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Nave Mare Jonio: Conte, «Disincentivare sbarchi contrasta traffico esseri umani e rischio naufragi»

Prima di affrontare questi temi, il premier ha parlato dell’«ultimo caso emergenziale» della nave Mare Jonio, ferma al largo di Lampedusa con a bordo 49 migranti in attesa di sbarcare in un porto sicuro. Conte ha rivendicato di essersi «sempre assunto la responsabilità che compete al Governo e continuerà a farlo» ribadendo che «c’è una chiara linea politica, sulla migrazione, che questo governo sottoscrive. E il responsabile del governo sottoscrive per primo». «È una politica che può piacere, può essere opinabile», ha proseguito. «Diversi indirizzi politici sono stati espressi in passato, non tocca a me oggi valutare gli esiti di questi indirizzi politici», ha commentato il premier, evidenziando però che «noi li abbiamo giudicati insoddisfacenti».

«Abbiamo ritenuto che occorresse un diverso approccio per quello che è il problema politico, giuridico, economico e sociale della regolazione e della gestione dei flussi migratori, sul presupposto vada affrontato con un approccio strutturale in modo da non rimanere schiacciati da casi emergenziali», ha sottolineato Conte, che sul caso della nave Mare Jonio ha garantito che «ce ne stiamo occupando con gli uffici ministeriali competenti». «Per rassicurarvi – ha aggiunto -, vorrei ricordare che in tutti i casi emergenziali anche quelli più drammatici noi abbiamo sempre tutelato i diritti fondamentali delle persone, siamo sempre tempestivamente intervenuti per assicurare assistenza sanitaria ai bisognosi. Anzi, vi preciso che è stato prestato un soccorso sanitario, poi rivelatosi superfluo perché non sono state accertate patologie anche a uno dei migranti della nave Mare Jonio». «Così continueremo a fare – ha assicurato Conte – anche perché riteniamo che disincentivare gli sbarchi non solo contrasta più efficacemente il traffico di esseri umani, una cosa indegna di qualsiasi Paese civile, ma ovviamente evita il pericolo maggiore» che «è quando attraversano il Mediterraneo».

«Se non saprà rimanere unita, l’Unione europea non potrà essere né forte né competitiva, prima di tutto sul piano politico, nel definire e nel perseguire la propria posizione in ordine alle priorità appena menzionate; priorità rispetto alle quali, tengo a rimarcarlo, nessuno Stato nazionale, muovendosi in modo isolato, potrà mai assicurarsi una compiuta ed efficace tutela dei propri interessi nazionali». Lo ha affermato oggi il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, nei suoi interventi a Montecitorio e Palazzo Madama per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo prossimi e sul memorandum d’intesa con la Cina sulla «Via della Seta».

Per il premier, «l’esigenza di un’Europa unita al suo interno e forte nel mondo va tenuta a maggior ragione presente nell’attuale fase di fine legislatura europea» e «in vista dell’avvicendamento del Parlamento europeo e della Commissione europea». «Per essere forte nel mondo – ha proseguito – l’Unione europea deve essere un attore di respiro globale già al suo interno, elaborando adeguate strategie in materia di crescita, lavoro, sviluppo industriale e innovazione». «Vedo, purtroppo, confermarsi – e questo mi preoccupa molto – un approccio europeo prociclico e procedurale che, negli ultimi anni, si è mostrato inadeguato rispetto alla sfida della crescita e all’esigenza di equilibrio fra la riduzione e la condivisione dei rischi», ha proseguito Conte, rilevando che «il rallentamento economico globale sta avendo un impatto sulla congiuntura economica in Europa e necessita di una risposta europea, con un rafforzamento soprattutto della domanda interna e con un impulso alla crescita attraverso maggiori investimenti e riforme coraggiose». «Gli Stati membri che hanno spazio fiscale o surplus commerciali dovrebbero usarli a sostegno della domanda e di investimenti pubblici, per permettere all’Europa di crescere a pieno potenziale e di reagire alle tensioni provocate dagli altri, rafforzando e rendendo anche più resiliente la propria economia», ha evidenziato Conte, sottolineando come «la continua sollecitazione ad accrescere la competitività è da accogliere se questa è finalizzata ad accrescere gli standard di vita dei cittadini europei, ma è da respingere se nasconde un mero spirito mercantilista; lo vietano le regole europee, che non possono essere invocate solo quando ritenute convenienti». «Per essere più espliciti – ha affermato – noi crediamo che la crescita della produttività del lavoro debba alimentare la crescita dei salari dei lavoratori piuttosto che l’accumulo di surplus commerciali, che, oltre una certa misura, sono peraltro vietati dalle medesime regole europee».

