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PISA, PILLOLA NORLEVO NEGATA; SCIENZA E VITA OFFRE ASSISTENZA LEGALE AI MEDICI INDAGATI

I legali dell’associazione «Scienza & Vita» di Pisa e Livorno si dichiarano disponibili ad offrire consulenza e patrocinio legale ai medici che – ora o in futuro – dovessero essere chiamati a rispondere della loro scelta di non prescrivere la pillola abortiva: appellandosi al vincolo di coscienza, per convinzioni scientifiche o anche, semplicemente, per ragioni di buon senso. Dopo l’avvio di una indagine interna alla Asl5 per far luce sugli episodi raccontati al quotidiano il Tirreno da due donne, che asseriscono di aver faticato a trovare un camice bianco disponibile a prescrivere – o a fornir loro – il Norlevo, l’associazione «Scienza & Vita» si mette a difesa dell’autonomia decisionale dei medici.«La letteratura scientifica (si pensi agli studi di Landgren, 1989, Wang, 1998, Ugocsai, 2002, Marions, 2002, Trussel, 2006) – si legge nella nota del sodalizio – fornisce un’ampia documentazione sui possibili effetti post-fertilizzativi della pillola del giorno dopo, tra cui l’interferenza con l’impianto dell’embrione. Effetti, peraltro, dichiarati anche nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo del farmaco. E questo pone problemi etici a tanti medici obiettori. Proprio per la concreta possibilità di un’azione post-fertilizzativa, il Comitato nazionale di bioetica (il 28.05.2004) ha stabilito all’unanimità che il medico ha la possibilità di ‘rifiutare la prescrizione e la somministrazione del Norlevo’ e ha il diritto di appellarsi alla clausola di coscienza. La Federazione nazionale degli ordini dei medici (FnomCeo) l’11 dicembre 2006 ha riconosciuto che la clausola di coscienza è assimilabile all’obiezione di coscienza. Non vi è quindi alcun obbligo per i medici di dichiarare alle aziende sanitarie la loro indisponibilità a prescrivere la pillola del giorno dopo, una volta che questi abbiano dichiarato obiezione di coscienza sulla base della legge 194/78. Per queste motivazioni l’Ordine dei medici, ma prima ancora le istituzioni, hanno il dovere di tutelare l’indipendenza dei medici su questioni che coinvolgono profili etici attraverso l’obiezione di coscienza. Quanto alla più volte citata mozione della giunta regionale toscana (febbraio 2008) votata a maggioranza, non ha alcun valore legale, ma costituisce solo un atto politico. Nel caso raccontato dal Tirreno i medici della continuità assistenziale, hanno messo in atto un comportamento del tutto legittimo e rispettoso delle norme deontologiche, peraltro preoccupandosi di avvertire le eventuali pazienti dei presidi dove potersi rivolgere e del tempo utile per farlo».«Il solo prendere in considerazione l’ipotesi di violazione dell’articolo 36 del codice di deontologia medica – conclude la nota dell’associazione di Scienza & Vita di Pisa e Livorno – svela un preconcetto assai preoccupante. Come si può infatti ravvisare le “condizioni di urgenza” quando vi sono fino a 72 ore per intervenire, tanto che negli stessi pronto soccorso questi casi vengono inclusi tra i codici bianchi, cioè tra quelli a più bassa priorità? Insomma, dov’è l’urgenza?»