Italia

Nuove moschee la legge lombarda sul filo di rasoio

Libertà religiosa: suona il campanello d’allarme in Lombardia. La legge regionale approvata lo scorso 27 gennaio per regolare l’apertura di nuove moschee rischia di configurarsi come una legge anti culto. Così almeno la pensano le associazioni islamiche ma anche voci del cristianesimo cattolico e protestante che rischiano di essere a loro volta colpiti dalle restrizioni.

Più vincoli, maggiori controlli. L’intento dichiarato della maggioranza guidata dal leghista Roberto Maroni è quello di dare un giro di vite alla creazione di nuove moschee. Da tempo sul territorio sono proliferate sale di preghiera islamiche sotto la denominazione ufficiale di circoli culturali e associazioni, trovando collocazione in scantinati, garage e capannoni, spesso in aree degradate. Numeri precisi non ce ne sono, ma sarebbero un centinaio in tutta la regione, anche in città di dimensioni medio-grandi, una quindicina solo a Milano, per i circa 400mila musulmani residenti in Lombardia. La maggioranza che governa al Pirellone ha agito attraverso la modifica di una già restrittiva legge urbanistica del 2005, aggiungendo una lunga serie di vincoli a chi intenda edificare nuovi edifici di culto. D’ora in avanti sono richiesti, tra l’altro, vasti parcheggi e telecamere collegate con le forze dell’ordine. E questo vale per le strutture di qualsiasi confessione. Per un ulteriore giro di vite specifico contro le moschee, si prevede inoltre che le organizzazioni prive di un’intesa con lo Stato, come appunto l’islam, debbano sottostare a una valutazione dei loro statuti, che dovranno «rispettare i valori e i principi della Costituzione».

Milano, Monza, Crema… Il provvedimento legislativo, una volta entrato in vigore, potrebbe complicare la realizzazione di alcuni luoghi di culto il cui iter è già stato avviato dai Comuni. Tra i progetti a rischio c’è il bando del Comune di Milano per l’assegnazione di tre aree pubbliche a diverse confessioni, ma anche una nuova chiesa evangelica a Monza e una moschea a Crema. Su quest’ultimo caso, monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Crema, ha osservato: «Non è mio compito offrire una risposta politica sul tema dell’accoglienza dei musulmani e sui luoghi di culto, in quanto è competenza delle autorità civili, che faranno riferimento alle attuali legislazioni, ma ritengo che un luogo di preghiera debba essere riconosciuto per non restare sul piano teorico».

Si preannunciano ricorsi. Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii) annuncia: «Stiamo verificando con le diverse realtà religiose della Lombardia se ci siano i requisiti per fare un ricorso alla Consulta nel caso di violazione dei principi costituzionali. I musulmani, così come le altre confessioni religiose, sono una realtà di fatto in Lombardia. Una legge del genere mostra una forte incapacità di governare». Anche il vicario episcopale per la cultura e l’azione sociale della Diocesi di Milano, monsignor Luca Bressan, pur riservandosi un giudizio definitivo quando il provvedimento sarà pubblicato, anticipa che andrà verificato «se questa legge sarà in grado di garantire una effettiva libertà di culto nel rispetto di tutte le leggi vigenti». E precisa che «vista la rilevanza e la delicatezza del tema, occorre giungere alla costruzione di questi strumenti legislativi in modo meno frammentario e precipitoso, per non produrre effetti che vadano aldilà delle intenzioni di chi li propone».

Libertà religiosa in balia della politica? Molto duro il giudizio espresso dal professor Alessandro Ferrari per conto della Fondazione internazionale Oasis promossa dal cardinale Angelo Scola per il dialogo interreligioso. Secondo il docente di Diritto ecclesiastico e canonico presso l’Università dell’Insubria, la legge «finisce per degradare il diritto di libertà religiosa nel suo complesso a mero interesse legittimo alla mercé di un’arbitraria discrezionalità amministrativa». Ferrari mette in guardia dal trasformare «l’apertura di un luogo di culto» in un «evento eccezionale», sottoposto «al possibile giudizio referendario e alla valutazione di una fantomatica ‘consulta regionale’». Degradando così la libertà religiosa a «materia di contesa e divisione e di affermazione del primato delle maggioranze e del colore politico delle amministrazioni».

Le voci delle altre Chiese. Per la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) parla il presidente Massimo Aquilante. «Le nuove norme», dichiara il pastore, «peggiorano un testo precedente che, vietando la conversione d’uso per locali da adibire a luoghi di culto, già penalizzava le confessioni religiose che non dispongono di templi o sedi tradizionali». E aggiunge: «Come evangelici denunciamo questa strategia dell’intolleranza e attendiamo con fiducia il giudizio di costituzionalità su norme che violano fondamentali diritti di libertà». Secondo Samuele Bernardini, presidente della chiesa valdese di Milano e Carlo De Michelis, presidente della chiesa metodista di Milano, «la proposta di legge regionale voluta dalla maggioranza dimostra ancora una volta che in Italia la tutela della libertà di religione e di pensiero non è un dato acquisito».