Italia

Palermo: clochard bruciato vivo. Caritas, «siamo sgomenti». Mons. Lorefice, «atto scellerato»

A Palermo non c’è una guerra contro i senza fissa dimora. Il tragico episodio di cui siamo venuti a conoscenza questa mattina sembra essere scaturito da un contrasto tra persone che si è consumato in una grande tragedia». Il direttore della Caritas diocesana, don Sergio Mattaliano, commenta al Sir la morte nel corso della notte di Marcello Cimino, un palermitano senza tetto di 45 anni. L’uomo, rifugiato sotto un portico della Missione San Francesco, in piazza Cappuccini, è stato cosparso di liquido infiammabile e bruciato vivo. «Come Caritas noi non lo conoscevamo. Non si era rivolto a noi in passato per chiederci aiuti – aggiunge don Mattaliano -. Ma la dinamica brutale della sua morte ci lascia sgomenti. A Palermo sono tante le persone in stato di povertà, che non hanno dove andare a mangiare o a dormire e che chiedono di essere accolte nelle strutture che forniscono assistenza. La difficoltà a fare fronte a tutte queste richieste purtroppo non aiuta a evitare guerre tra poveri ed episodi di questo genere».

«Un atto scellerato». Così mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ha commentato in un’intervista alla Radio Vaticana l’uccisione di Marcello Cimino. «È terribile – afferma l’arcivescovo -, perché se un uomo è capace di fare un gesto di questo genere vuol dire che il cuore realmente sta diventando di pietra, un cuore che s’indurisce, che perde se stesso, che perde la propria identità, e su questo io non posso che esprimere la mia indignazione. È un gesto che si consuma anche nei confronti di gente che, comunque, porta dentro un disagio: il segno di una povertà non solo materiale. I poveri ad alcuni possono dare problemi, anche fastidio, ma non è assolutamente ipotizzabile un atto scellerato del genere». A Palermo, racconta Lorefice, «ci sono clochard che sono del luogo e altri che vengono da fuori. Qui abbiamo tante realtà. Penso, soprattutto, a quella di Biagio Conte che ospita più di mille persone. Abbiamo strutture della Caritas dove possiamo ospitare, ma noi sappiamo che i clochard non sempre accettano. Per esempio, l’uomo ucciso stanotte tutti i giorni andava alla mensa dei Frati cappuccini a pranzo e poi alla sera andava al ‘Boccone del povero’ per la cena, però non voleva assolutamente essere ospitato in una struttura. La situazione è quella di una città che sempre di più, quando succedono queste cose, dovrebbe non riuscire a trovare una giustificazione. Se non si riesce a rispettare neanche la libertà personale di chi sceglie di stare in mezzo alla strada, non possiamo assolutamente pensare di essere arrivati, anzi, dobbiamo fare di tutto, lavorare su una cultura della non violenza. A vedere anche le immagini il cuore si strappa: è impensabile che un uomo sia capace di fare un gesto così efferato. Noi tutti siamo sempre di più interpellati a ripensare alla nostra vita in altri termini, a ripensarla dai più fragili». Questa, conclude Lorefice, «è una cosa che sento come vescovo: una città degli uomini non può che ripensarsi a partire dai più fragili».