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PROCREAZIONE ASSISTITA: DI PIETRO (CATTOLICA), SÌ A UTILIZZO STAMINALI ADULTE, NO A SELEZIONE GENETICA

La storia di Luca, il bimbo di 5 anni guarito dalla talassemia grazie ad un trapianto di cellule staminali del sangue prelevato dal cordone ombelicale dei suoi due fratellini, è un’ulteriore conferma che occorre “insistere sulla strada dell’utilizzo delle cellule staminali adulte”, che non abbiano però alle spalle “procedimenti illeciti” come la diagnosi pre-impiantatoria finalizzata alla selezione genetica, vietata dalla nuova legge sulla procreazione medicalmente assistita. È il commento rilasciato al Sir da Maria Luisa Di Pietro, del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica, in merito al trapianto eseguito al Policlinico San Matteo di Pavia, che ieri ha monopolizzato l’attenzione della stampa; solo oggi, però, si è appreso che i fratellini di Luca sono nati dopo una selezione degli embrioni, secondo una tecnica diagnostica vietata in Italia dalla recente legge in materia.

“La finalità terapeutica è positiva, ma altrettanto non si può dire dei mezzi utilizzati per raggiungerla”, prosegue l’esperta, ricordando che nel caso in questione c’è stata “una selezione degli embrioni isto-compatibili, con l’abbandono ad una morte certa e sicura degli embrioni considerati non compatibili. Il principio dell’utilità ha prevalso, dunque, sul diritto alla vita di ogni essere umano”.

Questo tipo di selezione degli embrioni, prosegue Di Pietro, “è un ulteriore degrado della diagnosi pre-impiantatoria, non solo finalizzata all’individuazione di eventuali patologie e alla conseguente selezione di embrioni malati”: le “altre frontiere” che si aprono con questa prospettiva, ad avviso dell’esperta, sono ad esempio “la selezione delle patologie già esistenti, la selezione del sesso del nascituro, o la selezione predittiva, in base alla quale si può decidere di lasciar morire un embrione destinato a sviluppare nel tempo una determinata malattia…”.

“Una volta messo mano sui processi di inizio della vita – commenta Di Pietro – è impossibile stabilire dove porterà l’utilizzo arbitrario di un essere vivente”. Di qui la necessità di difendere la legge 40/2004, in cui “si tutela il diritto del concepito vietando la diagnosi pre-impiantatoria” e di “insistere nella ricerca sulle cellule staminali adulte”, e non su quelle embrionali, a patto però che non nascondano “procedimenti illeciti e immorali”.Sir