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Pakistan, assassinato ministro cattolico

Il ministro pakistano per le minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti (nella foto), è stato ucciso il 2 marzo a Islamabad da un commando armato. L’attentato è stato compiuto da un gruppo di uomini mascherati, che lo hanno tirato fuori dalla sua auto e lo hanno crivellato di colpi prima di fuggire su un’automobile. Gli assassini hanno lasciato sul luogo del delitto un manifestino: “Tehrik-e-Taliban Pakistan” (Ttp), una organizzazione di militanti islamici che rivendica l’assassinio di Bhatti per aver parlato contro la legge sulla blasfemia. Aveva difeso con coraggio Asia Bibi, la cristiana condannata a morte per blasfemia in base a false accuse. Apparteneva al Ppp, il partito progressista al governo, ed aveva lavorato con Benazir Bhutto. Era sul convoglio insieme alla Bhutto al momento dell’attentato alla leader pakistana. Dopo l’uccisione di Salman Taseer, governatore del Punjab, il 4 gennaio scorso, anche Bhatti era stato accusato dai fondamentalisti islamici di aver difeso Asia Bibi, ed era considerato “il bersaglio più alto” dei radicali.

 

Voleva cambiare la legge sulla blasfemia. Il SIR aveva incontrato Bhatti nel suo ufficio di Islamabad lo scorso novembre. In quell’occasione aveva annunciato l’intenzione di cambiare la legge sulla blasfemia, per evitarne gli abusi: “Questa legge, con false accuse di blasfemia, ha già fatto troppe vittime”, diceva. Il suo ministero aveva anche istituito da poco “Interfaith cell”, un numero verde contro le discriminazioni religiose. Secondo la Commissione nazionale giustizia e pace dei vescovi pakistani, dal 1987 al 2009 almeno 1.032 persone sono state incriminate per aver diffamato il profeta Maometto o profanato il Corano, compresi centinaia di musulmani. In Pakistan i cattolici sono circa 1 milione (su 185 milioni di abitanti).

 

Un fatto di terribile gravità. Questo assassinio “è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale”. È il commento di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. “Bhatti – ha ricordato – era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese”. “Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio – ha concluso – si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione”.

 

Una giornata veramente nera. “È un giornata veramente nera per i cristiani in Pakistan”, una notizia “terribile che pone tutti noi in una situazione di gravissima emergenza”. È questo il commento a caldo rilasciato al SIR da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad e vicepresidente della Conferenza episcopale pakistana. “I cristiani non sono solo tristi – dice – ma anche arrabbiati, dovremo fare qualcosa per organizzarci da soli”. Secondo mons. Coutts, “oggi è una giornata veramente nera per i cristiani del Pakistan. Questo omicidio dimostra che nemmeno un ministro è al sicuro. Prima è stato ucciso il governatore del Punjab, ora il ministro Bhatti: questo ci dice quanto forte sia il fanatismo, mentre il governo non è in grado di arginarlo”. “Il ministro Bhatti – ricorda il vescovo di Faisalabad – è stato sempre chiaro e onesto sulle sue posizioni, ha sempre detto la verità, ha sempre saputo di essere in pericolo perché riceveva continue minacce. Eppure, nonostante ciò, ha sempre parlato a voce alta per difendere la verità. Questo è il motivo per cui i fanatici hanno voluto ridurlo al silenzio”. Mons. Coutts è un po’ sfiduciato nei confronti del governo pakistano, perché “non è in grado di proteggere la sua gente”.

 

Un martire della Chiesa perseguitata. Il ministro Shahbaz Bhatti “è un martire cattolico della Chiesa perseguitata del Pakistan”. Lo pensa Shahid Mobeen, pakistano, docente di pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense, amico del ministro Bhatti. Mobeen, scioccato dalla notizia, riferisce al SIR di aver parlato al telefono con Bhatti la sera prima dell’attentato: “Era un cattolico molto attivo nella difesa dei diritti umani. Mi ha detto: ‘Sto rischiando la vita ma non smetterò di lavorare, perché credo in Cristo e qualcuno deve parlare con coraggio in difesa dei cristiani’. L’ho sentito molto sereno e tranquillo, ma da un anno riceveva forti pressioni e minacce dagli estremisti per non revisionare la legge”. Sul luogo del delitto è stato trovato un volantino dei talebani pakistani, ma Mobeen dubita fortemente che siano stati loro. A suo parere l’assassinio di Bhatti “è un messaggio indiretto al Papa, un forte segnale per ridurre al silenzio la Chiesa sulla questione della legge sulla blasfemia”. Per i cristiani del Pakistan questa morte “è una grande perdita. Hanno perso un grande difensore dei loro diritti e della loro dignità”.

a cura di Patrizia Caiffa