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PREVIDENZA: ACLI, «UNA PENSIONE MINIMA PER GARANTIRE LE GIOVANI GENERAZIONI»

La proposta di una pensione base legata ad un’anzianità minima di lavoro per garantire i giovani e i precari. L’adeguamento delle pensioni “basse” al costo della vita. L’esigenza di “razionalizzazione” degli istituti previdenziali. Sono alcune delle numerose proposte contenute in un documento sulla riforma della previdenza reso noto oggi dalle Acli, che invita ad “uscire dalle posizioni tattiche ed individuare soluzioni innovative”. ”Rivedere i coefficienti di trasformazione delle pensioni non può essere un tabù – affermano le Acli -. Così pure l’innalzamento dell’età pensionabile, sia pure in maniera flessibile, va considerato un percorso ormai obbligato, in linea con gli altri Paesi europei”. Secondo le Acli “i coefficienti di trasformazione vanno periodicamente rivisti per consentire la tenuta della spesa pensionistica alla luce dell’aumento del tempo medio di vita”. Va superato però “l’attuale meccanismo che operando revisioni ogni 10 anni finisce per creare situazioni di iniquità tra lavoratori che vanno in pensione a distanza di un solo mese l’uno dall’altro”.

Il documento giudica, inoltre, “ragionevole adeguare progressivamente l’età pensionabile all’allungamento della speranza di vita, premiando con coefficienti più favorevoli coloro che si rendono disponibili a ritardare l’età massima di pensionamento”, anche per la pensione di vecchiaia delle donne, “prevedendo però condizioni di miglior favore per coloro che hanno avuto percorsi lavorativi discontinui a causa di impegni connessi all’educazione dei figli”. Le Acli avanzano soprattutto la proposta di una “pensione contributiva minima, vale a dire una pensione base legata ad un’anzianità minima di lavoro, conseguibile dopo un numero minimo di anni, 20 o 25, rapportata alla quantità di contribuzione accumulata, ma favorita da coefficienti di trasformazione più vantaggiosi, e supportata da contribuzioni figurative, volontarie o da riscatto”. L’obiettivo, spiegano, “è quello di poter coinvolgere con risultati tangibili nel sistema pensionistico pubblico una platea più ampia di lavoratori, anche precari, che abbiano retribuzioni ridotte o che difficilmente possano raggiungere anzianità contributive elevate”.

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