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PROCREAZIONE ASSISTITA: DA «SCIENZA E VITA» E MPV COMMENTI POSITIVI ALLA SENTENZA DELLA CONSULTA

L’Associazione “Scienza & Vita” accoglie “in modo favorevole” il giudizio espresso dalla Corte costituzionale, che ieri ha ribadito il divieto di analisi pre-impianto sugli embrioni, dichiarando inammissibile la questione di legittimità sollevata dal tribunale di Cagliari. “In attesa del deposito dell’ordinanza e di conoscerne le motivazioni – si legge in un comunicato diffuso oggi pomeriggio dall’associazione – ‘Scienza & Vita’ sottolinea la sostanziale deriva eugenetica della diagnosi genetica pre-impianto che, cercando di selezionare gli embrioni sani, sopprime quelli malati. Una tecnica diagnostica viene di fatto utilizzata non per finalità terapeutiche, bensì per sopprimere chi è malato”. Si tratta, continua il comunicato, “della più grande anomalia della pratica medica. La finalità selettiva non è, invece, di per sé presente nel ricorso alla pratica diagnostica prenatale tradizionale, che è fatta allo scopo di conoscere lo stato di salute del feto e non implica di necessità la sua soppressione, se malato”. “Il Movimento per la vita (Mpv) italiano condivide il giudizio della Corte costituzionale sia per quanto riguarda l’aspetto giuridico sia per quanto riguarda le implicazioni di ordine biomedico”. Lucio Romano, vice presidente nazionale del Mpv e ginecologo, commenta così al Sir la decisione presa, ieri, dalla Corte costituzionale di ritenere inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13 della legge sulla fecondazione assistita, che vieta la diagnosi pre-impianto sugli embrioni. Tale tecnica, spiega Romano, “implica di per sé una deriva eugenetica: si selezionano embrioni sani e si sopprimono quelli malati”. In realtà, “si è cercato di porre sullo stesso piano per obiettivi la diagnosi genetica pre-impianto e l’amniocentesi”, ma, chiarisce il ginecologo, “oltre ad essere dissimili le due tecniche, l’amniocentesi non implica di per sé la soppressione del feto; piuttosto risponde all’esigenza di conoscere le condizioni di salute del feto stesso”. Al contrario, “nella diagnosi genetica pre-impianto, contemporaneamente alla diagnosi, si provvede a selezionare gli embrioni malati o definiti inidonei per il trasferimento in utero”. “In nessun codice deontologico – obietta Romano – si contempla la soppressione di una vita umana per quanto sia affetta da patologia grave”. “La stessa tecnica di diagnosi genetica pre-impianto – precisa il vice presidente nazionale del Movimento per la vita – si caratterizza per possibili errori diagnostici, falsi positivi e falsi negativi. Così diversi embrioni sottoposti a tale tecnica, per quanto sani, sono impossibilitati a svilupparsi ulteriormente”. In realtà, evidenzia Romano, “in medicina la diagnosi presuppone un successivo percorso terapeutico, cosa che di per sé la diagnosi genetica pre-impianto non consente”. A giudizio del ginecologo, invece, “è auspicabile lo sviluppo di una ricerca che, partendo dalla fragilità umana, cerchi di essere un aiuto per la cura delle malattie e per la presa in cura dei malati”. La questione di legittimità dell’articolo 13 della legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita sollevata davanti alla Consulta dal Tribunale di Cagliari, al quale si era rivolta una coppia portatrice sana di anemia mediterranea, che per motivi di sterilità ha fatto ricorso alla procreazione assistita, per il vice presidente nazionale del Mpv italiano, dimostra, in modo “abbastanza evidente”, “il tentativo di delegittimare la legge 40” perché “la modifica di alcuni articoli fondamentali significa svilire la legge stessa nel suo insieme”.Sir