Italia

Perché «no»: Sicurezza e accoglienza sono adesso più difficili

DI ROSY BINDI*Responsabile della Margherita per le Politiche sociali e della salute

Il complesso problema dell’immigrazione deve essere affrontato e può essere risolto da una legislazione e azione politico-istituzionale che sappia fare sintesi delle molteplici legittime esigenze tra loro solo apparentemente contrastanti. Da una parte l’esigenza dell’accoglienza motivata dalla solidarietà umana e dalle necessità della nostra economia, il riconoscimento ed il rispetto dei diritti inalienabili della persone; dall’altra l’esigenza di sicurezza delle nostre comunità, il contrasto della immigrazione clandestina, l’integrazione di ciascun immigrato e della sua famiglia nel tessuto sociale del nostro paese.

La nuova legislazione sull’immigrazione, nota come legge Fini-Bossi, al di là della propaganda politica che l’ha accompagnata, non realizza anzi rende ben più complicata quella delicata sintesi da tutti ritenuta necessaria. Da qui la mia contrarietà.

Con la Fini-Bossi l’immigrato non è una persona titolare di diritti e di doveri bensì un potenziale clandestino e mera forza lavoro. Non può che essere questa l’interpretazione delle norme che rendono obbligatorie le impronte digitali, che negano all’immigrato il diritto di difesa giurisdizionale e che fanno coincidere il permesso di soggiorno con il contratto lavoro.

Con la Fini-Bossi a causa di una complicata normativa, di farraginose procedure e dell’abolizione della figura dello sponsor sarà molto complicato per un immigrato ottenere il contratto di soggiorno ed una volta ottenuto sarà per lui molto facile scivolare nella condizione di irregolare e/o clandestino. Con la Fini-Bossi si riduce drasticamente il ricongiungimento familiare e la possibilità per un immigrato di usufruire nel nostro paese di servizi essenziali quali la sanità e l’istruzione, per non parlare dell’obbligo del pagamento di contributi previdenziali che non verranno restituiti al ritorno nel proprio paese.

È, di conseguenza, una legge che punta ad una immigrazione di breve periodo e che ostacola l’integrazione degli immigrati nella società italiana provocando di fatto una loro forte marginalità ed esponendo le nostre comunità a seri problemi di sicurezza. Si calcola che nei prossimi dieci anni a fronte delle esigenze del nostro sviluppo economico, mancheranno nel nostro paese circa cinque sei milioni di cittadini nella fascia di età che va dai venti ai quarant’anni vale a dire quella produttiva, ed è verosimile che vi sia bisogno di altrettanti immigrati, che a causa di questa legge non potranno che essere di breve immigrazione. Chi è in grado di calcolare quale bomba ingovernabile possano rappresentare cinque milioni di persone non integrate, escluse che vivono ai margini della società? Chi ostacola l’integrazione, che significa rispetto di regole comuni, reciprocità di diritti e di doveri, non considera l’immigrato una persona da accogliere con la sua cultura, la sua religione, la sua famiglia. Ma come è stato giustamente osservato chi si illude di dover programmare mera importazione di braccia si accorgerà che sono arrivate persone che domandano rispetto per la propria dignità.Per questi ed altri motivi questa legge non piace né ai ceti produttivi del nostro paese né alle associazioni di volontariato. È una legge che viene meno ad ogni istanza di solidarietà e di modernità, ci allontana dall’Europa e, nel tempo della globalizzazione, confina il nostro paese in un provincialismo culturale dove non si impara l’alfabeto del mondo ma il linguaggio della paura.• «Bossi-Fini», i «pro» e i «contro» • Grazia Sestini, perché «sì»: l’integrazione nasce da lavoro e alloggio• La replica della Migrantes all’articolo del Corriere della Sera• Immigrazione, la Caritas boccia la nuova legge• La nuova legge sull’immigrazione («Bossi-Fini»)• Sei favorevole o contrario alla nuova legge? Vai al Sondaggio