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Oropa, incendio nella Cappella dei Lumini. Danni ingenti, ignote le cause

A notare il fumo, attorno alle 20 di sera, sono stati alcuni visitatori che hanno dato subito l’allarme richiamando l’attenzione del presidente della funivia che da Biella porta ad Oropa, degli addetti alla stessa e del rettore del santuario, padre Michele Berchi. Tutti insieme hanno cercato di spegnere l’incendio che, successivamente, è stato domato dai Vigili del fuoco che hanno evitato così il propagarsi delle fiamme ad altre aree del santuario. Nell’incendio è finita bruciata una statua della Madonna (simbolo della Cappella), oltre che altre immagini votive. Incerto, ad oggi, l’ammontare dei danni. Sulle cause del rogo e sul valore di quanto è andato perduto, stanno comunque indagando i Carabinieri.

Il santuario di Oropa è uno dei più famosi d’Italia, collocato a 1.200 metri di altitudine in una conca che sovrasta la città di Biella, è meta di pellegrinaggio di migliaia di persone. Negli ultimi mesi, proprio il santuario è stato sottoposto ad una serie di lavori di restauro per un valore di circa 3,5 milioni di euro. Nel 2020 inizieranno le celebrazioni per i 500 anni dall’Incoronazione della statua della Madonna Nera custodita proprio ad Oropa. Dopo l’incendio, oggi la Cappella dei Lumini è chiusa.

Un ringraziamento ai «pellegrini che hanno dato l’allarme e poi hanno aiutato a domare le fiamme insieme ai dipendenti della funivia». Lo dice padre Michele Berchi rettore del Santuario di Oropa (Piemonte), all’indomani dell’incendio che ha devastato la Cappella dei Lumini. Proprio l’intervento quasi immediato, ieri sera attorno alle 20, di due visitatori ha però evitato il peggio. «Se non fossero intervenuti subito, le fiamme sarebbero arrivate ai piani superiori e oggi saremmo in tutt’altra situazione», spiega Berchi.

A quanto sembra, l’incendio sarebbe stato provocato dal numero eccessivo di lumini accesi. «Si lasciano i lumini accesi a consumarsi da soli perché non si possono spegnere i ceri votivi – ha spiegato il rettore – ieri forse erano tanti e vicini, sono circondati di plastica ed è possibile che, complice il gran caldo, abbiano innescato un piccolo incendio che poi si è propagato agli scatoloni con i lumini di scorta».

Dopo che il fumo e i bagliori delle fiamme sono stati visti dall’esterno «abbiamo sparato l’acqua da fuori attraverso le finestre, perché sarebbe stato troppo pericoloso aprire la porta della cappella», dice il rettore che aggiunge di essere adesso in attesa di una perizia tecnica per sapere se la struttura sia stata danneggiata dal calore oppure se sia rimasta integra. Lo stesso rettore, inoltre ha già sottolineato che presto la cappella potrebbe essere riaperta ma che soprattutto verrà studiato «un sistema più sicuro per i ceri votivi per evitare che si ripeta una situazione simile».