambico è il missionario padre Giuseppe Brunelli, che parla di un’esperienza secolare (una Misericordia fondata dai portoghesi nel 1507) ora rivitalizzata grazie ad un coinvolgimento diretto di cristiani e di musulmani insieme.

Un dialogo con l’Islam si sta tentando anche in Marocco e in altre località del Nord Africa, mentre a Goa, in India, dove esisteva la più grande Misericordia di tutto l’Oriente, è stato avviato un dialogo con la comunità indù.«Queste storie – commenta Gianfranco Gambelli, presidente della Confederazione internazionale delle Misericordie – sono la dimostrazione più autentica che il volontariato è un grande strumento capace di creare relazioni e vincere diffidenze. Globalizzare la solidarietà, nel rispetto delle varie culture, è un percorso e un compito che deve impegnarci a tutti i livelli. Le Misericordie sono nate per questo, per soddisfare i bisogni che nascono dalla collettività, con l’apporto di tutti i cittadini di ogni ceto e di ogni estrazione sociale».