Conte ha anche richiamato la necessità che «dopo le elezioni per il Parlamento europeo deve lavorare a una vera strategia industriale europea, capace di creare crescita e occupazione attraverso il sostegno, con adeguate risorse, alle nuove tecnologie, alla ricerca e all’innovazione, e capace di tutelare imprese e mercati europei da strategie aggressive di Paesi terzi».

Riguardo alla Brexit, «è molto probabile che i ventisette Capi di Stato e di Governo al Consiglio europeo saranno chiamati a discutere una possibilità di proroga della data di uscita. Come anticipato dallo stesso Governo britannico, non si tratterà di una proroga in bianco, ma di un differimento funzionale all’obiettivo di garantire un recesso ordinato». Dopo i due voti di Westminster, il premier italiano rivolgendosi ai parlamentari li ha invitati a «cogliere i messaggi positivi emersi dai voti successivi a quello sulla ratifica, con cui il Parlamento britannico ha espresso la volontà di evitare una Brexit senza accordo, ‘no deal’, e di lavorare insieme ai partner europei per garantire un’uscita in termini chiari ed amichevoli, chiedendo un differimento dei termini di uscita dall’Unione europea». «Come abbiamo sempre fatto durante questo negoziato dalle dinamiche molto complesse, continueremo a lavorare – ha assicurato Conte – per una Brexit ordinata, nel pieno rispetto della volontà del popolo sovrano britannico e delle decisioni del Parlamento di Londra, ma anche ribadendo la necessità di maggiore responsabilità, maggiore chiarezza che ci sono dovute, a noi cittadini europei e alle nostre imprese». «L’auspicio – ha proseguito – è che le decisioni di questi giorni a Londra garantiscano l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza strappi e in maniera ordinata, in modo da poter costruire una relazione futura tra l’Unione europea e il Regno Unito che sia all’altezza dei profondi, speciali rapporti che abbiamo costruito con i britannici in oltre quattro decenni di comune partecipazione al processo di integrazione europea». Il presidente del Consiglio ha assicurato che «in un contesto che mantiene ancora forti elementi di incertezza, il Governo italiano continuerà – state certi – a lavorare per garantire la tutela dei diritti dei cittadini, delle nostre imprese e della stabilità finanziaria, anche nell’ipotesi poco auspicabile di un’uscita senza accordo il 29 marzo».

Riguardo alla «Via della Seta», «il perimetro del Memorandum of understanding è squisitamente economico-commerciale, non mette minimamente in discussione la nostra collocazione euro-atlantica». Il premier è tornato a precisare che «non è un accordo internazionale, non crea vincoli giuridici» ma è «un’intesa programmatica che, ribadisco, pur non dando luogo a impegni giuridicamente vincolanti, delinea obiettivi, principi, modalità di collaborazione nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road che, come sapete, è un grande progetto di connettività infrastrutturale euroasiatica che, sin dal suo lancio, nel 2013, ha attirato l’interesse dell’Italia». «La nostra attenzione economico-commerciale nei confronti di questa infrastruttura e della Cina – ha rivendicato – è pienamente legittima ed è giustificata proprio alla luce dei nostri interessi nazionali. Per questa via potremo potenziare il nostro export verso un mercato di dimensioni enormi; le nostre imprese avranno la chance di essere direttamente partecipi della realizzazione di nuovi e importanti investimenti infrastrutturali, la nostra penisola, segnatamente i nostri porti, i nostri scali commerciali, non saranno bypassati dai nuovi traffici, ma potranno anch’essi godere, a pieno titolo, dei vantaggi economici e valorizzare la loro posizione geografica di terminali naturali di questa nuova Via della seta». L’intesa, ha assicurato Conte, «non presenta alcun rischio per i nostri interessi nazionali ed è pienamente in linea con la strategia dell’Unione europea, promuovendola, anzi, come nessun Paese membro ha fatto sinora nel suo dialogo con Pechino». «Posso rivendicare, a buon titolo, che il nostro approccio alla Belt and Road – ha osservato il premier – è tra i più lungimiranti ed efficaci che siano stati mai applicati in ambito europeo».